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Cultura  

Le riprese cinematografiche di Leone XIII non sono dei fratelli Lumière

Le riprese cinematografiche di Leone XIII non sono dei fratelli Lumière

Tutto da cambiare. Chi ha fatto le riprese a Papa Leone XIII? Tutti pensavano fossero stati i fratelli Lumière, inventori del cinema, o il torinese Vittorio Calcina – fotografo professionista, che porta il cinema in Italia, rappresentante dei Lumière – che realizza nel 1896 la più antica pellicola italiana arrivata fino a noi e la prima ripresa di un Pontefice, «Sua Santità Papa Leone XIII» (2:39 minuti). Ora uno studio universitario sembra rivedere la storia. Nell’Archivio apostolico vaticano sono custoditi diversi documenti che lo confermano. A cominciare dalla nota manoscritta del maggiordomo del Pontefice, mons. Francesco Salesio Della Volpe, indirizzata al delegato apostolico a Washington: descrive dettagliatamente le tre sedute di riprese effettuate nel giugno-luglio 1898 per un cortometraggio diretto da William Kennedy Laurie Dickson per la American Mutoscope and Biograph Company. Le carte svelano i motivi della rottura con gli operatori statunitensi: la Santa Sede li accusò di fare un commercio scandaloso delle immagini del Papa. Gianluca della Maggiore ha scritto «Le vedute delle origini su Leone XIII. Vaticano, Biograph e Lumière», che consente di fare luce su una vicenda controversa.

«Tutta la vita della Chiesa registrata sulla celluloide» titolava oltre 60 anni fa «Corriere della Sera» del 2 dicembre 1959 l’articolo di Fabrizio De Sanctis sulla nascita della Filmoteca vaticana: «Un Pontefice aperto alle esigenze dei tempi moderni come Roncalli non poteva non accogliere con favore sia la macchina da presa sia l’obiettivo della televisione. La tv e il cinema hanno pressoché ingresso libero in Vaticano: a ogni cerimonia, anche quando gli altri operatori non hanno possibilità di accesso, si vede un dipendente della Pontificia commissione per la cinematografia intento a trafficare attorno alla macchina da presa». E dire che 47 anni prima, nel 1912 la Congregazione concistoriale vietò ogni genere di «scenicae actiones etsi honestae, proiezioni cinematografiche» anche nelle sale parrocchiali perché «disdicevoli alla santità del luogo».

Il 16 novembre 1959 Papa Giovanni istituisce la Filmoteca. La stampa esulta e  sottolinea «la novità di un archivio dedicato ai moderni strumenti di comunicazione che si innestava nel solco della grande tradizione della Chiesa per la salvaguardia e la tutela dei più importanti patrimoni» come scrive mons. Dario Edoardo Viganò in «Il cinema dei Papi. Documenti inediti dalla Filmoteca vaticana». Il vaticanista Filippo Pucci nel 1959 su «La Stampa» annota: «Accanto alla Biblioteca e all’Archivio segreto, celebrati depositi di incunaboli, manoscritti e volumi a stampa, il Vaticano ha ora anche una Filmoteca che raccoglie e conserva film e riprese televisive».

Ottomila filmati, raccolti e catalogati illustrano la storia della Chiesa, un ricco patrimonio culturale che appartiene all’umanità, un archivio unico, deposito della memoria delle immagini in movimento degli ultimi 11 Pontefici, da Leone XIII (1878-1903) a Francesco. Ha ragione nel 1971 il cardinale scozzese Gordon Joseph Gray: «La Chiesa non vede più spuntare dalle colonne del quotidiano o dallo schermo del cinematografo il diavolo. Sono doni di Dio». La sede della Filmoteca è Palazzo San Carlo. In una piccola sala vengono proiettati documentari storici e pellicole di particolare valore e spesso ospita attori, registi, produttori.

Auguste-Marie-Louis Nicholas e Louis-Jean Lumière inventano e brevettano il 13 febbraio 1895 il «cinématographe» e il 19 marzo girano «La sortie de l’usine Lumière, L’uscita dalle officine Lumière» considerato il primo film. La prima proiezione a pagamento avviene il 28 dicembre 1895 a Parigi al «Grand Café» sul boulevard des Capucines. L’86enne Papa Pecci arriva in carrozza nei Giardini vaticani, scende, siede e benedice. I successori comprendono l’enorme potenzialità del cinema. Nel 1952 Umberto Scarpelli gira «Gli uomini non guardano il cielo» sul Pio X che nel 1914, profondamente angosciato per l’immane tragedia della Grande Guerra, fa ogni sforzo per impedirne lo scoppio. Negli anni Venti del Novecento Benedetto XV è filmato nei Giardini vaticani. Pio XI commissiona un film sul Giubileo (1933) ed emana l’enciclica «Vigilanti cura» sul cinema (1936).

Pio XII interpreta sé stesso in «Pastor Angelicus» (1942): si sottomette alle indicazioni del regista, ripete le scene, cammina nei giardini mentre legge carte e documenti. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, futuro Paolo VI, negli anni Quaranta è in contatto con Cinecittà e salva alcuni perseguitati dai nazifascisti che diventano comparse di film. Karol Wojtyla da giovane è attore di teatro. I Papi sono sempre più spesso protagonisti di film: da «Nei panni di Pietro» di Morris West del 1963 un indimenticabile Anthony Quinn interpreta Papa Kiril (Lakota) in «The Shoes of the Fisherman, L’uomo venuto dal Kremlino» diretto nel 1968 da Michael Anderson: profetizza con un decennio di anticipo l’arrivo sul Soglio di Pietro di un Pontefice di oltrecortina (16 ottobre 1978), Giovanni Paolo II. Nel 1980 l’Unesco riconosce il cinema come bene culturale, patrimonio dell’umanità.

Giovanni XXIII ne comprende il valore particolare. Domenica 25 gennaio 1959, Angelo Giuseppe Roncalli annuncia a sorpresa un Concilio ecumenico per la Chiesa universale, un Sinodo diocesano per l’Urbe, l’aggiornamento del Codice di Diritto canonico. Impressionante il silenzio dei 17 cardinali di Curia riuniti nella sala capitolare dell’abbazia benedettina annessa alla basilica di San Paolo fuori le mura: nessuno lo applaude. Intuiscono che si apre una nuova era per la Chiesa. La Filmoteca e il Vaticano II, due eventi che potrebbero sembrare slegati, sono intimamente connessi dalla necessità per il Papa di parlare al mondo con il suo stesso linguaggio. Nella Filmoteca ci sono oltre 100 ore di filmati sul Vaticano II. In un immaginario lungometraggio realizzato con i documenti di archivio sarebbe possibile illustrare la storia della Chiesa degli ultimi due secoli. Ma le pellicole hanno bisogno di attente cure per durare nel tempo con il rischio della degradazione chimica che colpisce le vecchie pellicole a base di acetato di cellulosa. Molte sono state recuperate e salvate con tecniche sempre più affidabili. È il caso di «Guerra alla guerra», documentario del 1948 che mostra l’impegno di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale a favore di tutte le vittime del conflitto. Settanta pellicole documentano l’attività della Pontificia Opera di assistenza (Poa) voluta da Pio XII a sostegno delle folle di bisognosi dopo il secondo conflitto mondiale.

Pier Giuseppe Accornero

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