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Fatti e opinioni  

Cattolici, Valdesi e Mattarella

Cattolici, Valdesi e Mattarella

«Morire sul lavoro, un oltraggio ai valori della convivenza». A Torre Pellice (Torino) il presidente della Repubblica Sergio Mattarella commenta la tragedia ferroviaria di Brandizzo sulla Torino-Milano dove sono morti 5 operai. Il capo dello Stato interviene a un convegno e inaugura una targa in ricordo di Altiero Spinelli, figura centrale dell’europeismo moderno, ospitato dalla famiglia valdese di Mario Alberto Rollier, membro del Partito d’Azione. Mattarella e Papa Francesco ogni anno inviano un messaggio alla Tavola Valdese in occasione del Sinodo di fine agosto, un esempio del riavvicinamento tra cattolici e valdesi.

                                   

                                                                    

I valdesi nascono nel Medioevo come movimento popolare di povertà e di libera predicazione dell’Evangelo. Il movimento pauperista deriva il nome da Pietro Valdo (o Valdesio), un mercante di Lione morto attorno al 1215, fondatore di un movimento pauperistico laico detto dei «poveri di Lione» (1174). Viene dichiarato eretico e scomunicato nel 1184, ma il movimento si diffonde in Italia e in Europa, ispirando altri movimenti, fra i quali quello di Boemia con Giovanni Huss. Per secoli i valdesi subiscono severe persecuzioni dai re cattolici, dall’Inquisizione romana, in Francia, in Savoia, in Italia. Nel 1532 i valdesi sopravvissuti alle persecuzioni, sull’onda della predicazione di alcuni pastori ginevrini, aderiscono alla Riforma protestante e si strutturano come comunità di matrice calvinista.

Dopo il massacro dei valdesi in Calabria nel 1561 – al quale diede un contributo non indifferente l’inquisitore generale fra’ Michele Ghislieri, l’unico piemontese diventato Papa Pio V (1566-1572) – sopravvivono in Piemonte, nonostante i sistematici tentativi di sterminio da parte dei Savoia nel 1560, nel 1655 e nel 1686. Perseguitati e isolati nel ghetto alpino delle «Valli Valdesi» (Chisone, Germanasca e Pellice) in provincia di Torino, resistono a tutte le conversioni forzate. Per secoli soffrono persecuzione dai poteri civili e religiosi. La loro predicazione è consentita solo nelle Valli Valdesi, al di fuori delle quali ogni manifestazione non cattolica è severamente proibita. In Piemonte nel 1689 c’è il «glorioso rimpatrio» nelle Valli di un folto gruppo guidato da Enrico Arnaud.

Nel Regno di Sardegna il 30 novembre 1847 il marchese Roberto d’Azeglio si fa promotore di una raccolta di firme per chiedere a re Carlo Alberto l’emancipazione di valdesi ed ebrei. Il 17 febbraio 1848 i valdesi ottengono da Carlo Alberto «tutti i diritti civili e politici al pari dei sudditi cattolici». Il sovrano, con le regie patenti, pone fine a una millenaria discriminazione e riconosce a tutti i sudditi la libertà di culto. Il 29 marzo 1848 Carlo Alberto, sul campo di battaglia di Voghera, firma il decreto che concede i diritti civili e politici agli ebrei. Il 4 marzo 1848 concede lo «Statuto del Regno» o «Statuto fondamentale della monarchia di Savoia», che rimane in vigore cento anni fino alla Costituzione repubblicana del 1° gennaio 1948. E, sotto la pressione popolare, espelle i Gesuiti dal Regno nel clima rivoluzionario del 1848.

Il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) e i Papi Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978) aprono le strade del dialogo: cattolici e valdesi passano dall’intolleranza al confronto. Dal 1975 la Chiesa valdese comincia un cammino di integrazione con la Chiesa metodista che sfocia nel 1979 nella firma del «patto di integrazione», formando un’unica Chiesa evangelica, che è membro del Consiglio ecumenico (CEC), della Conferenza delle Chiese europee (KEK) e della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI).

