22 Gennaio 2025
La propagazione del male in un mondo deumanizzato: le voci distrutte, ma non spezzate, della Storia

Chissà come si instilla un’idea. Esiste un linguaggio di programmazione mentale capace di corrompere i sistemi di difesa della mente e instillare un’idea che, piccola come un granellino di senape, cresce piano piano, sobbolle con calma nella mente conscia fino alla sua piena maturazione per poi esplodere in tutta la sua distruttività?
Probabilmente sì, se si studia la storia e non ci si lascia sviare da stringhe “diverse e peregrine” (Eb 13,9). Perché non ci sono idee “nuove”: esse sono già presenti in quell’inconscio che Jung definiva “collettivo”. Basta assecondarle e “lanciarle”, come si fa con un programma appena installato su un computer. Le idee fanno tutto il resto e, come i virus, sono contagiose e, troppo spesso, anche mortali. Così il male: ha radici primordiali e ben radicate in quel nostro istinto di sopravvivenza che perverte la ragione e abbrutisce l’essere umano.
In un mondo che ottenebra le coscienze e sotterra l’empatia sotto chili di egoismo, in un mondo dove la tecnologia avvolge ogni nostro pensiero in un abbraccio di individualismo e divisione, questi libri aprono gli occhi assopiti su una realtà terrificante che, purtroppo, continua a dilagare nel mondo, strisciando tra le pieghe del tempo, mimetizzandosi sotto il velo dell’indifferenza e lasciandosi definire da nomi diversi in base al luogo di diffusione. Le fondamenta sono le stesse: bramosia di potere, di fama, di denaro. Quello che cambia è la declinazione, come avviene per i verbi. Il confine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, è labile, quasi impercettibile, perché il pensare che il nostro vicino sia un poco di buono semplicemente per motivazioni culturali, razziali o di genere è semplice, come bere un bicchier d’acqua, per usare un cliché fin troppo comune. Da lì al delegittimare azioni contro di lui, il passo è breve. Troppo breve.
Questi sono libri da leggere con calma, sui quali fermarsi di tanto in tanto per riflettere sul chi siamo – e chi non dobbiamo essere – e su chi è il nostro prossimo, quello evangelico, quello da sostenere, aiutare, accompagnare. Con dolcezza e cura.
Come traccia per questo percorso nella memoria, ho scelto “I could have done more”, una delle musiche del film “Schindler’s List”, perché la memoria serve per comprendere – e accettare – che c’è sempre un’altra possibilità al male.
#1 Il dentista di Auschwitz , di Benjamin Jacobs, edito da Bibliotheka

Erano le nove di una fredda mattina di maggio quando una colonna di tre vecchi camion sfumava via indisturbata su una stradina di campagna. Trasportava merce, cose da eliminare.
È così che Berek e suo padre furono deportati insieme ad altri 165 uomini, “diversi per mestieri, stili di vita e formazione, accomunati nella stessa sorte, uniti in un viaggio a noi estraneo quanto estranei erano i tempi”.
Benjamin Jacobs, il nuovo nome assunto da Berek negli Stati Uniti dopo la liberazione, ci racconta un viaggio, il suo viaggio e quello di molti altri uomini come lui, che da un piccolo villaggio polacco, Dobra, lo portò a sperimentare sulla propria pelle la profondità del male che l’essere umano è capace di compiere.
In questo viaggio, ci racconta di sé nella storia della sua famiglia e nella Storia che ha sterminato intere generazioni in nome di un Nazionalismo.
#2 Un olocausto italiano. Voci di soldati italiani dai lager, a cura di Paolo Paganetto, Oltre Edizioni

Nell’avvilupparsi della Storia, spesso, alcuni fatti vengono dimenticati o, quantomeno, rimangono congelati nel tempo come fossero meno significativi di altri. Questo è il caso dei soldati italiani deportati in Germania dopo l’armistizio dell’8 settembre. La casa editrice “Oltre Edizioni” ha pubblicato un volume molto interessante sulla tragedia dei nostri soldati, dimenticati e maltrattati.
Questo libro è una straordinaria testimonianza corale che vuole suscitare una riflessione profonda sulle definizioni di vittima e carnefice, perché il male è uno e sovente, la nostra risposta a esso, è solo una questione di ruoli, come ha mostrato Zimbardo nel suo tristemente famoso esperimento carcerario.
Perché, alla fine, “c’è negli uomini un impulso alla distruzione, alla strage, all’assassinio, alla furia” (Anne Frank, Diario, 3 maggio 1944) e, questo impulso, che ci piaccia o meno, può coinvolgere tutti. Nessuno escluso.
Erica A. Gavazzi
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