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Fatti e opinioni  

Per il 20% dei cittadini europei la Ue è ormai una "nave che affonda"

Per il 20% dei cittadini europei la Ue è ormai una

Mai come in questa fase storica il destino e la stessa “mission” dell’Europa sono al centro del dibattito politico e culturale. È in gioco, infatti, il futuro del vecchio continente. E questo non solo per l’irrompere della Brexit, cioè per la decisione del Regno Unito di uscire dall’Europa, ma soprattutto dopo le elezioni di Donald Trump. Un’elezione, questa, che è comunque destinata a segnare il cammino e l’evoluzione politica del mondo intero. Sia per le concrete scelte che l’amministrazione Trump ha già iniziato a fare e sia, soprattutto, per le profonde ripercussioni che quelle scelte avranno nel futuro del “vecchio continente”.

Gli slogan delle due battaglie inglese e americana si incentrano sulla voglia di riprendere il controllo. Anche l’Europa ora deve giocare politicamente. E le elezioni francesi e tedesche saranno determinanti. La partita è tra i sovranisti della destra contro gli europeisti. E per l’Europa è proprio questo il momento per ridiventare decisiva. Per lungo tempo si è potuta permettere di restare, per dirla con Enrico Letta, “adolescente”, perché comunque poteva sempre contare sull’appoggio determinante e decisivo dell’ombrello americano. Oggi, dopo 70 anni di pacifico dopoguerra, tutto è cambiato all’improvviso. L’Europa deve alzarsi in piedi ma deve reagire perché è chiaro che oggi Trump è una minaccia per la coesione europea. Lo si capisce anche dal rapporto con la Gran Bretagna e da come si sta muovendo.

In Europa, anche secondo un recente sondaggio condotto in sette grandi paesi europei, emerge come la UE possa ancora puntare su un largo sostegno diffuso. Gli euroscettici fanno sentire la propria voce, naturalmente. Il 20% del campione crede che la Ue sia ormai una “nave che affonda”, con punte superiori al 30% nel Regno Unito e anche in Francia. Una quota più ampia di elettori (23,8% in media con l’Italia al 38%) si colloca però sul versante opposto. E cioè, si considera la Ue come “casa comune” di tutti gli europei. E un altro 30% la vede, quanto meno, come un “condominio”. Una schiacciante maggioranza – oltre il 70% – si dichiara a favore di un fondo europeo che aiuti i paesi in difficoltà a combattere la disoccupazione. E il 90% ritiene che sia compito della Ue fare in modo che nessun cittadino rimanga senza mezzi di sussistenza. Un’Europa meno ossessionata, dunque, dai decimali di deficit e più attenta alla dimensione sociale che potrebbe riguadagnare consensi anche tra i cosiddetti “sovranisti”.

Insomma, sono dati questi che portano ad una semplice conclusione. E cioè, la base sociale ed elettorale che crede ad un rilancio dell’Europa c’è ancora. Quello che, però, manca è un’offerta politica che sia capace di rappresentare questa istanza sociale. E qui non possiamo non registrare la crisi delle grandi famiglie politiche europee – liberali, popolari e socialdemocratici – che hanno finora guidato il processo di integrazione europea. L’Europa, infatti, rischia di andare in crisi definitivamente perché le sue élites politiche non riescono ad elaborare una proposta alternativa al sovranismo da un lato, e all’austerità fiscale dall’altro. Si tratta, in sostanza, di un deficit di progettualità politica, di responsabilità concreta e anche di cultura politica. Se non si riesce a dare una risposta a questa esigenza, si corre il serio rischio di consegnare un’Europa divisa, irrilevante sulla scena mondiale e forse anche impoverita sul piano economico e sociale.

Ecco perché adesso il capitolo europeo deve essere in cima alle priorità in tutti i pesi e per tutti i governi che credono nel ruolo, nel futuro e nella “mission” dell’Europa.

 

Stefania Parisi

Il primo ministro Theresa May sta traghettando il Regno unito verso la Brexit
Il primo ministro Theresa May sta traghettando il Regno unito verso la Brexit

 

 

 

 

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