13 Maggio 2020
#coronavirus. Quando le banche riflettono troppo

È in atto una feroce polemica sui tempi di erogazione e sugli adempimenti burocratici frapposti da molte banche alle aspettative delle imprese danneggiate dall’epidemia. Oltre alle impostazioni operative (diverse da banca a banca per snellezza, strutture, informatizzazione, precedenti e aggiornamento procedurale), dobbiamo rilevare come queste concessioni rientrino, in realtà, fra i normali rischi commerciali, con qualche distinguo relativamente alle garanzie acquisite.
Possiamo quindi approcciare la loro istruttoria (tempo di risposta, documentazione, valutazione, decisione ed erogazione) ripercorrendo il normale iter delle pratiche di fido. Trascurando le posizioni incagliate, quei crediti cioè non ancora sofferenti ma con varie anomalie (difficoltà aziendali, squilibri di bilancio, utilizzi irregolari, ritardi nei pagamenti) richiamiamo alcuni aspetti piuttosto diffusi nell’imprenditoria minore: alta dipendenza finanziaria dal sistema bancario, riserve d’emergenza insufficienti, report direttivi inesistenti, patrimoni risicati ed elevato indebitamento.
Molte di queste imprese hanno già impegnato tutto il merito creditizio o sono assillate da rating marginali. È pertanto logico che le banche adottino delle cautele nell’erogare altri prestiti, soprattutto se le garanzie ordinarie (patrimonio aziendale + firme personali + garanzie reali) sono oramai incapienti.
Fin qui la normalità, ma stiamo vivendo un momento eccezionale che richiede interventi eccezionali e procedure eccezionali. C’è la garanzia dello Stato, penserete voi, e le banche devono fidarsi! Non possono tergiversare o opporre semplicemente la mancanza dei presupposti di affidabilità, così come sarebbero ricavati nelle istruttorie ordinarie.
Prima di demonizzare gli istituti di credito bisogna comunque approfondire, chiamando in causa i gradini valutativi. Il primo è rappresentato dal profilo dell’azienda e del business (bilancio, prospettive, capacità di reddito, posizione competitiva, resistenza ai traumi endogeni ed esogeni, equilibrio di tesoreria, ecc.). L’analisi dell’affidabilità aziendale non può ignorare l’esistenza di una reportistica specifica e, soprattutto, la difficoltà di ipotizzare, in situazioni mai esplorate, un futuro realistico. Le debolezze strutturali richiamano ulteriori problematiche per il rilancio dell’attività e non possono essere ignorate.
Ricavato un primo giudizio lo si confronta con le obbligazioni aziendali (TFR, indebitamento commerciale e indebitamento finanziario) per valutare la resistenza agli impegni conseguenti (rate e interessi) e il contributo del Sistema banche. A questo punto si passa al secondo gradino: garanzie esterne a integrazione del merito principale (quindi fidejussioni, garanzie reali e prescrizioni contrattuali).
Nel caso in discussione, sul terzo gradino sale la garanzia statale. Secondo un assunto comunamente accolto, il rating del garante, se migliore, copre il rating dell’affidato, quindi, nel fido di specie, la garanzia pubblica opererebbe a ombrello, e lo Stato assumerebbe su di sé il rischio dell’operazione.

Di là dai tempi di escussione, nell’eventualità che il prenditore non rimborsasse alla scadenza il credito ricevuto (visti anche i precedenti per i debiti pregressi della Pubblica amministrazione), non possiamo ignorare il rating del garante, pur trattandosi di uno Stato sovrano. Resta il fatto che questa crisi gravissima inciderà sul merito creditizio delle imprese, prospettando insolvenze, difficoltà e ristrutturazioni. Appare pertanto raccomandabile che le banche più esposte, riconsiderino il loro rischio nell’ottica di una razionalizzazione (attualizzazione) del massimo credito concedibile. Questa considerazione è forse alla base dei tentativi di ridurre i prestiti in essere per coprire una fetta maggiore del rischio con la nuova garanzia statale, mentre la maggior parte delle banche sta cogliendo l’occasione per rivedere (aggiornare) le valutazioni. Avendo comunque ben presente che gli NPL sono destinati a esplodere, e i ricavi a subire una cospicua tosatura.
Sergio Martini
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