Nelle didascalie della Cartolina Commemorativa ufficialmente stampata per l’occasione, viene riferito che “il 15 Agosto 1913” è stata «consacrata la Nuova Chiesa Parrocchiale degli Airali» a Luserna S. Giovanni, dedicata al Sacro Cuore di Gesù.
Una mastodontica costruzione in mattoni e pietra, scolpita e plasmata – nelle parti esteriori di facciata – con spesse decorazioni, in parte geometriche (cruciformi e a figure euclidee) e in altri casi vegetali, eseguita nelle tipiche forme solide e grevi di quel caratteristico periodo di inizio del Novecento che sviluppava le immagini di tendenza epocale della recente trasformazione modernistica della prima avanguardia architettonica internazionale del Floreale (il nuovo stile espressivo dell’arte e dell’architettura di periodo industriale, in Italia riconosciuto col nome di Liberty, perché ripreso dal famoso Grande Magazzino inglese di oggetti esotico-orientali aperto a Londra nel 1875, che a Milano e Palermo aveva collocato negozi di eleganti mobili moderni dal 1900).
Non una costruzione, dunque, di riproposizione formale del Romanico antico come si legge sul sito-internet della Pro Loco lusernese (nel quale è scritto che «nonostante la sua recente costruzione» primo-novecentesca «la sua architettura riprende lo stile romanico» con «una pianta a croce latina» tipica di quella fase storica: trascurando che i modelli tipologici più stilisticamente corrispondenti, e propri, a questo stile medievale devono venire ritrovati in altre immagini architettoniche, quali potrebbero essere San Maurizio o San Donato, ottocentescamente riplasmate in aspetto romanico come adesso si vedono nelle fogge odierne), bensì una attualistica rielaborazione dell’impianto storico dell’iniziale Medio Evo in una versione di composizione moderna del nuovo monumentalismo matericamente appesantito introdotto dal Liberty.
Il suo progettista, il giovane (laureatosi nel 1901) ingegnere-architetto Giuseppe Momo di Vercelli, operante però a Torino (conosciuto professionista che agli inizi lavorò con i maggiori esponenti del Liberty torinese: da Alfredo Premoli a Pietro Fenoglio ed Annibale Rigotti), ha tratto per la sua chiesa evidente ispirazione da edifici noti della sua epoca, e non obbligatoriamente ecclesiastici, quali i dannunziani Aquarium a Milano (nella sua proposizione completa iniziale, e non nel frammento rimastoci) di Giuseppe Sebastiano Locati (del 1903/05-06) o il Cimitero Monumentale a Bergamo di Ernesto Pirovano (del 1897/1900-13); ma soprattutto riferendosi alle immagini del grande protagonista dello Stile Floreale italiano Giuseppe Sommaruga, la cui evoluzione formale procede dalla ancora decadentistica Cappella Funeraria Biffi nel Cimitero di Galliano a Eupilio (compiuta nel 1898-99) e si conclude con l’Albergo ‘Tre Croci’ al Campo dei Fiori sopra Varese (1907-12), passando per le decorazioni plastiche delle realizzazioni milanesi del Palazzo Castiglioni (1900/01-1903) e della Villa Romeo (adesso Clinica Columbus, del 1911-13).
Un progetto di tutta attualità dunque, a dispetto di ogni deviante apparenza storicistica che lo vuole rimandare a modelli più antichi, che il suo disegnatore ha concepito ed eseguito un secolo fa, elaborandolo tra il 1905 ed il 1906 e realizzandolo nel 1908/09-13. La costruzione risalta ed emerge, nel tessuto urbano ancora fortemente ottocentesco del capoluogo lusernese, come elemento distinguibile e strepitoso (descritto infatti, ancòra nel 1948, e dal suo secondo parroco – il canonico Don Giovanni Battista Canavese – quale severo fabbricato che «Domina solenne su tutti gli altri edifizi e fortemente si impone all’ammirazione del visitatore»), del tutto isolato ed insolito rispetto agli esemplari della precedente esperienza valligiana.
A quell’epoca, infatti, «la bellissima chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù», è indubbiamente un elemento estraneo (per le sue volumetrie e forme, elaborate e massicce) a confronto dei tradizionali caseggiati di carattere contadino, o primo-operaio, che componevano il semplice ed elementare paesaggio edilizio cittadino. Nelle cartoline del decennio iniziale del Novecento si può con evidenza scorgere l’estesa, e quasi uniforme, sequenza di Laboratori della Pietra lusernese, occupanti le aree topografiche degli Airali con omogenee cataste di lastre lapidee e con vari artigiani intenti a scalpellare i massi da preparare per i diversi carri a cavalli che dovevano trasportarle.
