2 Novembre 2016
[Editoriale] Faglie d'Italia e faglie d'Europa
Sono giorni drammatici per l’Italia, vittima di terremoti che continuano a distruggerne cittadine e borghi e sono giorni tristi anche per l’Europa che non riesce a dare risposte ai molti problemi del continente, mentre nel mondo crescono turbolenze e pericoli.
Alle faglie fisiche che scuotono in questi giorni la dorsale appenninica fanno eco le faglie sociali ed economiche che rendono fragile l’Unione Europea, dove si vanno sbriciolando da tempo le fondamenta della solidarietà tra i suoi Paesi membri.
Si tratta di una dinamica resa più evidente in questi giorni in cui si intrecciano i molti drammi dell’Italia centrale con il contenzioso aspro tra Roma e Bruxelles a proposito della nostra “legge di bilancio” e dove sembrano duellare tra loro i decimali della scala Richter e quelli dello sforamento di qualche decimale del deficit italiano.
Se i falchi d’Europa, al caldo nelle stanze di Berlino, Bruxelles e dintorni, prendessero il tempo di gettare uno sguardo alla carta sismica del nostro continente scoprirebbero quanto asimmetrica sia questa Europa, tra il sud segnato in rosso ad alto rischio di terremoti, come in Italia e Grecia, e il nord colorato di verde pallido ad indicare un basso livello di rischio sismico.
Quasi una metafora di questa Europa dove convivono da secoli culture e popoli diversi, in condizioni fisiche ed economiche molto differenti e tuttavia impegnati, dopo interminabili conflitti e guerre, a convivere tra loro in una comunità di destino, a fronte di un mondo spesso ostile.
Si confrontano due sorta di faglie diverse: le prime, quelle fisiche italiane che generano terremoti, impossibili da governare; le altre, quelle culturali e sociali dell’Europa, governabili ma sempre meno governate, con conseguenze fatali per il declino dell’Europa.
Prendiamo un esempio tra i tanti, quello della povertà in Europa che nel 2015 ha interessato un quarto della popolazione europea, quasi 120 milioni di persone, secondo l’Istituto di Statistica europeo, Eurostat. Sono a rischio povertà in Grecia il 35,7% degli abitanti, in Svezia, Finlandia e Danimarca le percentuali sono dimezzate, rispettivamente il 16%, 16,8% e 17,7%.
La stessa Unione Europea, ma due mondi diversi. E si potrebbe continuare a percorrere altre asimmetrie, raffrontando i numero dei migranti approdati in Italia e Grecia e quelli ospitati negli altri Paesi europei.
Si tratta di asimmetrie impressionanti, al punto da suggerire di nuovo a qualcuno di dotare l’UE di due monete diverse, l’euro forte per il centro-nord Europa e l’euro debole per il sud. Come se la faglia che divide l’Unione Europea fosse un “fenomeno naturale”, come la faglia sismica che preme sulla fascia meridionale del nostro continente.
Ritenere naturali così grandi asimmetrie economiche e sociali significa togliere valore alla politica e, più ancora, trascurare un’elementare etica della solidarietà, condannando a termine l’Unione Europea a morire, lasciandoci in eredità macerie vecchie e nuove, senza escludere guerre al di là e al di qua dei nostri confini.
L’Italia sta rispondendo al meglio delle sue possibilità al disastro causato dalle faglie sismiche, coniugando per ora efficienza e coesione politica, senza dimenticare di richiamare ai suoi doveri di solidarietà l’Unione Europea dalla quale ci attendiamo il superamento di vecchie faglie economiche e sociali, con politiche che contribuiscano al rilancio dell’economia delle sue regioni in grave difficoltà.
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