2 Agosto 2021
41 anni fa la Strage di Bologna e ancora molto resta da capire
«Padre di infinita misericordia, ascolta la nostra supplice implorazione. Siamo raccolti nel luogo in cui il 2 agosto del 1980 le vite di tanti nostri fratelli e sorelle furono proditoriamente e vilmente stroncate nel sangue della violenza. Il ricordo e il peso di quella orrenda strage sono profondamente incisi nella nostra coscienza di cittadini e di cristiani». Domenica 18 aprile 1982 Giovanni Paolo II è in visita a Bologna e va a pregare nella stazione distrutta dall’attentato fascista di 41 anni fa, il 2 agosto 1980.
«Dona la pace e la gioia senza fine alle vittime innocenti, il cui sangue grida a te, da questo suolo. Asciuga le lacrime umanamente inconsolabili dei loro congiunti, che attendono e chiedono verità e giustizia, e dà loro la grazia di saper perdonare con la forza di Cristo crocifisso. Penetra nel cuore di coloro che, macchiandosi di un sì disumano delitto, hanno profanato e colpito l’Uomo, creato a tua immagine e somiglianza. Apri i loro occhi accecati e distorti dall’odio, perché comprendano che la società nuova e migliore non si può costruire sull’odio, sul disprezzo e sullo sterminio dei fratelli. Conforta quanti, ogni giorno, compiono nel silenzio e nel nascondimento il loro dovere, portando il loro prezioso e meritorio contributo per il progresso spirituale e civile dell’umanità. Volgi il tuo sguardo benigno a questa città, che in questi anni ha dovuto pagare un alto tributo di sangue e di dolore; sappia ritrovare nelle sue feconde radici cristiane la forza per continuare con nuovo slancio il cammino sulle vie della pace, della solidarietà, della concordia. Affidiamo questa nostra preghiera alla potente intercessione della beata Vergine Maria».
Quello di Bologna è il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra, al culmine della strategia della tensione: alle 10:25 del 2 agosto 1980, torrido sabato di esodo, una valigia piena di tritolo esplode nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna, lasciando a terra 85 morti e 200 feriti. Colpisce in pieno l’«Adria Express» Ancona-Basilea, in sosta sul primo binario e crolla una trentina di metri di pensilina. La prima ipotesi – lo scoppio di una caldaia – non regge a lungo, anche perché nel punto dell’esplosione non ce ne sono: è un attentato terroristico con una bomba ad alto potenziale. Senza soste e per ore operano sanitari, vigili del fuoco, forze dell’ordine, Esercito, volontari. Dagli ospedali arriva l’appello a medici e infermieri a tornare in servizio. Un autobus Atc della linea 37 è trasformato in carro funebre che trasporta le salme a Medicina legale, dalla vittima più giovane – Angela Fresu, 3 anni – all’86enne Antonio Montanari. Attorno al presidente della Repubblica Sandro Pertini una catena umana continua a spostare detriti nella speranza di trovare tracce di vita. Quella sera piazza Maggiore si riempie per una manifestazione politica che chiede giustizia e verità. Il giorno dei funerali, 6 agosto, il sindaco Renato Zangheri, accanto a Pertini, ricorda come la città ha vissuto lo stesso copione sei anni prima, il 4 agosto 1974, sull’«Italicus» a San Benedetto Val di Sambro: 12 morti e 44 feriti.
Sono condannati in via definitiva, come esecutori materiali, i militanti fascisti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Valerio (Giusva) Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Per anni i familiari delle vittime chiedono di conoscere i mandanti: è il tassello mancante per fare piena luce sull’orrenda strage. Quest’anno, nel 41° anniversario, ci sono quattro nomi, anche se rimarranno sulla carta perché tutti defunti: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi. La Procura generale, che nel 2017 ha avocato l’indagine innescata dall’Associazione vittime, arriva alla conclusione che dietro la strage ci sono: Licio Gelli, esponente di spicco della loggia massonica P2, morto nel 2015, in combutta con apparati deviati dello Stato che sviarono le indagini. Gelli, già condannato per depistaggio nei processi sulla strage, ha agito: con Umberto Ortolani, suo braccio destro, imprenditore e banchiere legato alla P2; con Federico Umberto D’Amato, ex prefetto ed ex capo dell’ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno; con Mario Tedeschi, giornalista iscritto alla P2 ed ex senatore del Movimento sociale. Gelli e Ortolani come mandanti-finanziatori, D’Amato come mandante-organizzatore, Tedeschi come organizzatore.
L’indagine conferma che gli esecutori sono i Nar condannati: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Ma anche Paolo Bellini, il «quinto uomo», altro esponente dell’estrema destra, ex Avanguardia Nazionale, indagato quest’anno e con altre persone «da identificare». Per collegare mandanti ed esecutori, magistrati e Guardia di Finanza si sono attenuti alla regola d’oro: seguire il flusso di denaro, 5 milioni di dollari partiti dai conti svizzeri di Gelli e Ortolani e arrivati ai Nar. Secondo gli accertamenti il denaro inizia a transitare dal febbraio 1979 fino agli organizzatori e ai depistatori. Nel 40° della strage Sergio Mattarella visita Bologna dopo la prima visita di Pertini nel 1980. La «democratica fermezza» e «il civile coraggio» di Bologna sono le motivazioni del conferimento alla città della medaglia d’oro al valor civile, il 13 luglio 1981.
«Chiediamo ancora che chi sa qualcosa, trovi i modi per comunicare tutto ciò che può aiutare la verità, perché anche se scappiamo dal giudizio degli uomini non scappiamo dalla nostra coscienza e soprattutto dal giudizio di Dio» le parole del cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi lo scorso anno nella Messa per il 40° delle stragi di Bologna e di Ustica: «Da questa memoria di due tra le ferite più profonde della storia recente del nostro Paese, vorrei sorgesse un impegno rinnovato, personale e comunitario, per l’Italia e per l’Europa, in un momento così grave per tutti che richiede a ognuno rigore e serietà».
Pier Giuseppe Accornero
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