Che le leggi elettorali in Italia si riducano alla logica della convenienza di partito è cosa nota a tutti. E, di conseguenza, che siano studiate affinche i parlamentari vengano tutti “nominati” dal capo partito è cosa altrettanto nota. Del resto, dopo l’avvento dei “partiti personali” non puo’ che essere questo l’epilogo. Ora, una buona legge elettorale deve saper unire 2 elementi: la governabilita’ del sistema politico da un lato con la rappresentanza pluralistica della societa’ dall’altro. Il tutto, se possibile, senza appaltare al capo partito la “nomina” dei parlamentari. Ecco perchè, al riguardo, se dovesse ulteriormente fallire l’ultima bozza di legge elettorale in discussione nei prossimi giorni alla Camera – sempre per opera dei franchi tiratori, presenti in tutti i partiti come ovvio – ci ritroveremmo con un sistema elettorale, quello disegnato dalla Consulta, che prevede liste bloccate, designazione centralistica dei parlamentari e garanzia matematica di ingovernabilità. Se non ricorrendo ad operazioni trasformistiche o consociative. Sarebbe un pessimo risultato per la qualità della democrazia italiana e, soprattutto, confermerebbe platealmente che nella politica italiana contemporanea non ci sono elementi per compiere un vero rinnovamento né per una assunzione di responsabilità che sia all’altezza della situazione.
Saranno solo e soltanto i comportamenti concreti delle singole forze politiche a confermare, o a negare, questo deriva.
Giorgio Merlo