Note storiche sull’operato della Compagnia di Gesù a Pinerolo e in Val Chisone nel Cinquecento Nel secolo XVII i gesuiti ebbero una presenza significativa sia a Pinerolo che nella Val Pragelato. Il duca Emanuele Filiberto (1528-1580) nel compiere la riorganizzazione del proprio Stato Sabaudo affrontò anche il problema religioso, poiché il valdismo si era diffuso ampiamente nelle valli Chisone, Germanasca e Pellice. Nel 1517 l’arcivescovo Claudio di Seyssel, che reggeva la diocesi di Torino dalla quale dipendevano queste valli, visitandole, constatò una alta presenza dei Riformati e parroci non zelanti e spesso assenti, incapaci a reggere il confronto. Dopo alcuni editti a sostegno dei cattolici e aver organizzato una durissima spedizione militare, il duca, pur vittorioso, dovette scendere a trattative non riuscendo a tener testa alla guerriglie dei valdesi. Il 5 giugno 1561 a Cavour venne firmato un accordo di pace. Roma non era favorevole, ma il duca spiegò molto realisticamente che, considerata la situazione europea del momento, non si poteva chiedere a lui di fare ciò che non riuscivano a fare la Francia e l’Impero. Nel 1560 il duca aveva incaricato il gesuita Possevino di predisporre un piano per la riconquista cattolica della Val Pragelato e per affrontare le questioni teologiche discusse con i riformati. La Corte torinese dapprima e poi la stessa Curia Romana stavano rendendosi conto che i metodi coercitivi e violenti non erano più impiegabili nelle valli dove ormai la presenza dei valdesi era maggioritaria. Occorreva una politica della persuasione attraverso l’invio di valenti predicatori, capaci di riportare gli “eretici” alla fede cattolica. A tale scopo la Compagnia di Gesù sembrò la più idonea per la preparazione che i padri avevano, per la disciplina e il rigore di vita che conducevano e per lo spirito missionario che li caratterizzava.
I gesuiti a Pinerolo
Nel 1620 il Consiglio dei Cento della Città di Pinerolo trattò l’apertura di una “residenza” dei gesuiti, perché provvedessero alle scuole, attendessero ai divini uffici ed alla predicazione, soprattutto degli esercizi spirituali al clero, ai laici e si impegnassero nelle missioni al popolo. Il 2 marzo 1622 Carlo Emanuele I concesse il suo beneplacito. I primi gesuiti provenivano dalla provincia di Milano. Durante l’occupazione francese, Richelieu sostituirà i religiosi piemontesi con i francesi provenienti da Lione per “francesizzare” il territorio e contrastare l’azione dei valdesi nella Val Pragelato. La “residenza” ebbe sede dapprima in via Sommeiller, poi in una casa del Comune in via Principi d’Acaja, poi nella casa Bocchiardo dei conti Benevello ed infine dal 1680 al 1723 nel grandioso edificio annesso alla chiesa di San Giuseppe, elevato alla dignità di collegio reale nel 1684 da Luigi XIV. Nel 1728 verrà costruita dai gesuiti a Monte Oliveto una grande villa. Nel 1696 Vittorio Amedeo II, non appena rientrato in possesso di Pinerolo, sostituirà nuovamente i religiosi francesi con quelli piemontesi, suoi sudditi e, riconquistata l’Alta Val Chisone nel 1713, lasciò i padri francesi, perché savoiardi. Soppressi i gesuiti nel 1773, l’edificio del Collegio Reale fu destinato a Ospizio di Carità e la villa di Monte Oliveto fu utilizzata dapprima dai certosini e poi acquistata dai salesiani per il loro noviziato.
I gesuiti a Fenestrelle
Nel 1656, per intervento del Re di Francia e con le lettere patenti del Parlamento di Grenoble del 27 giugno 1659, venne anche aperta una “residenza” dei gesuiti a Fenestrelle. Essa sostituiva la missione stabile tenuta dai cappuccini dal 1625 al 1630, interrotta dalla peste e poco gradita a Luigi XIII il quale preferiva gesuiti francesi, perché sostenuti dalla Compagnia del SS. Sacramento e dalla Società di Propagazione della Fede di Grenoble. Giunsero così a Fenestrelle da Embrun quattro gesuiti i quali, oltre la missione itinerante, si dedicarono alla educazione cattolica dei giovani, a visitare gli ammalati e i carcerati; a preparare il clero destinato all’alta valle, a moralizzare i costumi molto decadenti. I gesuiti dissodarono il terreno incolto attorno al loro convento, costruirono una chiesa e nei paesi aprirono scuole per combattere l’analfabetismo. Queste scuole, nate nel 1665, rimarranno aperte sino al 1773, anno nel quale l’ordine venne soppresso. Nel 1675, con l’arrivo di un nuovo gesuita, venne aperto a Fenestrelle un collegio per la istruzione della gioventù del luogo, dove veniva insegnato il latino e il francese.
