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Fatti e opinioni  

Referendum a confronto

Referendum a confronto

Secondo i dati del Ministero dell’interno aggiornati alle ore 17:39 il risultato del voto sul referendum costituzionale appena conclusosi sembra ormai chiaro. Il Sì vince con il 69,25% (12.023.562 voti) sul 30,75% (5.338.41) del No.

Già a partire dai primi dati pervenuti risulta impossibile non fare un confronto con l’ultimo referendum costituzionale che ha coinvolto gli italiani: quello voluto nel 2016 dal governo di Matteo Renzi.

Il primo dato a saltare all’occhio è quello dell’affluenza. Infatti, il 4 dicembre di quatto anni fa a votare fu il 65,5% degli elettori contro il 53,38% di quest’ultimo referendum. Nel caso della città di Pinerolo i dati a confronto rispecchiano quelli nazionali con l’affluenza del 70,97% al voto del 2016 contro il 51,93% del voto appena terminato.

All’epoca del referendum di Renzi agli italiani venne chiesto non solo di “svuotare un po’ il parlamento”, ma anche di sopprimere il Senato, il Cnel e la revisione del Titolo V della II parte della costituzione. La risposta dei votanti fu netta il 59,1% votò No, mentre il 40,9% votò favorevolmente.

Oggi la maggioranza dei votanti, invece, si è espressa positivamente alla riduzione delle poltrone a Montecitorio e Palazzo Madama. L’elemento più evidente è quello su come questo voto sia stato percepito dagli elettori. Infatti, stando all’affluenza risulta evidente che per gli italiani il voto di questi due giorni, si stato meno sentito di quello del 2016. La spiegazione non è da ricercarsi nella paura della possibilità di contrarre il Covid 19 andando al voto, ma a una minore attenzione data al recente referendum. Di quest’ultimo referendum se ne è parlato molto poco, basti pensare che quando il voto doveva ancora essere il 29 marzo quasi nessun organo d’informazione dava risalto al tema del taglio dei parlamentari. Poi è scoppiata la pandemia e naturalmente le notizie sul hanno Virus hanno dominato la quasi totalità dell’informazione italiana fino a giungo. Successivamente solo dopo il consiglio dei ministri del 14 luglio il governo Conte 2 annunciò, finalmente, la nuova data del referendum il 20 e il 21 settembre che venne fatta cadere in concomitanza con 7 regionali, le amministrative e le suppletive nei collegi uninominali in Sardegna e Veneto per il Senato.

Con questa scelta la campagna elettorale per il voto di settembre è stata, inevitabilmente, concentrata in circa soli due mesi e in questo periodo la maggioranza dei dibattiti politici ha riguardato principalmente le regionali.

Insomma del referendum si è cominciato a parlare solo nelle scorse settimane, a differenza del 2016 dove per mesi interi il referendum è stato al centro del dibattito politico, soprattutto per volontà degli stessi promotori Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Questo spiega la recente poca partecipazione al voto, forse motivata anche dalla non reale esigenza degli elettori ad andare a votare per ridurre i parlamentari e dalla differente attenzione data dall’informazione alle regionali a scapito del referendum che coinvolgeva tutta l’Italia.

Lorenzo Battiglia

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