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Cultura  

La Croce: un giornale a difesa della cultura della vita

La Croce: un giornale a difesa della cultura della vita

2 febbraio 2015

Intervista a Mario Adinolfi, fondatore e direttore del nuovo quotidiano in edicola dal 13 gennaio

Dal 13 gennaio, con l’uscita in edicola de “La Croce” le celebri parole hegeliane («la lettura del giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno») assumono un nuovo e pregnante significato. Il quotidiano (1,50 euro – cinque numeri settimanali: dal martedì al sabato) fondato e diretto da Mario Adinolfi, infatti, a noi che della (post)modernità rischiamo di essere prigionieri, si propone di dare ragionevoli argomenti «contro i falsi miti del progresso». Reduce dal successo del pamphlet “Voglio la mamma”, intorno al quali sono nati gli omonimi circoli di cui il giornale è voce ufficiale, l’ex-parlamentare del PD tenta la difficile sfida, finora con risultati di tutto rispetto, di dar vita e spazio a un quotidiano cartaceo. Per conoscere meglio le ragioni di questa nuova creatura editoriale, abbiamo sentito il suo direttore.
Partiamo dalla testata, perché “La Croce”?
La Croce non è un’immagine confessionale, tutt’altro: è un segno di liberazione della schiavitù. Ci accusano di essere medievali, bigotti e retrogradi ma non ricordano che c’è stato un tempo in cui le persone erano cose, si vendevano al mercato degli schiavi, potevano morire per un pollice girato di un imperatore, se nascevano con qualche malanno venivano gettate giù di una rupe. C’è stato un tempo: oltre duemila anni fa. I retrogradi sono quelli che vogliono riportarci a quel tempo, il tempo della schiavitù, da cui un Segno ci ha liberati. Ci ha liberati tutti, credenti e non credenti. Quel Segno è ancora oggi scandaloso, duemila anni dopo, nel pieno di una contemporaneità a tratti delirante che spaccia il falso per vero. Noi non avremo paura di dare scandalo con il nostro quotidiano. Non ci vergogneremo della Croce e di dirci cristiani, pur con i nostri infiniti limiti. Diceva papa Benedetto che la Croce è lo specchio dell’umanità per tutti, credenti e non credenti. Io credo fortemente in queste sue parole. Quando incontro quelli che la pensano all’opposto rispetto a me, quelli che mi considerano un pericolo pubblico a cui dovrebbe essere vietato d’andare in giro e parlare, quando incontro una coppia gay che mi annuncia tronfia che vuole comprarsi un figlio, negargli la madre e utilizzare il corpo della donna solo come utero da affittare, io so che siamo allo specchio: perché quello non è un annuncio di gioia. Quello è un annuncio fatto col dolore in fondo agli occhi che si specchia nel mio dolore mentre quell’annuncio senza senso ricevo. La Croce è lo specchio dell’umanità. Quanto ha ragione papa Benedetto!
Come riassumeresti la linea del quotidiano?
Siamo un giornale prolife, per dirla all’italiana a difesa della cultura della vita, al fianco dei soggetti più deboli a cui vogliamo garantire più diritti, partendo dai diritti dei bambini. Siamo contro i falsi miti di progresso, contro l’avanzata di una visione antropologica che trasforma le persone in cose, contro quella che papa Francesco chiama “la cultura dello scarto”. Vogliamo essere al fianco della famiglia, delle mamme e dei papà che con tanta fatica allevano i loro figli in questo tempo di crisi. Attenti a quelli che alcuni chiamano temi etici e noi preferiamo definire temi essenziali perché attorno alla nascita, all’amore e alla morte ruota l’esistenza di una persona. Non li chiamiamo temi etici perché non siamo moralisti. Siamo un gruppo eterogeneo che oscilla tra la gente da trivio e i quasi santi, ma nessuno di noi vuol fare la predica a nessuno. Non siamo atei, quello no: siamo cristiani. E ci facciamo il segno della Croce e siamo ispirati dalla Persona che su quella croce è appesa.
Il pensiero mainstream pare non amare queste posizioni, basta vedere il can can mediatico sollevato per il convegno milanese sulla famiglia.
Vero, hanno provato a chiuderci la bocca per settimane, inventando bugie e illazioni; certo “giornalismo” non si è arreso anche di fronte all’evidenza di tre sale piene e della coda di gente fuori. Noi, con il giusto mix tra umiltà e orgoglio, continueremo a difendere le nostre idee, che non vogliono giudicare alcuna persona, verso cui avremo sempre il rispetto e il sorriso, ma piuttosto svegliarci dal sonno in cui i falsi miti di progresso vogliono portare tutti noi. Ci interessa, attraverso il giornale come in quel convegno, riflettere, dialogare e testimoniare la nostra cura verso ogni persona debole e dimenticata. C’è una citazione di Chesterton che ci è molto cara e vorrei riproporre, perché dice bene la sfida che abbiamo di fronte: «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto. S’avvicina il tempo in cui una vita normale, una vita da onest’uomo, richiederà sforzi da eroe». Siamo disposti a pagare il prezzo necessario, consapevoli che con noi c’è un popolo, mentre quanti ci contrastano sono un club.

Quanti vogliono essere a sostegno di questo popolo possono abbonarsi a “La Croce” (che consente di ricevere il pdf del quotidiano alla propria casella mail alla mezzanotte) oppure acquistarlo in edicola. Per maggiori informazioni: www.lacrocequotidiano.it

Marco Margrita

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