Le missioni
L’apostolato missionario caratterizzava ogni “residenza” e le “missioni” al popolo erano al centro del loro ministero. “Missioni”, quindi, non solo nei popoli “pagani” per diffondere il cristianesimo, ma anche nei paesi cattolici per risvegliare la fede, combattere le superstizioni, sostenere il clero locale, riformare moralmente i costumi. Le valli pinerolesi erano per i giovani gesuiti “le loro Indie” da evangelizzare. I paesi erano state troppo abbandonate, erano terre di nessuno, dove la fede si riduceva a pratiche religiose che si tramandavano da una generazione all’altra. Di predicazione o catechesi non vi era alcuna traccia. Essi esercitarono anche il ruolo di pacieri all’interno delle comunità tra famiglie, fazioni politiche, poteri laici ed ecclesiastici e tra parroci e popolazione locale. I missionari, per entrare in rapporto diretto con la popolazione, adottarono la lingua volgare nei canti religiosi, nelle prediche e nei catechismi. Distribuivano immagini le quali, come reliquie, erano considerate mezzi idonei a favorire le devozioni. Nel 1734 il conte Ludovico Piccon della Perosa stabilirà un fondo a favore della Compagnia di Gesù a Pinerolo per sostenere le “missioni” nelle Valli di Perosa, San Martino, Luserna, Oulx e Pragelato dove nel 1661 due gesuiti presero dimora stabile.
Il metodo
Le missioni dei gesuiti facevano ricorso a cerimonie esteriori molto preparate: processioni eucaristiche, liturgie penitenziali, scene teatrali religiose, uso di stendardi, canti in latino e in lingua francese. Compiuta la missione, spesso avveniva la fondazione di una confraternita per sostenere la venerazione alla Vergine Maria, il culto del Corpus Domini, le quaranta ore di adorazione del Santissimo Sacramento. Molto importanti furono le “controversie” o “dispute” che attiravano molto pubblico interessato spesso a veder gareggiare un prete ed un pastore nell’eloquenza, nella dottrina, nella polemica. I bambini venivano radunati per il catechismo e premiati i migliori. Il teatro e i giochi erano momenti per attrarli. Nei villaggi dove si recavano, i gesuiti erano sempre in due: si dividevano il lavoro alternandosi nella predicazione del Vangelo, nelle lezioni di dottrina cristiana, nelle confessioni, soggiornando sempre almeno una settimana. Le disposizioni che avevano ricevute erano di non restare mai oziosi, di evitare i pettegolezzi di paese, di esortare tutti ad andare alla messa, di ammonire con carità e prudenza e privatamente coloro che erano indifferenti o pubblici peccatori. Il denaro ricevuto doveva essere consegnato al superiore con un preciso rendiconto delle spese. La scuola era per i gesuiti di grande importanza e terreno sul quale si battevano le due fedi religiose per conquistare nuovi adepti. Nei collegi di Pinerolo e di Fenestrelle gli allievi non provenivano solamente dalla borghesia e dalla nobiltà, ma interessavano anche le classi sociali più umili. L’istruzione doveva essere uno strumento di promozione sociale. I gesuiti si preoccuparono anche della formazione del clero. Nel piccolo seminario aperto a Fenestrelle l’intento era di avviare al ministero sacerdotale dei giovani della valle migliorando la preparazione del clero locale. Questo seminario, come quello di Pinerolo, voluto da Luigi XIV ed attivo dal 1684 al 1696, ebbe la funzione di catalizzatore per i giovani meritevoli della valle, anche se non tutti giunsero ad sacerdozio.
I poveri
L’assistenza ai poveri rappresentava un altro versante dell’apostolato missionario dei gesuiti. Essi pensavano di fondare “hospitia charitatis” soprattutto nell’Alta Valle, onde dare vita a istituzioni stabili per soccorrere gli indigenti. La povertà era così diffusa che si vedevano bambini costretti a mendicare passando da un villaggio all’altro per trovare un po’ di pane e spesso morivano di freddo. I giovani avevano di fronte nessuna prospettiva per il loro futuro, i vecchi morivano in solitudine e miseria. Per questo a Fenestrelle, per interessamento del parroco di La Ruà, nascerà uno di questi ospizi e poi la Congregazione di carità. I missionari ottennero buoni risultati, tanto che si parla di 600/700 ritorni in valle al cattolicesimo, anche se i consoli e i ministri protestanti fecero di tutto per impedirli ed ostacolarli. La missione dei gesuiti a Fenestrelle, sostenuta sia dai re di Francia che da Casa Savoia, nata nel 1659, durerà sino al 1773, quando il debole papa Clemente XIV, sotto la pressione di vari governi anticlericali presenti nell’area più diffusa del cattolicesimo, cedette alla loro richiesta e soppresse la Compagnia di Gesù e i padri si dispersero. Molti di essi si rifugiarono nelle terre di due “despoti” illuminati: Federico II di Prussia, luterano, e Caterina II di Russia, ortodossa, altri divennero preti secolari. Sarà papa Pio VII nel 1814 a ricostituire la Compagnia di Gesù che conoscerà subito una meravigliosa fioritura.
Aurelio Bernardi