19 Maggio 2014
Le ultime strofe della patria
![Le ultime strofe della patria](https://www.vitadiocesanapinerolese.it/wp-content/uploads/2024/01/bandiera-italiana-asta.jpg)
18 maggio 2014
Durante la finale di coppa Italia, un senso di tristezza vedendo quella giovane cantante che si sforzava di intonare l’inno di Mameli nell’atmosfera estremamente tesa dello stadio. Tristezza che acuisce le mie profonde perplessità per una prassi diffusa: si canta sempre e solo la prima strofa dell’inno italiano, che non sembra proprio la migliore. Quell’immagine da statua neoclassica dell’Italia personificata, con l’elmo di Scipione l’Africano, non è la più adatta a coinvolgere le menti e i cuori degli italiani. Potrebbe essere addirittura letta come documento storico delle mire colonialistico/imperialistiche di un’Italia erede dell’Impero Romano, che hanno pesato negativamente sulla storia postunitaria, raggiungendo con il fascismo gli esiti peggiori. L’idea che Dio crei una vittoria personificata per renderla schiava di Roma sarebbe addirittura blasfema, se interpretata alla lettera: deve, quindi, essere letterariamente contestualizzata in un linguaggio che affonda le radici nel rapporto fra cultura classica e medioevale e che va conosciuto e rispettato dal punto di vista storico-culturale, ma non è certo il più adatto a trasmettere né i valori civili di cui il mondo globalizzato necessita, né la novità sempre giovane del Vangelo. Una proposta sarebbe cantar solo i primi versi della seconda e della terza strofa:
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Versi attuali questi: ora più che mai noi italiani, nel contesto europeo e mondiale, dobbiamo ottenere credibilità imparando a sentirci popolo che condivide problemi, risorse e speranze e percepisce le specificità della cultura locale come ricchezza e non pretesto per contrapporsi o isolarsi. L’immagine di Dio presentata è ben più autentica di quella espressa nella prima strofa: Dio non legittima il dominio di un popolo sugli altri, ma invita a cercare l’unione interna per essere a propria volta operatore di unione nel contesto internazionale. E non si tratta di un’unione qualsiasi: soltanto se inestricabilmente unita all’amore può indicare la positività del progetto di Dio sulla storia. È il desiderio di essere un popolo libero, di abitare una terra libera e non invadere altri Paesi per rifare imperi del passato o costruirne di nuovi. «Uniti per Dio» lo interpreto come «uniti per andare nella direzione da lui voluta, verso di Lui e attraverso Lui». Qui sembra che l’inno di Mameli riesca a raggiungere il punto più alto e fruttuoso di dialogo fra le varie matrici culturali risorgimentali, esprimendo quello spirito a cui attingeranno le esperienze della resistenza e della costituente. E proprio dalla costituzione e dai successivi sviluppi storici, politici, culturali ed ecclesiali, come la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, dobbiamo partire per attualizzare ulteriormente quei versi. Lo “stringersi a coorte” del ritornello (non strettamente necessario) fa pensare alla lotta armata contro un’invasione straniera, come è stato nella resistenza . Ma “suolo libero” deve anzitutto significare un luogo dove si vive in pace, giustizia, condivisione, dialogo; un luogo capace di accogliere , con vere possibilità di inclusione sociale, chi viene da un “altro suolo”ed è stato calpestato e offeso nella sua dignità.
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *