12 Marzo 2018
Gillo Dorfles e la contemporaneità dell’Estetica

Nella sua longevissima vita (107 anni), di cui un ottantennio passato ad occuparsi delle tendenze artistiche – moderne e soprattutto contemporanee – e delle problematiche attuali dell’Estetica, il critico triestino (che è stato però anche artista plastico: pittore, incisore, e ceramista) Angelo Dorfles (comunemente chiamato con il diminutivo Gillo) nel suo lungo percorso di studioso ha anche ritrovato, ed esposto, alcuni aspetti particolari della artisticità e dell’estetismo, perfino insoliti e mai prima descritti o accettati. Aspetti che sarebbero diventati poi solidi elementi di certificazione e comprensione delle varianti più impensabili e anche stravaganti della cultura odierna.
La variegata opera dorflesiana
Tra le sue iniziative più importanti, si deve ricordare la fondazione (insieme con Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Giovanni Monnet, e Bruno Munari) del Movimento per l’Arte Concreta (MAC) nel 1948, una sorta di prosecuzione dell’Astrattismo avanguardistico di matrice non soltanto rigorosamente geometrica, ma anche fantasiosa ed eterogenea. Tuttavia la sua attività di maggiore considerazione ed interesse è stato il contributo allo sviluppo dell’estetica italiana del secondo dopoguerra mondiale tramite i testi scritti (libri, saggi, e articoli). Il suo esordio editoriale importante avviene nel 1952 con il Discorso Tecnico delle Arti (una sorta di revisione critica della aleatorietà espressiva), cui seguirono Il divenire delle arti (un’identificazione tipica dei mutamenti epocali dell’artisticità in atto) e quindi – nel 1965 – Nuovi Riti, Nuovi Miti (una ricerca sulle modalità ideativo-propositive delle concezioni artistiche nella storia a confronto con gli aspetti dell’attualità e del futuro).
Oltre a diverse monografie su artisti diversi, passati e recenti, Gillo si è rivolto anche alla critica dell’architettura contemporanea in particolare con tre opere essenziali: Barocco nell’Architettura Moderna (stampato nel 1951), L’Architettura Moderna. Le Origini della Architettura Contemporanea (uscito del 1954) e Architetture Ambigue. Dal Neobarocco al Postmoderno (pubblicato nel 1984).
Ma decisamente importante, per lo sviluppo epocale della svolta cruciale, socio-culturale e ideologica, del Sessantotto – e del periodo successivo della piena post-modernità -, è stato il suo apporto interpretativo, nella consueta critica d’arte del suo periodo, per così chiamarlo inconsueto e originale, con l’individuazione di una nuova estetica della fenomenologia dopo-moderna, riferita soprattutto all’aspetto (ed agli effetti) del cosiddetto Cattivo Gusto (o gergalmente Kitsch). Cattivo Gusto conseguente alla trasformazione dei valori convenzionali (e ufficialmente attestati) nella produzione artistica e nella sua definizione estetica, avvenuta in sèguito all’avvento prepotente dei condizionamenti super-individuali dei sistemi di comunicazione di massa, ed alla diffusione comune delle concezioni della banalità e della quotidianità espressiva.
E su tali argomenti, 4 sono stati i testi sostanziali che hanno dato grande riconoscimento all’estro critico di Dorfles nel decennio tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, e dai quali sono provenuti – perfino indirettamente – gli impulsi di maggiore influenza anche per le nuove generazioni, ribelli e del cambiamento globale, proposte o provenienti dalle istanze innovative sessantottesche: si tratta di Le Oscillazioni del Gusto e l’Arte Moderna del 1958 (che introduce il senso della malleabilità nei modi di concepire l’esteticità del Novecento), Ultime Tendenze nell’Arte d’Oggi del 1961 (un’analisi circostanziata delle novità essenziali ed efficaci nella artisticità mondiale), il già citato Nuovi Riti, Nuovi Miti del 1965, e quindi l’originale Kitsch. Antologia del Cattivo Gusto uscito proprio nel 1968 (una indagine circostanziata sui mutamenti estetici nell’epoca della evoluzione post-ricostruttiva, e delle sue de-formate aspirazioni).
Nel 2008 poi, Gillo Dorfles aumenta aggiornativamente la sua dose di criticismo nei confronti delle devianze estetiche più recenti, nel libro Horror Pleni. La (in)civiltà del rumore, che depreca l’ormai invalsa cattiva abitudine di non lasciare spazi e stasi alle riflessioni del pensiero autonomo, tenuto invece continuamente occupato da qualcosa di incombente ed estraneo, anche disturbante e dannoso allo sviluppo critico della cultura attenta ed impegnata.
Il mio ricordo recente di lui
E per finire nella sua memoria con alcuni aspetti particolari che (essendo soggettivi) non si ritrovano nei soliti commentari biografici stampati o telematici, voglio concludere sul maestro e amico Gillo Dorfles con un ricordo personale di quanto l’ho considerato importante e di come – recentemente – abbiamo collaborato, e ho spartito con lui concetti e idee: su arte, estetica, e ricerca iconologico-iconografica.
Nel 2000 sono stato da lui richiesto per utilizzare, nelle figure del suo testo sulle Arti Visive (volume del Novecento. Protagonisti e Movimenti; speciale libro per le Scuole Medie, realizzato con Angela Vettese, stampato quell’anno – e dopo – dalla Editrice Atlas di Bergamo) più di un’ottantina di mie fotografie che avevo pubblicate nel mio volume sulla Architettura Contemporanea dal 1943 agli Anni Novanta, edito nel 1995 dalla Jaca Book di Milano, per debitamente illustrare tematiche concettuali e schede didascaliche con appropriate raffigurazioni mirate.
E pochi anni fa, nel 2014, al festeggiamento dei suoi 80 anni di attività culturale in una cena conviviale effettuata a casa di comuni amici milanesi, durante il brindisi nel quale abbiamo assaggiato anche il Serpoul piemontese, omaggiatogli da mia moglie Mirella Loik e me, e che Gillo non conosceva; e di cui però ha voluto poi conservarsi la parte non consumata, per finirla nelle proprie personali serate rilassanti sulla poltrona di casa!
Corrado Gavinelli
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