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Cultura  

Il palazzo del vescovado dal 1500 ad oggi

Il palazzo del vescovado dal 1500 ad oggi

Nell’ultimo numero del Bollettino della Società Storica Pinerolese, presentato lo scorso 13 dicembre, è contenuto il saggio “Cronistoria del palazzo vescovile già del governatore di Pinerolo”, che ripercorre il divenire delle fasi architettoniche caratterizzanti l’attuale sede diocesana, situata nel cuore del centro storico della nostra città. Scritto da Marco Calliero, esso colma il vuoto descrittivo pressoché totale fino ad ora patito dall’importante edificio. Poche infatti, e slegate fra loro, sono le notizie riportate sui libri di storia locale, e che quindi non consentivano di farsi un’idea compiuta e organica su di esso.
La trattazione si mantiene costantemente su binari di estrema essenzialità, limitandosi a raccontare la storia delle pietre, quindi evitando di soffermarsi su problemi istituzionali, su personalità i cui destini hanno portato ad abitarlo e frequentarlo, e su descrizioni artistiche e stilistiche. Quando si accenna a qualcuno di questi punti, ciò è fatto funzionalmente alla scelta descrittiva intrapresa, senza alcuna pretesa che peraltro non sarebbe stata supportata dalla necessaria competenza. Diciamo che il saggio potrà essere un ottimo spunto per tutti coloro che vorranno sviluppare quelle ed altre tematiche.
Dunque si sa che nell’area dell’attuale palazzo vescovile di Pinerolo durante il basso Medioevo esistevano alcune cellule edilizie private contigue ma indipendenti tra loro. Verso la metà del Cinquecento i francesi subentrati al Savoia accorparono le piccole costruzioni ottenendo un palazzo da usare come abitazione del governatore della città. E già questo palazzo aveva le forme di quello attuale, come alcuni disegni in pianta dell’abitato risalenti al Seicento mostrano. Testimonianza della presenza dei governatori francesi durante questo secolo è fornita da alcuni stemmi murati nelle pareti delle camere, e attribuibili ad uno di loro, il signor Antoine de Brouilly marchese d’Herleville, al comando della città fra il 1667 e il 1696.

La nascita della diocesi
Una volta partiti i francesi, e con l’istituzione della diocesi di Pinerolo avvenuta nel 1748, il palazzo del governatore fu ceduto dal re Carlo Emanuele III al municipio di Pinerolo ad uso dell’Episcopio e del Seminario. Due anni più tardi la città cedeva il complesso intero al vescovo.
In occasione dell’arrivo in Pinerolo del primo vescovo l’edificio veniva ristrutturato, includendo anche alcune case contigue. Già allora esso era organizzato, così come oggi, in modo da concentrare sul braccio di via Vescovado gli appartamenti del vescovo e gli uffici della curia, mentre sul braccio di via del Pino alcuni locali ad uso di associazioni, compagnie e attività di tipo pubblico.
Invece l’iniziale ipotesi di usarlo anche come Seminario venne presto accantonata, e infatti nel 1753 esso era individuato in un palazzo di via Sommeiller, e là si installava.
Nel 1755 il vescovo di Pinerolo manifestò la volontà di edificare una nuova manica dell’episcopio, andando a occupare la parte del sedime del suo giardino, che fino ad allora confinava con via del Pino. Ebbe così origine il fabbricato che oggi ospita il Museo diocesano e la sala conferenze.
Dopo la parentesi di accorpamento della diocesi di Pinerolo a quella di Saluzzo, nel 1817 Pinerolo riottenne la sua sede vescovile, dando inizio a ristrutturazioni e consolidamenti. Fu così che nel 1833 la parte angolare del palazzo, irrimediabilmente fatiscente, venne demolita senza poi essere ricostruita, e infatti ancora oggi al suo posto c’è un ampio cortile, lo stesso che più o meno durante tutto il Novecento era occupato da una tettoia, utilizzata dal “buscatè” (il legnaiolo), e che ancora molti ricordano.
Dal 1849 per circa un secolo alcuni locali al pianterreno dell’edificio principale venivano utilizzati dalla “Tipografia vescovile”, talvolta chiamata “Tipografia Chiantore-Mascarelli”, nella quale si stampava anche il settimanale Eco del Chisone, e alle cui vicende si intrecciano quelle della casa editrice Alzani e della libreria Tajo. Dopo il trasferimento della tipografia nei nuovi quartieri della città per un quarantennio questi locali, lasciati liberi, sarebbero stati dati in affitto a privati a uso abitativo e artigianale.

Il novecento
Tra il 1906 e il 1910 si realizzava la sistemazione del braccio a levante del palazzo del vescovado di Pinerolo, con progetto dell’ingegner Cambiano, per installarvi un teatro pubblico al piano terreno e una cappella a uso pubblico e di compagnie laicali a quello superiore. Nel 1937 la previsione di altri lavori indusse a produrre un rilievo completo del palazzo, elaborato che oggi rappresenta la restituzione fedele dell’utilizzo di ogni suo locale.
Tra gli anni Cinquanta e Ottanta del secolo scorso veniva radicalmente rifatto il tetto dell’edificio, così come la tettoia sovra citata, e un adeguamento di tutto il braccio orientale, per intenderci quello affacciato su via del Pino, dove ci sono il salone allora a uso del teatro/cinema, e i locali concessi alle associazioni cattoliche e agli uffici pastorali della diocesi di Pinerolo. Analogamente la cappella pubblica diventava una palestra gestita dall’associazione Libertas Arte Sport, e le attività qui svolte sarebbero proseguite fino alla fine del secolo.
Durante l’ultima decade del secolo e del millennio altri consistenti lavori trasformavano i locali già occupati dalla tipografia Giuseppini, a uso dell’Archivio diocesano di Pinerolo; i locali dell’ex cinema diventavano la sede del Museo diocesano di Pinerolo; infine la palestra già cappella pubblica veniva convertita nell’attuale sala conferenze denominata “Pacem in terris”.
Piace ricordare che tra il 1999 e il 2000, durante lavori di restauro al primo piano dell’edificio principale, nel salone di rappresentanza degli appartamenti vescovili furono rinvenuti e restaurati il soffitto cassettonato dipinto e un fregio che corre tutto attorno alla sala. Quest’ultimo si compone degli stemmi di ciascun abate di Santa Maria, e dei primi vescovi di Pinerolo. Durante i medesimi lavori si restaurò pure la cappella vescovile privata, attigua al detto salone.
Diciamo infine che l’intera trattazione qui riassunta è costantemente supportata da note sull’apparato documentario utilizzato ed elaborazioni grafiche illustranti in pianta ciascuna delle fasi costruttive del palazzo.

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