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Cultura  

La diocesi di Pinerolo nel periodo napoleonico (1798-1799)

La diocesi di Pinerolo nel periodo napoleonico (1798-1799)

Quando il 9 dicembre 1798 fu proclamata la repubblica, il vescovo Grimaldi, a Pinerolo dal 1797 al 1805, ne attestò la legittimità in un editto del 17 dicembre. Mentre nelle pastorali precedenti si presentava «Giuseppe Maria Grimaldi. Per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo di Pinerolo, Prevosto di Oulx e Conte» e si rivolgeva «al Venerabile Clero, ed amatissimo popolo della città e diocesi», ora si diceva «Giuseppe Maria Grimaldi. Cittadino piemontese. Per grazia di Dio, e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Pinerolo e Preposito di Oulx» e indirizzava il suo proclama «Agli amatissimi Concittadini, li Venerabili Fratelli, Clero e Popolo di tutta la Diocesi». Nella nuova situazione politica il vescovo si serviva di termini sino ad allora inusati. Scriveva il vescovo che, attesa la legittimità del Governo Provvisorio, occorreva osservarne le leggi e che lo formavano persone che facevano ben sperare per la serenità di tutti. Dopo aver evocato i preziosi nomi della libertà e dell’uguaglianza, anch’essi termini “nuovi”, il vescovo chiedeva preghiere per il bene di tutti e invocava le grazie sulla trionfatrice nazione francese. Il 19 dicembre Pinerolo celebrò l’insediamento della nuova giunta con una parata sulla piazza Maggiore dove era stato eretto l’albero della libertà presenti tutte le autorità, comprese quelle ecclesiastiche. Il governo provvisorio, instauratosi in Piemonte nel dicembre del 1798, non ebbe lunga vita, ma nei suoi pochi mesi di vita vide il fiorire degli alberi della libertà. A Pinerolo, come si è detto, il primo di questi alberi apparve il 19 dicembre 1798 sulla piazza Maggiore. Persone di tutti i ceti presero parte alla festa ballando sino alle tre di notte. Intanto, anche in altri punti della città furono collocati gli “alberi” attorno ai quali si faceva festa. Il clero non mancò di partecipare a queste feste che si tramutavano ben presto in rissa. Si voleva erigere un albero della libertà anche davanti alla Cattedrale; a fronte delle lagnanze del vescovo, timoroso che anche qui la festa diventasse rissa, fu eretto di notte e vigilato dai soldati. L’albero della libertà fu piantato a Torre Pellice, Bricherasio, Cavour, Vigone, Osasco, Perrero. Nei giorni a venire furono rasi gli stemmi gentilizi scolpiti sui banchi delle chiese; in San Donato furono risparmiati i due stemmi reali scolpiti ai lati dell’altar maggiore; fu pure istituita la censura preventiva sulle prediche. Nel corso del 1798 monsignor Grimaldi indirizzò ancora una lettera alla Diocesi sulla riduzione, voluta dal Governo, delle feste di precetto. Osservava il vescovo che il numero delle festività era eccessivo e che fu ridotto, trovando consenzienti il Governo e quanti, a motivo dell’indigenza, avevano bisogno di un maggior numero di giorni di lavoro. La riduzione, auspicava il presule, intendeva favorire la partecipazione alla messa nei dì festivi, cui legare il catechismo, la preghiera e le opere di misericordia. Il 6 gennaio 1799 la municipalità di Pinerolo scrisse al vescovo invitandolo a inviare una circolare ai Parroci e al Clero Secolare e Regolare per spiegare al popolo i benefici del nuovo regime. Monsignor Grimaldi indirizzò al clero una lettera perché s’illustrassero a tutti le voci «libertà, virtù, eguaglianza». La lettera, datata 15 gennaio, si chiudeva con l’invito ad abbassare la tariffa per le Messe, tornando al tempo antico, stante una profonda crisi economica.

Nel febbraio del 1799 si deliberava l’unione del Piemonte alla Francia e il successivo 26 maggio la regione passava sotto il controllo dell’armata austrorussa; il Re di Sardegna ritornava sul suo trono e si ripristinava la situazione precedente il 1798. Le truppe austro-russe, dopo aver cacciato i francesi dalla Lombardia ed essere penetrate in Piemonte, inseguendo i francesi in rotta, entrarono in Pinerolo il 5 giugno. A Perosa nell’agosto del 1799 una turba di banditi e facinorosi saccheggiò la chiesa parrocchiale; tale plebaglia rinvenne una statua della Madonna e la trascinò per le strade sino a bruciarla nel sito detto “Peschiera”; sempre a Perosa si saccheggiarono anche gli archivi del comune, bruciando o disperdendo i documenti. Il prevosto, Giovanni Maria Plochiù fu costretto a saltare attorno all’albero della libertà; in seguito ricercato a morte, si allontanò per alcuni mesi. Un secondo prete, che aveva apertamente appoggiato il governo provvisorio, si trovò in difficoltà coll’occupazione austro/russa: si tratta di don Giacomo Lacourt. Costui, nel 1799, era vicario al Gran Dubbione allorché fu proscritto per idee politiche. Deve la sua liberazione a Samuele Peyran vice moderatore dei valdesi. Un terzo prete, il canonico Ignazio Mayneri, fu imprigionato per essere confinato in Francia. Per il resto preti e frati sotto il governo repubblicano non subirono in genere molestie. Quando l’1 settembre giunse notizia che i francesi si erano riorganizzati e dal forte di Fenestrelle si preparavano a scendere sulla città, che sarebbe stata riconquistata il 3 settembre, cittadini e religiosi, timorosi di rappresaglie, e il vescovo stesso fuggirono. Le Visitandine lasciarono il loro monastero; dirette a Torino incontrarono a Riva monsignor Grimaldi in viaggio verso la casa paterna a Moncalieri. Poiché era assente dalla diocesi anche il vicario generale, il Capitolo della Cattedrale, per non perdere la giurisdizione spirituale, conferì l’autorità ecclesiastica al “cittadino” can. Bianchis. L’11 settembre il vescovo approvò detta elezione. Il 23 settembre Pinerolo fu rioccupata dagli austro-russi; il 31 dicembre il vescovo era ancora assente dalla diocesi e si trovava a Vercelli.

Giorgio Grietti

 

 

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