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Cultura  

L’Ulisse di Carlin parla piemontese

L’Ulisse di Carlin parla piemontese

17 dicembre 2014

Pubblicata una nuova traduzione dell’Odissea

«Il patrimonio letterario di una lingua si nutre di due grandi contributi: la produzione narrativa originale e le traduzioni dei grandi classici. In questo secondo filone, fondamentale quanto il primo, si inserisce il monumentale lavoro di Carlo Porta, che al poema omerico ha dedicato anni di impegno, con una ricerca approfondita nella lingua dei suoi avi, nelle variazioni locali, per offrire al lettore un indimenticabile, e forse uno degli ultimi, respiri profondi nell’antichissima lingua piemontese, e insieme nelle eterne avventure di Avuss e Pinaplin-a, Agamlòt, ij Bërgeuj, Chitamnestra, Megapento, Pissastòrt e Timlicòt». Così l’editore Marco Civra presenta “Le tribulassion d’Avuss”, pubblicazione con la quale va ad arricchire il catalogo della Marcovalerio che ha la sua sede a Cercenasco.
«Quest’opera – spiega Civra – è inserita nella collana “I Faggi” che raccoglie i classici della letteratura italiana e mondiale. Il lavoro di Carlin si inserisce, infatti, nella scia delle grandi traduzioni e rinnova un testo immortale come l’Odissea di Omero».
L’autore stesso svela i retroscena di questa inconsueta e inedita impresa letteraria che si fregia, tra l’altro, del marchio “100% poesia”.
Carlin, come è nata l’idea di porre mano ad un’opera così impegnativa?
È nata quasi per gioco, ma un gioco serio, così per variare gli incontri di cultura popolare all’UNI3 dove si leggevano passi della Divina Commedia in lingua piemontese tradotta da Luigi Riccardo Piovano, con qualcos’altro per vedere se una traduzione poteva dare nuovi impulsi.
Ho iniziato a tradurre qualche brano preso dai vecchi libri di scuola, per poi inoltrarmi poco alla volta “cissà” (stimolato) da questa storia avventurosa a proseguire con gran piacere.
Quanti anni di lavoro?
A dire il vero non mi ricordo perfettamente la data d’inizio, grosso modo siamo nel 2005 – 2006. Naturalmente con momenti di alti e bassi conforme ai tempi liberi da altri impegni materiali e mentali per terminarla forse nel 2012, e rimasta nel cassetto “a mitoné” (a maturare) sino ad oggi.
Quali sono state le fonti consultate?
Praticamente ha l’assetto del Pindemonte, da dove è stata tratta, è in endecasillabo. Inoltre ho consultato siti specializzati.
Quali sono stati i criteri utilizzati per la traduzione e la scelta lessicale e poetica?
Come ho già detto, il criterio è quello di mantenere viva la poesia, usando l’idioma piemontese cercando di evitare italianismi il più possibile, consultando dizionari, leggendo libri, per avere a disposizione vocaboli diversi in uso nelle varie parti del paese.
Infatti si troveranno modi di dire, parole forse inusuali che però nel contesto del discorso si capiscono, modi di un tempo, insomma un po’ di tutto con un lavoro di ricerca delle parole, tant’è che ad un certo punto mi sono fatto un dizionario personale alla rovescia.
Ulisse è diventato Avuss: i personaggi parlano solo piemontese o, in un certo senso, sono diventati essi stessi piemontesi?
Ulisse è diventato Avuss poiché tradurlo Uliss proprio non suonava opportuno, d’altro canto era molto “acuto”. Gli altri personaggi hanno preso un aspetto piemontese, a volte con vezzeggiativi, a volte con suoni un poco strani poiché è usuale il modo degli “stranòm” (soprannomi) o fare il femminile dal maschile delle persone, tipo Bësson: la Bësson-a; Bërton: la Bërton-a ecc.
Possiamo dire che si tratta di un’opera umoristica eppure letteraria?
Umoristica nel senso di divertente, penso proprio di sì, infatti in questi ultimi tempi, in fase di bozza, l’ho letta e riletta diverse volte senza problemi di noia, come correttore di bozze, ma chissà quanti errori vi saranno ancora! Spero pochi. Letteraria, spero che lo sia, appunto per il lavoro di ricerca effettuato.
Quale è il futuro della lingua piemontese?
Ai posteri l’ardua sentenza, per far si che possa avere un futuro, lo si deve parlare senza “gena” (soggezione), poiché prima di tutto è bello, poi è nostro e vi sono suoni che non esistono nella lingua italiana pertanto è una ricchezza in più. Detto ciò, si possono fare dei paragoni con altre lingue. Da una ricerca pubblicata nel 1888, su 3000 vocaboli piemontesi i quali non fossero interamente o Francesi, Italiani, o Latini, su 100: il 48,9 era gallico; 35,7 latino; 2,9 spagnolo; 7,0 tedesco; 1,9 celtico; 1,5 greco; 1,9 slavo, 0,2 non valori.
Se poi ci si aiuta con un buon dizionario piemontese italiano ed una buona memoria, quante parole inusuali si potranno imparare!

S.M.

Cop Odissea piem (1)

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