15 Giugno 2011
Lidia Poet ed Edmondo de Amicis: una storia in punta di penna
L’autore del libro Alle Porte d’Italia per quasi un decennio trascorse le vacanze estive con la sua famiglia nei dintorni di Pinerolo A molti è nota la vicenda che collegava il De Amicis a Pinerolo, soggiornato per diversi anni alla Villa degli Accusani (detta La Graziosa per la sua amena collocazione sulla parte più alta del Monte Pepino, dove un tempo si ergeva l’antico Castello medievale dei Savoia e degli Acaja, divenuto poi Prigione di Stato a metà Seicento, e completamente distrutto alla fine del XVIII secolo) soprattutto tra il 1882 ed il 1883-84 allo scopo di scrivere in piena tranquillità il suo famoso volumetto Alle Porte d’Italia (pubblicato proprio nel 1884), che descriveva la città e il territorio pinerolese.
Ma meno forse è altrettanto conosciuta la figura della avvocatessa Lidia Poet, nata a Traverse ma presto (nel 1868, a tredici anni) trasferitasi con la famiglia a Pinerolo; personaggio importante per le vicende socio-culturali locali, e soprattutto per il suo contrastato destino di essere stata la prima giurista d’Italia (e – alcuni dicono – d’Europa) cui però sono stati incredibilmente negati, per decenni, possibilità e diritto di esercitare la sua pubblica professione di avvocato, e di indossare istituzionalmente la toga, perché era una donna.
Laureatasi nel 1881, all’età di 26 anni, e divenuta Procuratore Legale due anni dopo, conobbe Edmondo proprio nel suo momento di frequentazione maggiore degli ambienti cultural-mondani pinerolesi – e particolarmente il circolo del Teatro Sociale ed i salotti letterari ad esso collegati – cui anche la giovane giurista partecipava.
Questa conoscenza, fino a qualche anno fa ignota alla storiografia locale, è stata certificata quando nel 2007 mi è capitato di trovare tre lettere autografe del De Amicis spedite alla Poet, attestanti una inimmaginabile corrispondenza epistolare (che ho pubblicato nel Bollettino della Società Storica Pinerolese di quell’anno) tra i due personaggi, nella quale si evidenzia il ruolo di frequentata conoscenza reciproca tra le due persone, sufficientemente confidenziale ma non di esplicita amicizia, sviluppato su una cordialità contenuta, del tutto tipica della tradizionale cultura ottocentesca.
In quelle missive (di cui purtroppo non sono state ritrovate – almeno finora – le risposte pervenute da Lidia) il De Amicis tratta di diverse faccende contingenti di normalissima routine quotidiana, tra cui emerge la curiosa richiesta, rivolta nel 1892, di volere “passare l’estate […] a Pinerolo, o meglio nei dintorni, o anche su nella valle del Chisone, purché fosse vicinissimo a un villaggio alimentare” (ovvero non sperduto e con la possibilità pratica di procurarsi senza difficoltà le cibarie indispensabili), in una località tuttavia lontana dalla confusione cittadina (“quanto più possibile in alto”) in “una villa o casa o spelonca qualsiasi, in cui ci potessimo rifugiare”, per le cui necessità vengono indicate perfino le condizioni di abitabilità spaziale (“una casa modestissima, che […] desse da fare il meno possible; cinque letti basterebbero, e otto camere, compresa una cucina, nella quale non mancasse tutto”).
In quelle affermazioni è rinvenibile una incontrovertibile volontà deamicisiana di continuare quella vecchia – risalente ad un decennio prima – permanenza stagionale di risiedere soltanto temporaneamente “a Pinerolo, dove ci richiamano tante belle e care memorie”, e non di rimanervi stabilmente come è stato sostenuto da diversi storici pinerolesi (particolarmente da Arnaldo Pittavino).
Un altro interessante aspetto della corrispondenza epistolare tra De Amicis e la Poet, riferisce (nel 1897, un anno prima del suicidio del primogenito Furio, e della separazione definitiva dalla moglie Teresa Boassi, dopo un tormentata convivenza difficile e penosa) la triste situazione dello scrittore, stanco e anziano, oberato dagli impegni editoriali (“Da circa cinque mesi lavoro quasi senza interruzione e mi trovo ridotto a un tale stato di stanchezza che appena riesco a correggere le prove di stampa che ho ammucchiate sul tavolino”) e sicuramente provato dalle ormai continue crisi litigiose domestico-famigliari
Costituisce dunque un effettivo rammarico che tale situazione di scambio epistolare del tutto particolare e di importante appartenenza locale (anche nella sua banale quotidianità, e senza quell’afflato di sentimento eroico ed esaltante cui l’autore del libro Cuore ha sempre abituato i suoi lettori) non sia stata per nulla considerata – e compiutamente compresa – nel ricordo della figura storica di Lidia Poet tra gli episodi esposti nel recente repertorio illustrativo – per altro encomiabile – della Mostra sulle Donne “dimenticate” del Risorgimento piemontese: nella quale purtroppo, ed ancora una volta, la sfortunata avvocatessa si è ritrovata ad essere improvvidamente trascurata proprio in una sua fase personal-culturale di tutta rispondenza pinerolese.
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