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Cultura  

"Andate in pace. Parroci e parrocchie in Italia", il nuovo libro di Paolo Cozzo

Aprile 2014

 

Paolo Cozzo, ricercatore in Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso l’Università di Torino, ha pubblicato presso la Editrice Carocci di Roma uno studio “sui parroci e le parrocchie in Italia dal Concilio di Trento a papa Francesco”.

In un ampio excursus temporale, Cozzo argomenta la centralità, nella storia italiana, della Chiesa e della parrocchia che, via via, diventa motore della vita nei paesi. La figura del parroco emerge come persona che si integra nel contesto sociale cui è chiamato ad operare, sino a divenire un personaggio che unisce interessi economici, abitudini e stili di vita talvolta non accettabili con il suo essere ministro della Chiesa.

Nel libro l’autore fa notare come i parroci, nel periodo pretridentino, non conoscessero il latino; le formule di amministrazione dei sacramenti erano imparate a memoria e il catechismo era insegnato in modo impreciso. La predicazione era affidata ai religiosi nel tempo quaresimale e non esisteva l’omelia.

Il Concilio di Trento

Sarà il Concilio di Trento (1545 – 1563) a porre rimedio a queste lacune, imponendo la presenza fisica dei parroci nella loro comunità affinché vivessero «con i fedeli e per essi, ma nello stesso tempo lontano da essi».
L’applicazione delle norme emanate a Trento, tuttavia, fu lenta e difficoltosa.

La ricchezza di documentazione che riguarda vari secoli dimostra come queste difficoltà fossero presenti in tutte le regioni italiane seppure con accenti diversi. Cozzo rileva come la preparazione del clero, ancora nel 1600, fosse molto scarsa. Questa lacuna veniva registrata anche dalla visite pastorali, tanto che furono imposti i seminari, i quali però nelle varie diocesi, specie nel Meridione d’Italia, nacquero molto tardi.

Comunque, il parroco era al centro della vita del paese e di ogni persona: la nascita, il battesimo, il matrimonio e la morte dei suoi fedeli erano contrassegnati dalla sua presenza e si iniziò anche a compilare il registro di questi avvenimenti, attraverso i quali veniva anche esercitato un controllo sulla applicazione dei precetti della Chiesa da parte dei fedeli e in particolare sulla partecipazione alla Comunione pasquale.

L’autore definisce questi parroci “gestori del sacro”, anche se molti di essi, soprattutto nel Meridione, disobbedivano continuando a fare un mestiere, specie il contadino o l’artigiano o persino il mediatore di affari, per le poche risorse economiche che possedevano e spesso contravvenivano alle disposizioni disciplinari canoniche. Convivere con una donna e avere figli erano situazioni conosciute e criticate dal popolo, ma di fatto accettate.

In questo contesto emerge comunque e con chiarezza che «poche figure hanno saputo essere come quella del parroco attraverso i secoli punto di riferimento per individui e comunità, guide di coscienze umane e di corpi sociali, protagonisti nella vita spirituale e di quella pubblica di un paese».

Mentre il protestantesimo con Lutero aveva rifiutato la figura del prete come mediatore tra Dio e l’uomo, la Chiesa di Roma dopo il 1600, attraverso la diffusione delle parrocchie sul territorio, ne esalta invece il ruolo di guida spirituale, ponendolo non più in sott’ordine ai religiosi – soprattutto francescani e domenicani – e invitandolo a ritenere inconciliabili il servizio religioso con qualunque mestiere intellettuale o manuale.

Anche l’aspetto esteriore del clero dopo il Tridentino assume un’importanza significativa, perché gli viene imposta la tonsura, l’uso della talare e l’impedimento alla parrucca, con il divieto di partecipare ai giochi d’azzardo e di frequentare le osterie.

La macchina dell’inquisizione interverrà con richiami, ammonizioni, processi e talvolta condanne di preti che vantano di essere taumaturghi e stregoni. La “benedizione” del parroco viene impartita su ogni cosa: sulle semine e sui prodotti, sulle case e sugli animali e sugli utensili oltre che sulle persone e l’acqua benedetta, il sale e l’olio assumono un significato rituale. Prosperano le processioni, le devozioni ai Santi e alla Madonna, visioni e miracoli fanno correre la gente ai santuari e incominciano a nascere sodalizi di laici, in particolare le confraternite dedicate alla Vergine, al Santissimo Sacramento, a vari Santi e più tardi per la Dottrina Cristiana.

Nel 1566, in applicazione degli orientamenti emersi nel Concilio di Trento, San Pio V (Antonio Ghisleri di Boscomarengo) fece pubblicare il “Catechismus ad parrochos”; nel 1568 il “Breviarum romanum” e nel 1570 il “Missale romanum”. Queste scelte compiute appaiono una significativa conferma della volontà di mettere la cura d’anime al centro della riforma cattolica.

La figura del parroco, che da allora incomincia a definirsi “curatore di anime”, assume un ruolo di primo piano rispetto ai religiosi e questa scelta, spesso sostenuta dall’autorità civile, viene valorizzata da eruditi sacerdoti, scrittori e vescovi, i quali fanno emergere personaggi non sempre irreprensibili sul piano sociale e morale ma con spiccata dedizione al lavoro cui hanno dedicato la vita.

