26 Marzo 2024
Settimana santa in Terra Santa e in Ucraina

Medio Oriente e Ucraina: Settimana Santa e Pasqua in guerra, sotto le bombe, al freddo, con la fame e la paura.
«Grazie per il coraggio e la fede»: il cardinale Pierbattista Pizzaballa pensa ai cristiani che non possono partecipare alle celebrazioni e ai pellegrini che non ci sono. Ma non si scoraggia «perché non siamo soli». Il patriarca di Gerusalemme è preoccupato «per l’odio profondo e la mancanza di prospettive. Per israeliani e palestinesi il futuro è vivere fianco a fianco».
Sulla croce Cristo viene incontro a ciascuno noi
Anche in Ucraina «nessuno può allontanarci dall’amore di Dio». Chiara Biagioni dell’agenzia «Sir» segue le celebrazioni nella Cattedrale cattolica di San Martino a Mukachevo, «gremita di gente ma fuori c’è la guerra». Le parole del sacerdote scendono come balsamo: «Sulla croce Cristo viene incontro a ciascuno noi». Osserva l’inviata: «Le città sono popolate solo di donne, che riempiono negozi e chiese. Le donne portano avanti tutto, rimangono con i bambini, piangono i mariti».
Aggrappati a Gesù Risorto
La parrocchia cattolica di Gaza ha una sola certezza tra le macerie: «Stiamo aggrappati a Gesù Risorto». Suor Nabila Saleh delle Suore del rosario di Gerusalemme racconta al «Sir» dei 600 sfollati cristiani che vivono da sei mesi nella parrocchia Sacra Famiglia: «Restiamo saldi nella fede: è l’unica cosa che abbiamo».
TERRA SANTA
In un clima di guerra si commemora «l’ingresso trionfale di Gesù nella Città Santa». Dice Pizzaballa: «Ci siamo sentiti perduti, smarriti, soli, schiacciati da tanto odio, travolti da una guerra terribile che sembra non finire mai». La Terra di Gesù «è ferita, invasa da odio e rancore» ma resta «una Città sacra a tutti, spesso dissacrata». Prega che su Gerusalemme «scenda la pace e ci siano accoglienza cordiale e sincera dell’altro, volontà tenace di ascolto e dialogo». Da Betfage, sul versante orientale del Monte degli Ulivi, è partita la processione delle Palme. Israele concede pochi permessi e il clima non è di festa. Padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, avverte: «Quelli che hanno partecipato alla processione rappresentano la Chiesa e agitano le palme anche a nome di coloro che non ci sono». La processione passa per i luoghi santi: monastero delle carmelitane del «Pater Noster», edicola dell’Ascensione, santuario «Dominus flevit», Getsemani, tomba della Vergine Maria, Grotta dell’arresto. Pochi scout sfilano in silenzio, senza suonare tamburi né cornamuse. Conferma padre Ibrahim Faltas: «La gente sta male e soffre. Una delle cose belle del Cristianesimo è l’idea del corpo, quello che fa una parte del corpo lo fa tutto il corpo. È importante ribadirlo». Padre Patton: «Terra Santa e Medio Oriente vivono un prolungato ma non eterno Venerdì Santo. Prima o poi anche per noi sorgerà il sole di Pasqua».
COLLETTA
Gli abitanti della Terra Santa continuano a soffrire e a morire; nel mondo risuona il rombo delle armi portatrici di morte. «Vediamo uomini in armi spargere sangue e uccidere la vita. Eppure ci è stato donato il Principe della pace, Dio fatto uomo, Dio con noi». Lo scrive il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero delle Chiese orientali, nell’appello per la colletta per la Terra Santa. Ricorda che Papa Francesco «manifesta vicinanza a tutti coloro che sono coinvolti nel conflitto in Terra Santa» e spesso sottolinea l’importanza di quel gesto ecclesiale: «Lo faremo anche quest’anno, sperando in una particolare generosità perché, oltre alla custodia dei Luoghi Santi, ci sono viventi e operanti, fra mille tragedie e difficoltà, i cristiani della Terra Santa».
GAZA
La processione in circolo nel piazzale antistante la chiesa e il canto prolungato degli «Osanna» segnano l’inizio di Settimana Santa sotto le bombe e di nuovo circondati dall’esercito di Israele, tornato a sparare intorno all’ospedale di al-Shifa, non lontano dalla parrocchia. Le celebrazioni sono al pomeriggio per motivi di sicurezza e per permettere ai cristiani della parrocchia greco-ortodossa di San Porfirio di unirsi «a pregare costantemente per la pace e per un accordo che permetta agli ostaggi israeliani di tornare sani e salvi a casa: è la condizione per un cessate il fuoco che tutta la popolazione civile di Gaza desidera». Ripete suor Nabila: «Gaza è rasa al suolo per interi quartieri. La guerra è brutta. La guerra è brutta. Non possiamo fare altro che aggrapparci alla fede in Gesù risorto».
MANCA IL CIBO
«Si riesce a cucinare una o due volte a settimana, acquistare da mangiare è proibitivo perché i prezzi sono altissimi. A soffrirne di più sono sempre i poveri che non hanno nulla e non possono comprare niente. Abbiamo bisogno di tutto. Gli aiuti non arrivano e se arrivano bisogna avere coraggio di andarli a prendere. Vanno a recuperare gli aiuti armati di coltelli e sono pronti a uccidere per un sacco di farina. Non c’è giustizia nella distribuzione e i più deboli non prendono nulla. È in atto una guerra tra poveri». Suor Saleh ripete senza sosta: «Da sei mesi i viviamo un Calvario continuo, ma siamo sicuri che finirà».
Pier Giuseppe Accornero
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