Se è vero che gli animali hanno un ruolo importante nella simbologia del Natale e delle altre feste di fine/inizio anno, le piante non sono da meno, e molte sono le creature vegetali legate a queste festività.
Possiamo cominciare con il classico abete. Nell’ alfabeto arboreo dei Celti esso rappresentava la lettera A e il periodo solstiziale invernale. Durante la festa del solstizio c’era l’ uso di abbellire un abete con decorazioni e tale usanza fu poi trasferita al Natale cristiano. Effettivamente anche nella zona di Torino, la celtica Augusta Taurinorum, è attestata una tradizione antichissima di abeti decorati.
In Europa vi sono molte credenze relative alle origini dell’ albero di Natale: si era detto che il primo sarebbe stato un albero addobbato a Strasburgo nel 1500, mentre altri ne avevano attribuito l’invenzione a Martin Lutero. Nessuna di queste cose è vera, l’ origine è di certo più antica, addirittura precristiana.
Anche in Egitto troviamo una tradizione legata all’abete: sotto un abete era nato il dio di Biblos, una delle tante versioni di Osiride. Del maestoso abete parla la Katha Upanishad indiana che lo considera l’archetipo dell’albero cosmico, mentre per i greci esso era sacro ad Artemide.
Il vischio, pure assai comune nei nostri Natali, è da sempre pianta sacra, lo era specialmente per i Druidi, che tagliavano i suoi rametti con il noto falcetto d’oro. Come si lega il vischio alla nascita? Nei tempi antichi esso veniva regalato alle puerpere, e la stessa dea Artemide era infatti levatrice e protettrice delle nascite mentre nel medio Evo sotto il vischio ci si baciava ed ecco spiegato il legame con l’ amore e il parto. Il vischio non è un vero albero ma una pianta che cresce su altre, per i Druidi era sacro il vischio cresciuto sulla quercia, considerato curativo (anche la medicina moderna ha riconosciuto al vischio una azione antitumorale). Piantina bianca, luminosa, era considerato una irradiazione della luce divina dai pagani e con il cristianesimo passò ad indicare la luce del Verbo. Tuttavia nella mitologia germanica è potenzialmente letale ed è infatti un ramo di vischio a uccidere il dio Balder, trafiggendolo.
Passiamo ora all’ agrifoglio, una delle piante più diffuse nelle decorazioni e nei biglietti natalizi. Nei tempi antichi l’ agrifoglio, sempreverde e dotato di allegre bacche rosse e di lucide foglie, era considerato un potente amuleto e combatteva le energie negative. I romani lo portavano addosso durante le feste dei Saturnali (che si svolgevano a dicembre) come talismano. Anche nel Nord Europa questa pianta combatteva i sortilegi e veniva appesa nelle case e nelle stalle come procacciatrice di felicità. Con l’avvento del cristianesimo è divenuto pianta beneaugurante. Talora fa la sua comparsa anche un’altra pianta dalle bacche rosse, il pungitopo, che simboleggia l’abbondanza.
La rosa di Natale è una bella ranuncolacea dai fiori bianchi e dalle foglie sempreverdi, che simboleggia il dono e l’amore. Secondo una leggenda essa nacque miracolosamente a beneficio di una pastorella povera che voleva regalare qualcosa al Bambino ma non aveva nulla da offrire. Questa pianta simboleggia quindi il dono, la generosità.
La stella di Natale, una euforbiacea color del fuoco, arriva dall’ America Latina, era una pianta offerta dagli Atzechi al loro re. Gli spagnoli la “adottarono” e poi essa emigrò negli Usa divenendo popolare nei paesi occidentali. È una pianta che sembra esprimere calore ed allegria con i suoi petali, vere lingue di fuoco che spiccano tra il fogliame verde.
Finora abbiamo parlato di piante molto note e tipiche del periodo natalizio ma ve ne sono altre non più molto popolari ma un tempo associate a questo periodo.
Una è il ginepro. Considerata nel mondo contadino una pianta scacciadiavoli era di solito bruciata quasi ritualmente durante la notte di Natale, alla mezzanotte del Capodanno e la sera dell’Epifania. Anche per la farmacopea il ginepro era importante essendo un antidoto contro il morso di alcuni serpenti e un rimedio per la gotta e i problemi renali. Oltre che scacciadiavoli è un dispositivo antistreghe: se una strega vede le sue foglioline aguzze, è costretta a contarle, ma poi si sbaglia e deve ricominciare e alla fine si allontana scornata. In qualche zona, per esempio in Emilia Romagna, la popolarità del ginepro come pianta natalizia è stata notevole.
Anche il corbezzolo, citato dal poeta Ovidio come pianta sacra alla dea Carna, una divinità preposta alla protezione della soglia di casa, è decisamente allegro, ha corolle bianche e bacche rosse ed era talvolta usato come pianta natalizia propiziatrice della virtù dell’ ospitalità.
Un’altra pianta dimenticata è l’alloro. Poco diffusa oggi come simbolo natalizio, presso i Romani era legata alle feste decembrine come pianta augurale. Connessa ai poeti, ai profeti come la Pizia e ai trionfatori (militari) era la pianta fortunata per eccellenza, la pianta del successo e della vittoria. Adatta quindi per fare gli auguri ed accompagnare le strenne.
Anche la verbena, come l’ alloro, era “arbor felix”. Consacrata alle divinità femminili, la verbena accompagnava, insieme all’alloro, gli auguri di Capodanno. E i regali, che erano spesso vasi di miele e fichi, per propiziare “un dolce anno” come diceva Ovidio. Erba amatissima anche dagli antichi Germani (secondo una etimologia, la parola stessa Germani significava consumatori di verbena, popolo della verbena) era usata per tisane e farmaci. Pianta quindi eminentemente benigna, favorevole all’ uomo, divenne in certi momenti anche pianta natalizia.
Un cenno merita il melograno, spesso mangiato a Capodanno e portatore di prosperità. Il melograno era assai popolare nella cristianità orientale.
Citiamo infine il biancospino. In alcuni paesi, come l’ Inghilterra, è una pianta natalizia, associata alla Madonna e al Bambino. Secondo altri, essa è invece connessa a san Giuseppe di Arimatea, essendo germogliata dal suo bastone.

Luisa Paglieri

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