6 Ottobre 2014
Il catechismo del Gambarini, missionario nelle valli Chisone e Germanasca
6 ottobre 2014
La pinerolese Chiara Povero ha curato l’ edizione critica di una poderosa opera del XVII secolo
L’edizione commentata di questo Catechismo, pubblicato nel 1601 a Torino e commissionato al frate cappuccino Maurizio Gambarini (1555-1613) dall’arcivescovo di Torino Carlo Broglia e dal duca di Savoia Carlo Emanuele I, desidera essere un contributo alla storia religiosa e sociale di un’area di frontiera come fu quella del Piemonte occidentale nel XVII secolo. Il titolo dell’opera chiarisce lo scopo e la natura polemica del testo, che non si presenta soltanto come uno strumento di catechesi per i cattolici, ma anche come un’opera controversistica composta per contrastare la diffusione dei catechismi riformati.
Il libro di 650 pagine, conservato alla Biblioteca del Monte dei Cappuccini di Torino, rimase a lungo il testo di catechesi per l’area del Piemonte occidentale percorsa dai missionari cappuccini. In questi spazi si era intensificata la presenza riformata nel corso delle campagne militari occorse nel XVI secolo e le montagne erano divenute un rifugio perfetto per i perseguitati “religionis causa”. Questa migrazione preoccupava non solo la Curia pontificia, che riteneva le valli alpine confinanti con la Francia e la Svizzera la “Porta d’Italia” attraverso cui l’eresia avrebbe potuto diffondersi al resto della penisola, ma anche il duca sabaudo Carlo Emanuele I, interessato alla riconquista dei territori piemontesi ancora in mano francese. Nel suo piccolo il Piemonte riflette molto bene la storia delle divisioni e delle lotte religiose che insanguinarono in quei secoli l’Europa.
Per arginare il proselitismo dei riformati (valdesi, ugonotti francesi e calvinisti) Chiesa e Stato agirono di concerto, individuando nella diffusione di libri che clandestinamente venivano distribuiti dai predicatori della Riforma la ragione del declino della fede cattolica. Alle opere dei riformati le autorità ecclesiastiche opposero catechismi e libri di devozione cattolica, che venivano distribuiti dai missionari inviati nelle valli sin dalla metà del Cinquecento. I catechismi erano considerati lo strumento principe per la riconquista dei fedeli. Per questa ragione Maurizio Gambarini compose un testo dedicandolo ad un pubblico di esperti lettori, capaci di comprendere i numerosissimi riferimenti alle Sacre Scritture, ai dettami conciliari, alle opere dei Padri della Chiesa e soprattutto ai testi dei dottori della Riforma, Calvino in primis.
L’opera si compone di cinque parti: dopo un preambolo che spiega quale sia il fine della vita cristiana, seguono tre capitoli dedicati alla fede, alla speranza e alla carità e un ultimo che illustra l’obbedienza, ritenuta fondamento essenziale tanto dell’ordine religioso quanto di quello sociale. Un’appendice, dal titolo “Modo fruttuosamente da esercitarsi et occuparsi nelli spirituali essercitij del Divino Culto et Religione Christiana”, contiene una sorta di vademecum finalizzato ad insegnare le pratiche quotidiane a cui ogni buon credente era tenuto. In un contesto dove era fondamentale dimostrare anche esteriormente la propria appartenenza alla Chiesa cattolica, era importante seguire istruzioni che prescrivevano la comunione e la confessione frequente, l’assiduità nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti, il culto delle immagini, la venerazione di Cristo, della Vergine e dei santi, temi di scottante controversia con il mondo riformato.
L’edizione critica del Catechismo è stata corredata dall’autrice di un apparato di note che intervengono a chiarire alcuni passaggi e le citazioni delle fonti usate dal Gambarini. Inoltre un’introduzione storica consente di comprendere la complessità del contesto politico-culturale in cui l’opera fu composta; si ripercorre la vita dell’autore, che fu docente di teologia e missionario dapprima nelle valli Chisone e Germanasca e successivamente nei villaggi intorno a Ginevra, e si evidenziano analogie e differenze con testi di catechesi coevi di parte cattolica (il Catechismus ad parochos voluto dal Concilio tridentino, i catechismi di Pietro Canisio e di Roberto Bellarmino) e riformata (le opere di catechesi di Lutero e di Calvino), a giustificare la finalità polemica dell’opera, quale arma di riconquista delle popolazioni alla fede cattolica. Infine, si presenta un panorama della storia catechetica dell’area pinerolese e piemontese in generale, lanciando uno sguardo anche al secolo XVIII, in cui gli ordinari diocesani intervennero, con la pubblicazione dei propri catechismi, a mettere ordine nella molteplicità di opere ancora in uso.
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