8 Giugno 2022
Chiesa e massoneria. Lo scorso 6 giugno a Pinerolo il vescovo Derio Olivero ha dialogato con Giancarlo Guerrieri
Nella cornice settecentesca della tenuta “La Michelina” di Pinerolo, lunedì 6 giugno, si sono confrontati, come in una “disputatio” medioevale, il vescovo Derio Olivero e Giancarlo Guerrieri, esponente di spicco della massoneria torinese.
Incalzati dalle domande del moderatore, Mauro Scanavino, i due relatori hanno animato il dibattito sul tema “Chiesa cattolica e massoneria: distanza e/o vicinanza”, affrontando molti nodi critici in un clima di serenità e rispetto reciproco.
La serata, promossa dall’associazione “Ariadie20”, ha visto una grande partecipazione di pubblico che ha potuto ammirare le opere dell’artista Silvio Papale in una mostra allestita per l’occasione.
Molti gli argomenti trattati a partire dalle importanti nozioni storiche: la nascita della massoneria nel 1717, a Londra, su impulso del pastore protestante James Anderson; la bolla “In eminenti apostolatus specula” di Clemente XII del 1738 che scomunicava ipso facto tutti gli appartenenti alla massoneria.
Il dibattito ha preso forma in modo progressivo e graduale. Se inizialmente all’uditore poteva sembrare di assistere all’ennesimo incontro scialbo, caratterizzato da eccessivo fairplay, dove i relatori restano in superficie senza scendere nel vivo delle questioni, infine non lo è stato. È stata, invece, l’occasione di comprendere a pieno le differenze esistenti tra la realtà della Chiesa e quella della massoneria. Significativa, ad esempio, la differenza di linguaggio dei due relatori: molto incarnato e con esempi tratti dalla vita quotidiana da parte del vescovo, aulico e marcatamente intellettuale quello del dottor Guerrieri.
Ad avviso di chi scrive fondamentale la precisazione iniziale del vescovo Derio: occorre preliminarmente prendere le distanze dai pregiudizi fondamentali esistenti su entrambe le realtà per poi affrontare qualsiasi discorso sul loro rapporto, come per esempio ritenere che la Chiesa sia contraddistinta da sete di potere e oscurantismo, o che la massoneria abbia esclusivamente a che fare con il Demonio.
Le domande del moderatore, hanno dato modo di affrontare, senza contrapposizione dualistica, ma tenendo conto delle rispettive differenze, i temi del relativismo in massoneria e della presenza di dogmi nel cristianesimo, del segreto massonico e del mistero della Fede, della continua ricerca della verità da parte dell’iniziato e della Verità rivelata, fino a trattare il tema di Dio: il grande architetto per la massoneria e il Padre Buono dei cristiani. Al riguardo, il vescovo di Pinerolo ha dato definito Dio: «Colui che toglie l’ambiguità del vivere», spiegando come l’uomo per secoli avesse cercato di ingraziarsi le divinità temendo una ambiguità, che le facesse apparire al contempo buone e cattive; mentre Cristo, al contrario, ha rivelato che Dio non è solo un padre ma il Padre Buono, tanto che Gesù sulla croce lo invoca con il termine Abbà.
Di grande spessore la riflessione del vescovo Derio sull’etimologia delle parole che restituisce il senso profondo di esse e svela le ambiguità date dai significati sovrapposti attraverso il tempo e le ideologie, in particolare il fatto che assoluto significhi “libero da” (absolutus) e relativo significhi “legato/riferito a” (relatus).
Davvero piacevole il clima disteso pacato e a tratti divertente creato dai relatori, in particolare il paradosso evidenziato dal vescovo quando ha sottolineato che, pur non essendo una religione, la massoneria chiama coloro che non vi appartengono profani in quanto sono coloro che stanno al di fuori dal tempio. Riprendendo quindi le nozioni storiche iniziali monsignor Derio ha affrontato il tema del conflitto con intelligenza e ironia: sarà stato il linguaggio utilizzato dalla massoneria a far sì che la chiesa li prendesse così tanto sul serio da emettere tanti documenti e provvedimenti?
D’altronde tutto questo ha preso vita in un in un territorio contraddistinto anticamente dal conflitto fino al confronto odierno della religione cattolica con quella valdese, come è stato fatto notare dal pubblico, segno della vocazione di questo territorio ad essere teatro di confronti per mostrare i frutti del dialogo, primo fra tutti l’arricchimento reciproco.
Daniele Barale – Valentina D’Antona
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