5 Febbraio 2014
Con Belle e Sébastien i Pirenei traslocano in Maurienne

Tenera storia di un grande amore tra un cane e un bambino. Una miscellanea sempre vincente. Il film di Nicolas Vanier: “Belle e Sébastien”, storia già portata sugli schermi da almeno cinquant’anni, nella versione attuale è patrocinata dall’organizzazione internazionale per la difesa degli animali (OIPA). In Italia il relativo cartone animato fu trasmesso solo dal 1981, ma già nel 1965 in Francia circolava una serie televisiva ispirata alle novelle di Cécile Aubry. Nella storia attuale il cane “Belle” è un cane da montagna dei Pirenei, conosciuto anche con il nome tradizionale di “Patou”, che è la razza canina appartenente al gruppo dei cani da montagna che svolge tradizionalmente il compito di guardiano del gregge sul versante francese dei Pirenei. Il piccolo “Sébastien” è ben interpretato da Félix Bousset, di sette anni e mezzo che con questo film ha avuto un ottimo esordio. Film adatto a grandi e piccini. Per interpretare “Belle” il regista Nicolas Vanier si è avvalso di tre esemplari simili per non stancare troppo la “Belle” protagonista. La trama del film portato sul grande schermo da fine gennaio 2014, si svolge durante la seconda guerra mondiale, in un villaggio alpino dove il piccolo Sébastien ha sette anni, non va a scuola e trascorre il suo tempo al pascolo con un pastore che gli fa un po’ da nonno. Un giorno incontra un cane, che tutti chiamano “bestia”, si scatena così una caccia impari nei confronti della “cucciolona” ritenuta responsabile delle stragi di pecore, ma Sébastien vede dove altri non sanno vedere: la accudisce, la cura quando viene ferita, le diventa amico. E la battezza “Belle”. Da quel momento diventano inseparabili. Uomini armati di fucile, tra cui lo stesso César, che fa da nonno a Sébastien, sembrano non pensare ad altro che a volerla catturare e sopprimere. Ma nel corso della vicenda il cane salverà un gregge e il medico alpinista che aiuta gli ebrei ad oltrepassare la frontiera, s’accorge della bontà del cane, tanto che finalmente il villaggio lo lascia vivere in pace. Nelle scene finali “Belle” salverà persino il comandante dei tedeschi che in realtà non voleva gli eccidi dei fuggiaschi e condurrà in salvo una bambina e i genitori, accompagnati dalla bella Angelina oltre confine. Al ritorno Sébastien scopre l’amara realtà: la madre è morta partorendolo e lo ha affidato alle cure del rude montanaro César; oltre il confine non c’è l’America, dove il nonno adottivo gli aveva detto vivesse sua madre, ma la Svizzera. Però ora Sébastien non è più solo e nella scena finale lo si vede scendere dalla montagna innevata insieme alla sua ormai inseparabile amica a quattro zampe.
Il regista Nicolas Vanier con quest’opera narrativamente forte, si prende molte libertà rispetto al racconto originale ma si riempie anche d’inedite implicazioni con la trasposizione della storia al tempo della seconda guerra mondiale. Il film è stato girato in tre diverse stagioni, nell’alta Maurienne, una valle francese collegata all’Italia dal Colle del Moncenisio. Quindi un film da non perdersi. Unico accorgimento sorvolare sul fatto che chi è alpinista come me si accorgerà di cime conosciute come la Roncia e molte cime della Vanoise. Infatti ho atteso i titoli di coda per avere la certezza che fosse stato girato dove pensavo anche se la trama si svolge in un villaggio dei Pirenei, tra la Spagna e la Francia. È normale nei film usare un luogo invece che un altro per comodità (vedi ad esempio “Cliffhanger” girato in Dolomiti con la trama che riguarda le Montagne rocciose d’America). Però a voler trovare il pelo nell’uovo resta una piccola contraddizione, perché il film spiega chiaramente che i clandestini ebrei vengono fatti valicare in Svizzera, attraverso nomi di passi che in realtà esistono ma non figurano di certo in valichi sui Pirenei che ovviamente non ha sbocchi verso la Svizzera!
Lodovico Marchisio
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