Lo scrittore Mauro Carlesso propone una riflessione sulle Big Bench tanto di moda negli ultimi anni: valorizzazione del territorio o abile operazione di marketing?
Il fenomeno delle Big Bench o, più familiarmente Panchine Giganti si sta ampliando sempre di più e non passa quasi giorno che una nuova ne venga posata.
Come bambini
Facciamo qualche riflessione partendo dalla “vision” dell’ideatore Chris Bangle che si può rintracciare sul sito BBCP (Big Bench Community Project): “Le Panchine Giganti sono spesso conosciute per immagini, ma una volta che ci si siede su una di esse si prova la sensazione di godersi la vista come se “si fosse di nuovo bambini…”
Chi è Chris Bangle
Bangle è un designer americano che dal 2009 vive nel Cuneese e dove nel 2010 realizza la sua prima panchina gigante: è di colore rosso, è alta 2 metri e larga 4. Una targa dice: ”Se hai bisogno di tirare un po’ il fiato… siediti qui sopra e… ti sentirai tornare bambino”
Fuga dalla realtà o operazione commerciale
Insomma, Bangle insiste in quel malcelato desiderio dell’uomo di tornare bambino promettendo a colui che siede sulla sua Panchina Gigante una temporanea fuga dalla realtà per rifugiarsi in un contesto bucolico che ammalia e pacifica. Ma questo atavico e nobile desiderio si distorce subito nella classica operazione speculativa che produce un finto bisogno per tradurlo in business.
L’illusione di portare sviluppo in un territorio marginale
Attualmente infatti le panchine installate sono 223 con una sorprendente concentrazione nel Piemonte. E che si tratti solo di marketing se ne ha conferma quando si legge che il costo di ogni panchina può raggiungere anche i cinquemila euro oltre al compenso a Bangle che può arrivare fino a 1.000 euro.
Insomma niente di nuovo: la solita idea di un imprenditore visionario che vende la solita illusione di portare sviluppo in un territorio marginale. Tutte cose che sappiamo per esperienza non portare quasi mai quei benefici dichiarati inducendo ad alcune riflessioni.
Le panchine e le croci di vetta
Si legge ancora sul sito che “La Grande Panchina deve essere costruita in un punto con vista panoramica e contemplativa… per godersi la vista spettacolare del paesaggio”.
La vista panoramica e contemplativa richiama quell’uso di innalzare Croci sulle vette delle montagne che, per quanto discutibile, nasceva comunque dal fermento di una Fede religiosa comune a milioni di esseri umani mentre qui siamo di fronte ad una risibile proposta di ritorno all’infanzia!
Il paesaggio e una struttura sgargiante
Ed ancora, ma perché un paesaggio dovrebbe necessitare di un così impattante punto di osservazione? Leopardi, nel suo concepire “L’infinito” osservava il paesaggio seduto sull’erba. Sulla Treccani si legge che “…il paesaggio è quel territorio che si abbraccia con lo sguardo da un determinato punto … da difendere e conservare”. Ecco, come può difendere e conservare il paesaggio una struttura dai colori sgargianti e dalla mole invadente in un ambiente naturale?
Da luoghi a non-luoghi
L’antropologo Salsa sottolinea che: ”.. i luoghi dove i panchinoni sono collocati, corrono il rischio di diventare anonimi non-luoghi che ti fanno sentire dappertutto e da nessuna parte”. E non è una riflessione da poco se pensiamo a come siamo abituati a cercare in ogni luogo quel negozio o quella marca, uniformando qualsiasi posto e qualsiasi cosa.
In cerca dell’installazione, non dei posti
Tuttavia le amministrazioni locali che hanno aderito a tali installazioni le giustificano come “turismo esperienziale” E così, come un nuovo Santo Cammino alla ricerca della propria identità, anche il fenomeno Big Bench prevede un passaporto per quel popolo di pellegrini che si avvia alla ricerca delle installazioni. Scrive Bangle: “Ecco un modo per rendere la tua visita alle Grandi Panchine ancora più divertente: collezionando i timbri di ogni panchina sul tuo Passaporto BBCP!”
È quindi preponderante spingere il visitatore alla ricerca delle installazioni prima ancora che dei luoghi, insomma, sembra un fatto di moda.
Che ne sarà delle Grandi Panchine?
E come tutte le mode ne consegue il ragionevole destino che col tempo, anche quella di queste installazioni giungerà a termine. E in tal caso che ne sarà delle Grandi Panchine che resteranno dimenticate come simulacri di un passato, immobili, decadenti e tristi come balene spiaggiate?
Ed infine riguardo ancora alle Amministrazioni locali che sposano questa follia non può passare inosservato il discutibile entusiasmo per lo sforzo di organizzare persino un volo di elicottero per condurre in modo teatrale, rumoroso, costoso ed energivoro l’ingombrante oggetto fin sulla cima di un luogo fino ad allora silenzioso e solitario.
Il tempo giudicherà
In conclusione non resta che attendere che il tempo, da sempre galantuomo, faccia il suo corso indicando con il suo lento passare la giusta strada che noi, piccoli esseri umani sospesi nell’infinita bellezza del Creato dovremo percorrere. Il tempo e solo il tempo saprà suggerire a coloro che lo sapranno ascoltare il “giusto” luogo per fermarsi, sedersi, ascoltare, osservare e stupirsi. Che si sia adulti o bambini. E non sarà l’età od una panchina per quanto grande possa essere, a fare la differenza se in colui che si pone in silenzio di fronte al paesaggio a parlare sarà solo il cuore.
Mauro Carlesso
Scrittore e camminatore vegano