22 Ottobre 2013
La sacra inquietudine di Lorenzo Lotto

22 ottobre 2013
Coordinare una mostra al fianco di Sgarbi è sempre straordinario perché affascina il suo fare da “cappellaio magico”.
Lo storico e critico d’arte Antonio D’amico ha coordinato la mostra su Lorenzo Lotto allestita dalla Fondazione Cosso nel Castello di Miradolo e curata da Vittorio Sgarbi.
Come è nata l’idea di allestire una mostra su Lorenzo Lotto?
Quando Vittorio Sgarbi è diventato “Assessore alla Rivoluzione” di Baldissero d’Alba ha pensato di esporre singoli capolavori che non si erano mai visti nel territorio, iniziando con un ritratto di Tiziano e proseguendo con uno di Lorenzo Lotto, entrambi della sua collezione, creando un ciclo espositivo dal titolo “I volti e l’anima”.
Il pensiero di Sgarbi però era di espandere la mostra di Baldissero d’Alba, composta da un solo quadro, dedicando altrove a ogni pittore un “cammeo”, con poche opere che ne documentassero la vicenda artistica, mantenendo il tema ma ampliandone il respiro. Il luogo ideale è sembrato il Castello di Miradolo dove le due “donne di casa”, Maria Luisa Cosso e Paola Eynard, hanno accolto con gioia questo progetto, investendo non solo risorse economiche ma partecipando a ogni fase del progetto.
Così è stato possibile allestire la prima mostra dedicata a otto ritratti di Tiziano. Adesso è la volta di questa intima e meditativa introspezione dedicata a Lorenzo Lotto, un pittore di assoluta modernità che racconta l’animo umano senza nascondimenti. È stato un lavoro corale. Senza tutti i componenti della Fondazione Cosso, senza le istituzioni che hanno accolto la nostra richiesta di prestito e senza i collezionisti privati che ci hanno dato le opere, non sarebbe stato possibile realizzare questo percorso.
Quale è stato il contributo specifico di Sgarbi nella realizzazione della mostra e come sono state scelte le opere?
L’intento di Vittorio Sgarbi era realizzare una mostra diversa da quelle che si sono viste di recente dedicate al pittore. Ma soprattutto l’obbiettivo era mettere insieme opere rare, difficilmente visibili dal grande pubblico e che erano mai state esposte insieme.
Contemporaneamente, però, volevamo che le opere raccontassero la parabola pittorica di Lotto, dalla giovinezza alla maturità e che rispecchiassero il tema del ciclo espositivo: “I volti e l’anima”. Per Lotto i volti sono lo specchio dell’anima, siano essi singoli ritratti o volti dipinti entro grandi pale d’altare, siano essi sguardi di santi o della Madonna o di Gesù: ogni sguardo parla dell’interiorità, dei desideri e delle speranze dell’anima.
Con queste premesse Sgarbi ed io abbiamo iniziato a studiare quale potevano essere i possibili prestiti da chiedere: ogni quadro esposto a Miradolo è stata un’attesa fiduciosa e una conquista straordinaria. L’entusiasmo di Paola Eynard, poi, ci ha sempre incitato a cercare oltre per rintracciare dipinti, magari irrintracciabili (infatti stiamo ancora aspettando la risposta di una strana e anziana signora che possiede un ritratto di Lotto ma che sembra essersi volatilizzata), forse arditi e irraggiungibili ma sicuramente grandi capolavori.
Coordinare una mostra al fianco di Sgarbi è sempre straordinario perché affascina il suo fare da “cappellaio magico”. Tutte le volte appariva difficile raggiungere un quadro in una collezione privata o in un museo, lui trovava sempre la soluzione. È stata un’avventura affascinante che ci ha portato a presentare a Miradolo capolavori rari come la bellissima Madonna con Bambino di proprietà della Presidenza della Repubblica che in Italia negli ultimi cinquant’anni non si era mai vista o la sorprendente Pala di Sedrina.
Chi è Lorenzo Lotto? L’artista e l’uomo.
Lotto è un pittore di grande raffinatezza. La sua arte punta dritto al cuore e stimola interrogativi anche perché in Lotto arte e vita si intrecciano in perfetta simbiosi. Lorenzo nasce a Venezia intorno al 1480 in una città dove Giovanni Bellini, Giorgione e Tiziano sono assoluti protagonisti della scena artistica. Dunque iniziano le peregrinazioni verso altre terre che possano dargli fama e committenze prestigiose. Treviso, Bergamo. L’uomo Lotto si pone tante domande ed è pieno di dubbi. Vive la sua fede con spirito d’osservazione e inserisce nelle sue opere dettagli che sviscerano pensieri allora vigenti, sia sul piano teologico, sia umano.
Nella “Madonna con Bambino”, ad esempio, Lotto dipinge una giovane donna con lo sguardo intento a seguire la preghiera e regge il libro al figlio che oltre a pregare con la madre ci guarda e ci invita a partecipare. Quello sguardo ci accoglie così come Lorenzo desidera essere accolto dal pontefice a Roma per dipingere nella Basilica Vaticana, o dal Doge per ottenere qualche buona commissiona da parte della Repubblica della Serenissima.
A Recanati dipinge la raffaellesca “Trasfigurazione di Cristo”, ma in Casa Leopardi dall’inizio dell’Ottocento si trova un’altra piccola versione della Trasfigurazione. Una piccola tela degli anni della maturità, dipinta forse per ottenere un qualche favore o beneficio di un nobile signore. La piccola tela Leopardi è a Miradolo e la si può ammirare dopo un restauro fatto per l’occasione e sovvenzionato dalla Fondazione Cosso.
