23 Giugno 2023
Soccorrere o non soccorrere. Questo il dilemma
Le polemiche periodiche su chi affronta la montagna (e non solo) in modo superficiale non devono toccare i soccorritori, chiamati a prestare aiuto senza giudicare chi viene assistito. Una riflessione di Marinella Zardi.
Ci risiamo. È arrivato il periodo caldo e gli avventurieri delle mezze maniche passeggiano sui ghiacciai (o meglio, su quel che ne resta) e ad ogni post che inquadra i passeggiatori di turno, parte la gara al miglior insulto o, alla meno peggio, allo spiegone pseudo scientifico su questo sì-questo no.
La consapevolezza dei propri limiti protegge sé e gli altri
Ora, i più sanno che per frequentare un ambiente ove le condizioni possano ritrovarsi ad essere estreme in poche ore (vale per la montagna come per qualunque altro luogo che esprima se stesso in modo pienamente naturale), è necessario attrezzarsi. Si parla di un’attrezzatura non reperibile su Amazon: la cultura. Che significa non soltanto saper verificare le condizioni meteorologiche e procurarsi abbigliamento ed alimentazione adeguati, ma anche e soprattutto foderarsi di quella consapevolezza dei propri limiti che consenta di non rischiare, di camminare con uno sguardo sì ammirato della Bellezza ma che riconosce un pericolo occulto o potenziale, di avanzare nell’escursione con concrete possibilità di non subire, letteralmente, inciampi. Un tipo di mentalità che protegge, sé e gli altri.
Il valore del soccorso
Leggendo i commenti spesso ci si trova di fronte ad un’aggressività spropositata e al giudizio più aspro e assoluto. Manca solo che qualcuno voglia picchiare gli sventurati oggetto di critica, per l’imprudenza, o meglio, l’imperizia.
Dunque possono, i dotati di quella cultura, in grado di accorgersi facilmente di comportamenti platealmente sbagliati (tornando al caso del ghiacciaio percorso in solitaria, in ciabatte o quasi, all’ora del mezzogiorno), giudicare il senso di un soccorso? E possono, se non sono Soccorritori, capirne del tutto il valore? Forse no.
L’istruzione
Il punto è questo: ci si dovrebbe ricordare che si è tutti passibili di errore, soprattutto quando si sta agendo fuori dal proprio ambito medio di competenza. L’unica soluzione, come sempre, oltre il buonsenso e la vigilanza, risiede nell’Istruzione (educazione familiare, cultura scolastica, formazione specifica, eccetera), per non farsi male e non rischiare che altri si facciano male per portarci in salvo.
Soccorrere senza giudicare
Altro aspetto: nell’ignoranza c’è dolo? Potrebbe, nel senso che se non ci si informa, esponendosi deliberatamente ad un pericolo, ove altri abbiano da rischiare la propria incolumità per fornire protezione, potrebbe essere plausibile come ragionamento. Allargando l’orizzonte: in quante situazioni ordinariamente ci si può ritrovare con un piede (metaforicamente) nella buca? E con questo provocare fastidio o danno ad altri? Succede più spesso di quanto non ci si voglia rendere conto.
Dunque, dal punto di vista di un Soccorritore, MAI vi è un dubbio sull’opportunità o meno di soccorrere e soprattutto MAI si presenta alla mente un giudizio rispetto alla condotta dei soggetti soccorsi. Vi è, come giusto che sia, solo l’azione, compiuta con capacità e generosità.
Altra cosa è una valutazione post intervento, ove emergano e si sottolineino le contraddizioni di una situazione evitabile, e questo viene certamente fatto dalle squadre.
Quel che si può valutare, in certe situazioni, è l’applicazione di particolari tariffe di intervento, che coprano le alte spese della macchina dei soccorsi, la continua formazione dei soccorritori, i DPI (dispositivi di protezione individuale), e i sistemi per diffondere la cultura della sicurezza e dell’ambiente.
Nessun Soccorritore, stipendiato o volontario, dovrebbe assorbire questa “antipatia” nei confronti di chi si mette in condizione sfavorevole con troppa leggerezza. Decadrebbe uno dei principi fondanti del Soccorso, l’assenza totale di giudizio, per il bene di chi viene portato in salvo.
Marinella Zardi
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