Nuovi campi d’azione

Al tramonto di un’era che arriva sino alla fine del ‘700, l’autore segnala, con dovizia di citazioni, parroci che aderiscono alle idee rivoluzionarie democratiche e repubblicane, mentre altri restano tenacemente attaccati al passato, ma con la Restaurazione si aprono nell’800 i nuovi campi d’azione anche per le parrocchie: la sanità, l’istruzione e l’assistenza vedono molti parroci in prima linea nel dar vita ad ospedali, ricoveri per anziani, asili infantili ad enti assistenziali per orfani ed indigenti. In un certo senso questo è per essi il Risorgimento nazionale, la battaglia contro le forme di anticlericalismo presenti nei poteri locali. Preti preparati danno vita a giornali cattolici che si presentano su posizioni conciliari o di rottura con le nuove idee nate dopo la Rivoluzione francese.

Parroci in guerra

L’esperienza tragica della prima guerra mondiale, “l’inutile strage”, come la chiamava Benedetto XV, vedrà i parroci impegnati a tenere la corrispondenza con i militari al fronte, altri a fare i cappellani militari e per l’assenza degli uomini chiamati alle armi necessitati a fornire sostegno alle famiglie in povertà. I parroci, come tutto il clero, sono divisi tra interventisti e oppositori alla guerra. Chiuso il periodo del “non expedit” e l’ “Opera dei Congressi Cattolici” con i suoi annuali incontri con accesi dibattiti di natura sociale, diverranno sostenitori della partecipazione alla vita politica dei cattolici attraverso l’azione di don Luigi Sturzo e del Partito Popolare. Dopo il Concordato del 1929 molti appaiono sostenitori del regime fascista disposti a sostenere le riforme che il regime propone, e tra esse le battaglie per il grano, le bonifiche delle terre, le guerre in Africa per sostenere quella che allora era definita “la civiltà cristiana”. Altri invece furono tiepidi o tenaci oppositori del regime, spesso in contrasto con gli stessi loro vescovi.

La seconda guerra mondiale creerà sconcerto perché molti vescovi presenteranno la guerra come una punizione mandata da Dio contro l’ateismo e la secolarizzazione che stavano invadendo l’Europa, ma i parroci, sempre più legati, spesso per tutta la vita, al medesimo paese, non condividono questa linea e sono accusati di disfattismo dalla polizia. La Resistenza al Nord evidenzierà la «consistente presenza di un clero parrocchiale impegnato nella difesa dei valori inconciliabili con il nazifascismo» e sosterrà quelli che verranno chiamati i “ribelli per amore”, cioè le forze partigiane riunite sulle montagne che operano per la liberazione dell’Italia.

La primavera del Vaticano II

Il dopoguerra vedrà nuove sfide imposte da una società in rapida trasformazione e il clero, se da un lato deve tener conto della forte presenza del comunismo in Italia, fortemente anti clericale, dall’altro sostiene il partito di ispirazione cristiana, non solo perché la libertà religiosa sia salvaguardata, ma anche perché possano continuare a svilupparsi molte opere cattoliche di natura sociale nate in quegli anni.
Papa Roncalli, con il Concilio Vaticano II, dà vita ad una vera propria “primavera della Chiesa”: speranze, illusioni e delusioni fioriscono e le parrocchie ne risentono. Nascono nuovi movimenti ecclesiali, la parrocchia non è più un territorio geografico al quale appartiene chi vi risiede, perché molti fedeli trovano una parrocchia di riferimento più affine alla loro vita spirituale; l’Azione Cattolica che prepara e valorizza i laici ha un forte ridimensionamento. Si manifesta il dissenso cattolico, nascono le comunità di base. Il parroco incomincia a sentirsi solo.

Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, noterà come molti parroci purtroppo «si rassegnano a esercitare il loro ministero verso coloro che frequentano la Chiesa e questo placa il loro zelo». Nel contempo si sviluppano anche iniziative di parroci che lottano contro le mafie, la camorra , la ‛ndràngheta e aprono servizi sociali per le varie forme di emarginazione, riducendo così le barriere fra il sacerdote e la comunità. Non ultimo, molte parrocchie si trovano ad affrontare il problema, non più delle immigrazioni interne verso il nord Italia, ma di quelle straniere dai paesi poveri e oppressi e dalla presenza significativa di preti non italiani ai quali viene affidata la cura delle anime per la forte diminuzione di vocazioni presbiterali.

Si tratta di una visione della presenza del parroco nel paese che apre un tempo nuovo. Messa in discussione la parrocchia tradizionale, si stanno cercando nuove esperienze attraverso “unità pastorali”, forme di collaborazione unitaria, partecipazione più attiva dei laici e lo sviluppo del diaconato. C’è chi corre e alla fine fa tutto e niente, chi rassegnato si chiude in se stesso e spesso riversa sulla popolazione che gli è affidata la sua inerzia. Invece di infondere speranza distribuisce amarezza e pessimismo.

L’interessante volume che percorre la storia dei parroci, ma anche la storia dei paesi e della situazione socio-politica italiana, si conclude con una ricchezza di note e di orientamenti bibliografici, ma è anche arricchito da fotografie tra le quali alcune ritraggono preti o momenti di vita religiosa del clero pinerolese.

Aurelio Bernardi

Paolo Cozzo, Andate in pace. Parroci e parrocchie in Italia dal Concilio di Trento a Papa Francesco – Carocci Editore, Roma, Marzo 2014, € 21

 

Libro cozzo

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