15 Giugno 2023
Luci ed ombre di Silvio Berlusconi
Se già di fronte a una persona “comune” (in realtà ciascuno di noi è più che comune) non è opportuno dare giudizi sbrigativi, figuriamoci quando muore un uomo dalla personalità ricca di sfaccettature, come nel caso di Silvio Berlusconi, che nel bene o nel male ha determinato la politica del nostro Paese, negli ultimi trent’anni.
Cosa aggiungere al riguardo, dopo che da più parti stanno scorrendo, in questi ultimi tre giorni, fiumi di parole, riflessioni, ricordi a lui dedicati?
Da peccatore, ma con la grazia di essere cattolico, che prova a rivolgersi ai più e in particolare ad altri fratelli nella Fede, invito prima di tutto a pregare per il “de cuius”, evitando frettolose canonizzazioni e condanne definitive.
Silvio Berlusconi è stato, prima ancora che “possibile statista” o “homo novus”, fondatore di nuova famiglia imprenditoriale italiana, un personaggio grigio, diviso – come tutti gli uomini – tra “luce e ombre” (ovviamente, è un dualismo apparente, perché ogni cosa è stata fatta per compiersi nel Bene).
Quando è stato più vicino alla “luce”, egli ha saputo fare scelte grandi, quali quella di avere una famiglia con tanti figli e nipoti, delle buone amicizie, o di avere uno sguardo positivo sulla realtà o allegra baldanza da “sole in tasca”. E anche quando ha scelto di avere a fianco “più donne”, molto probabilmente, esprimeva così, per quanto disordinatamente, un desiderio profondo di amare ed essere amato.
È innegabile che, per un certo periodo di tempo, egli ha saputo porre un freno all’espansione rivoluzionaria del “partito radicale di massa”, di cui parlava Augusto del Noce; diffusosi soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino (gli odierni wokismo, la cancel culture sono tra i suoi frutti).
Funzione arginante che svolse anche grazie alla sua capacità di entrare in relazione e sinergia con uomini e donne talentuosi e non fortemente ideologizzati, provenienti da vari ambienti (liberale, cattolico, radicale etc). Così si spiegano i tanti successi in campo giornalistico, culturale, sportivo, televisivo.
Tra i cattolici, vale la pena ricordare i giornalisti Paolo Liguori, Alessandro Banfi, i quali furono direttori di un importante settimanale, “Il Sabato”, che venne pubblicato tra il ‘78 e il ‘93, a opera di alcuni giornalisti aderenti a Comunione e Liberazione (e non solo). Frutto di un’identità chiara ma non autoreferenziale: ampiamente aperto alla collaborazione e ai contributi di esponenti di vari orientamenti culturali. E il filosofo varazzino Vittorio Mathieu, che insegnò all’università di Torino. Nel 1994, egli fu tra i fondatori del movimento politico di “Forza Italia” e di “Ideazione”, la rivista culturale e politica della fondazione omonima.
Senza Berlusconi, sicuramente il processo rivoluzionario in Italia sarebbe andato molto più lontano e avrebbe camminato molto più spedito. Il Cavaliere, pur con tutti i suoi limiti, difetti e colpe, almeno in un dato momento ha rappresentato l’Italia più profonda, legata alla propria identità cattolica. Si pensi alla buona battaglia che fece per la Englaro. Così Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la natalità e le Pari opportunità, lo ha ricordato sul proprio profilo Facebook: “Ricordo fra tutti il caso Englaro: quando tutti i sondaggi erano avversi, con la prospettiva di uno scontro istituzionale senza precedenti, Silvio firmò il decreto che avrebbe potuto salvare la vita di Eluana. E me lo disse con le parole più umane, che non dimenticherò: ‘Eugenia, quello che sta accadendo a Eluana non lo farei mai a una figlia mia”.
Perfino Mamma Rosa, che recitava il rosario tre volte al giorno, la stima che nutriva per Giovanni Paolo II e il cardinal Ruini, l’amicizia con quel “tomista folle” e prolifico scrittore di don Gianni Baget Bozzo, devono averlo influenzato. Don Baget, che fu sacerdote attento alla tradizione ma in modo sui generis: dapprima militò nella DC, poi passò al partito socialista italiano, per il quale fu parlamentare europeo, scelta che gli valse una sospensione a divinis nel 1985, da parte del cardinal Siri, allora arcivescovo di Genova; sospensione che durò fino al termine del secondo mandato.
In tenebris. Parallelamente, in un stile che ha un non so che di “dottor Jekill e mister Hyde”, aveva una certa conoscenza “massonica”, grazie alla P2, e diverse volte ha usato il potere non in chiave di “servizio”, bensì di “dominio”, usando simpatia, vittorie calcistiche, successi televisivi per fare propaganda “pro domo sua”. E i programmi delle sue televisioni hanno favorito un certo degrado morale dei costumi e la stessa deriva antropologica che frenava in campo politico. Si pensi ai programmi di conduttori quali Maurizio Costanzo, Maria De Filippi, Barbara Palombelli, dei veri rivoluzionari della porta accanto in giacca e cravatta, o tailleur e tacchi a spillo.
Tra il serio e il faceto, vale la pena chiedersi ma i “progressisti” (comunisti e non) li ha mandati via o ce li ha portati?
Chiaro: lode a chi guida Rete4, perché periodicamente manda in onda i film di “Don Camillo e Peppone”
Perciò, Berlusconi è stato un personaggio “ambivalente”, tra luci e ombre. Nihil sub sole novum!
Dantescamente, potremmo ora immaginarlo in Purgatorio, ove potrebbe aver preso il posto di Provenzan Salvani, il potente politico senese del 1220, di cui il sommo poeta ci parla nel Canto XI, nella I Cornice del Purgatorio. Il Salvani era superbo in vita ma evitò l’inferno per un atto di umiltà (si ridusse a chiedere l’elemosina), allo scopo di riscattare un suo amico fatto prigioniero da Carlo I d’Angiò. Così fece “zio B.”, allorché si prodigò, appunto, per salvare la vita di Eluana Englaro e quando accettò di svolgere i servizi sociali all’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
A parte il divertissement, ai posteri ardua sentenza ma a Dio il giudizio definitivo.
Daniele Barale
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