Dulcis in fundo la mostra propone la “Caduta dei Titani”. Un’opera che più di altri spiega il temperamento di Lotto, il carattere di un uomo in continua ricerca. È la lotta del bene contro il male. Cristo è il bene che trionfa sul peccato.
Negli ultimi anni della sua esistenza, in cui si sente «Solo, senza fidel governo et molto inquieto nella mente», Lorenzo sceglie di ritirarsi nella Santa Casa di Loreto e diventare Oblato. È lo specchio di molti uomini di oggi e di coloro che sono alla ricerca di un’identità.

Il titolo della mostra sottolinea due diversi aspetti della produzione artistica del Lotto: i volti e l’anima. Iniziamo dai volti: chi sono?
I volti sono tanti e ciascuno racconta un sentimento, una vicenda personale, una vita. Ogni dipinto presenta sguardi singoli, come nei quattro ritratti, o multipli, come nelle opere religiose o apparentemente mitologiche.
La mostra apre con lo sguardo attraente e ammiccante del “Giovinetto col petrarchino” del Castello Sforzesco di Milano. Un occhio spalancato che ci guarda e quasi ci invita a partecipare alla lettura dei racconti di Petrarca. Poesie d’amore, racconti di avventure, regole di vita o egloghe cavalleresche? Il giovine si toglie i guanti e con fare coinvolgente ci rende partecipi. Straordinario è poi lo sguardo del “Giovane con un rotolo in mano” della Collezione Cavallini Sgarbi. Un dipinto di grande fascino. I suoi occhi sono acuti, profondi, parlano di desideri e certezze o incertezze. Cosa avrà scritto o disegnato sulla pergamena arrotolata?
E poi c’è Fioravante Avogaro. Bello, pacioccone, coi suoi capelli ricci, il suo panciotto, il suo bel mantello rosso e la lettera che deve recapitare a una qualche bella fanciulla. Ci guarda, guarda il pittore con cui dialoga mentre lo ritrae, punta il dito verso qualcuno o qualcosa. È temporanea la sua posa, fiera dell’istante, di un attimo che è ormai fuori dal tempo.
E infine Lucina, con la sua fierezza e suoi rebus, con le sue storie che vuol raccontarci nella luce soffusa del Castello, con i ritmi lenti e cadenzati di una musica che accompagna il visitatore sala per sala e sguardo per sguardo, pensata da Roberto Galimberti.
Insieme, questi quattro ritratti raccontano la produzione di un Lotto che dalla giovinezza, col Giovinetto di Milano, agli anni Quaranta, con i ritratti dei due uomini, passando per Lucina, ha saputo «darci l’individualità del modello», tanto che in noi nasce il desiderio di «respirare con lui, immaginare il sapore della sua bocca, indovinare il tremito dei suoi nervi, intuire lo stato della sua mente e del suo cuore», come afferma Bernard Berenson, il primo esegeta moderno dell’opera di Lorenzo Lotto.
Quindi l’anima. Quale lo specifico della produzione religiosa del Lotto?
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Quindi ancora volti, sguardi che raccontano l’interiorità. Nella maestosa Pala di Sedrina, Lotto mette in posa quattro santi che sono in verità uomini che alzano lo sguardo verso l’alto e implorano il perdono.
Sono uomini che tornano dal lavoro dei campi, uomini che con le loro debolezze sperano in un domani migliore. In alto, avvolta da angeli e una soffice “poltrona” di nuvole, è la Madonna col Bambino. Maria ha in mano una mela verde e il figlio benedice le umane creature mentre rende partecipe la madre della redenzione dell’umanità. Assunti teologici dibattuti nel Concilio di Trento che apre i battenti nel 1543, un anno dopo che Lorenzo aveva dipinto questa bella opera per il piccolo borgo di Sedrina nella valle bergamasca.
Uomo stanco e anziano è “San Felice in cattedra” che arriva da Giovinazzo nel barese. Uomo e studioso solitario è anche “San Girolamo” di Castel Sant’Angelo a Roma. Uomini sono i tanti personaggi che popolano le vicende narrate con minuzia di dettaglio nei scomparti della predella per la maestosa Pala Martinengo Colleoni, oggi smembrata fra Bergamo e Budapest. Ed è qui che Lorenzo Lotto raggiunge un alto lirismo di meditazione, nel dolore straziante della “Deposizione di Cristo”. L’intreccio di mani fra la madre e il figlio è commovente.
Maddalena in ginocchio che asciuga con i suoi capelli dorati la mano del Cristo è coinvolgente. Lotto ci conduce nel suo mondo, ci chiede di entrare in punta di piede dentro le vicende dei suoi quadri. Infatti, come bene ha evidenziato Pietro Zampetti «la sua arte è azione interiore, luce dell’anima: è impegno morale senza soluzione temporale».
La mostra si inserisce nella cornice del Castello e del suo parco. Un valore aggiunto?
Nelle sale del Castello di Miradolo ogni dipinto sembra aver trovato la sua naturale collocazione. I visitatori possono ammirarli con attenzione e possono guardare i dettagli proiettati sulle pareti. Il parco poi rende tutto ancora più poetico, perché è vero che Dio è nei particolari ed è anche vero che la natura ci consente di riscoprire la bellezza e quelli di Lotto sono racconti intimi, dialoghi privati, pezzi di vita che si possono narrare, o meglio sussurrare, passeggiando nel parco.
Tornare al castello in queste brume autunnali, con una luce debole e fioca che filtra fra i rami di alberi secolari, vedere ogni tanto saltellare qualche scoiattolo e poi immaginare i pensieri di Lucina che ci cammina accanto, o pensare di avere a fianco uno di quegli uomini che compagni di strada invocano il perdono, è una suggestione che solo in questo splendido luogo si può vivere. Basta chiudere gli occhi …o aprirli nel silenzio e nell’incanto!
Patrizio Righero
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