Tuttavia, nella sua realtà esecutiva il progetto del Momo (benchè gratuitamente tracciato dall’architetto e costruito con parsimonia economica) ha subito diverse traversie di itinerario procedurale, che hanno comportato l’attuazione di versioni varianti di progressivo adattamento (mantenendo comunque intatta la versione originaria dell’organismo iniziale); e le cui vicissitudini sono riscontrabili negli Archivi del Comune e della Parrocchia (e nelle notizie dei giornali di quel periodo).
Voluta dall’autorità ecclesiastica di Pinerolo per la consistente crescita dei fedeli cattolici lusernesi il cui numero aveva da tempo superato quello dei residenti valdesi secolarmente attestati nella località valliva del Pellice, l’esecuzione dell’edificio agli Airali è stata sostenuta dal Vescovo di Pinerolo Giovanni Battista Rossi, con l’appoggio attivo di don Gaudenzio Losano (studioso di diritto canonico e teologo stimato), che della nuova parrocchiale lusernese è diventato il primo titolare.
Addirittura al 1901 risale la decisione di erigere la chiesa airalese, richiesta – come riporta lo storico locale Celeste Martina nel suo recente volumetto, stampato nel 2013 – tramite una «petizione di 213 famiglie del Capoluogo con 1006 componenti»; ma soltanto tre anni dopo (nel 1905) si riuscì ad acquisire il terreno su cui costruirla (di cui quello stesso anno il progettista presentò disegni e capitolati d’opera), ed unicamente nel 1908 vennero iniziati i lavori di costruzione, interrotti e quindi ripresi nel 1909, a causa di continui rimandi per stridenti contrasti di non serena cordialità sorti tra la Curia e le autorità comunali di Luserna.
I lavori di edificazione, dopo avere ottenuto le necessarie autorizzazioni definitive, durarono un triennio, terminando nel 1913; e lasciarono sul terreno stabilito quel caratteristico organismo che tuttora si può vedere, rimasto intatto nella sua primigenia concezione volumetrico-spaziale.
La modernità della chiesa è riscontrabile dalla semplicità lineare delle partiture interne, nitide e lisce, senza decorazioni, che procurano alle navate una particolare luminosità formale; ed alla quale egregiamente contribuiscono le vetrate limpide, e fortemente cromatizzate, composte dal vetrista Albano Macario (su disegni sempre del Momo, e del 1922), la ditta del quale le ha posate in opera nel 1923.
Tra le curiosità esecutive del nuovo contesto ecclesiale, insieme con le opere parrocchiali di assistenza e ricreazione disposte su due ampi cortili laterali, si riscontra una più modesta presenza scultoreo-utilitaria collocata sul piccolo sagrato. Si tratta di una fontana composta da una brocca versante acqua dentro una vasca squadrata, sagomata ad incavo conchigliare, scolpita interamente in un blocco unico di pietra, realizzata nel 1984-85 da un pressocchè trascurato autore lusernese (che risulta essere – dalle liste degli Atti dei Morti cortesemente mostratimi dall’attuale parroco Aldo Rolfo – il varesino Francesco Chiantore, divenuto imprenditore e scalpellino a Luserna, nonché scultore, e ufficiosamente dichiarato “artigiano del marmo”), messa quale nitido segno di un senso sacrale, di accoglienza caritatevole (il sorso del pellegrino che non viene mai negato ai viandanti) e di purificazione corporea. Un modico elemento di introduzione – preliminare e naturale – allo spazio ecclesiale chiuso, ed a quella sua penetrazione oggettiva nell’intimità mistico-religiosa, rappresentato dell’acquasantiera.
Una scultura puristica, quasi di spontaneo riferimento formale alla tonda maniera levigata di Felice Casorati, che appare in una metafisica timidezza rispetto all’incombente imponenza volumetrica della Chiesa che le incombe vicina; con una figurazione ridotta che si ricollega alle lettere alfabetiche scolpite in facciata sulla lunga fascia ornamentale dell’ingresso, riportanti in caratteri maiuscoli (SCGN) la dedicazione del tempio al Sacro Cuore di Gesù Nazareno, che stanno ad indicare il vero nome completo di questo edificio.

Corrado Gavinelli