La Chiesa valdese pone al centro la Bibbia; rifiuta ogni forma di gerarchia; è retta da un governo rappresentativo-sinodale: l’organo decisionale è il Sinodo, che si svolge ogni anno a fine agosto a Torre Pellice; l’organo esecutivo è la Tavola Valdese presieduta da un moderatore. Ogni comunità è guidata da un pastore e vi accedono le donne. Non esiste un clero, né presbiteri né vescovi.

I valdesi, come tutti i riformati, sono fortemente legati al principio protestante del «Sola Scriptura», cioè all’idea che solo la Bibbia è la regola ultima della fede e della vita cristiana. Oggi la Chiesa valdese ha un centinaio di comunità e circa 24-30 mila membri. Le amministrazioni ecclesiastiche gestiscono istituzioni culturali, educative e assistenziali: la Facoltà valdese di teologia a Roma per la formazione dei pastori e delle pastore; la casa editrice Claudiana di Torino; il settimanale «Riforma»; dal 1984 i rapporti tra la Chiesa valdese-metodista e lo Stato italiano sono regolati da un’Intesa sulla base dell’articolo 8 della Costituzione.

Alcune migliaia di valdesi sono presenti nell’area del Rio de la Plata in Uruguay e Argentina, in seguito alle forti migrazioni dal Piemonte. Anche la famiglia Bergoglio nel 1929 emigrò in Argentina, partendo dal Piemonte: il nonno paterno era astigiano, il papà era nato a Torino nel 1908. Il primo esempio di ecumenismo della sua vita lo racconta Francesco il 12 dicembre 2014 all’Esercito della salvezza: «Quando avevo quattro anni – era nel 1940 – andavo per strada con mia nonna. In quel tempo, l’idea era che tutti i protestanti andavano all’Inferno. Dall’altra parte del marciapiedi venivano due donne dell’Esercito della salvezza, con quel cappello che avevate voi. Ricordo come se fosse oggi, ho detto a mia nonna: “Quelle, chi sono? Suore?”. E mia nonna: “Sono protestanti. Ma sono buone”. E così mia nonna mi ha aperto la porta all’ecumenismo: la prima predica ecumenica che ho avuto».

Nella sua visita a Torino del 21-22 giugno Papa Francesco compie un passo storico visitando il tempo e la comunità valdese: è la prima volta di Vescovo di Roma. Il 28 luglio 2014 visita il pastore evangelico Giovanni Traettino nella chiesa pentecostale della riconciliazione a Caserta. Riferendosi alle infami leggi fasciste che repressero il culto pentecostale con la famigerata circolare di Guido Buffarini Guidi del 1935, Francesco non ha paura di tirare fuori dall’armadio lo scheletro di quella vicenda, della quale furono complici anche dei cattolici e chiede perdono per «quei fratelli cattolici che sono stati dalla parte del diavolo».

Tra cattolici e valdesi rimangono punti divergenti in materia teologica e morale. Per esempio, i cattolici non riescono a capire i valdesi che sono favorevoli all’aborto. È fuori di dubbio che con l’aborto si rispetta e valorizza la volontà della donna, ma è altrettanto vero che si uccide un essere umano al quale nessuno chiede un parere.

L’arcivescovo emerito di Torino mons. Cesare Nosiglia, annunciando l’ostensione della Sindone del 2015 chiese «ai fratelli e alle sorelle di altre confessioni cristiane di unirsi alla nostra preghiera affinché questo evento favorisca un comune sentire di fede nella morte e risurrezione del Signore».

Mi sia consentito ricordare come per l’ostensione della Sindone nel 1978, ci fu un terribile fuoco di sbarramento dei valdesi contro la Sindone: si allearono con alcuni gruppi dei cattolici di base e anche con qualche teologo cattolico. I valdesi trovavano che l’ostensione della Sindone era una provocazione contro di loro. Ma l’arcivescovo  Anastasio Alberto Ballestrero e tanti altri cattolici eravamo (e siamo) assolutamente lontani e contrari all’idea – con l’ostensione della Sindone – di provocare qualcuno. Molta acqua è passata sotto i ponti del Po, ma molta ne è passata anche nelle Valli Valdesi.

Pier Giuseppe Accornero

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