2 Novembre 2013
Zaccheo e il coraggio della conversione

Commento al vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario a cura di Patrizio Righero– 4 novembre 2013
Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. (Lc 19,10)
Ciò che più colpisce del personaggio Zaccheo è la sua determinazione. Nonostante i suoi limiti, nonostante il suo passato, nonostante il suo peccato. Questo funzionario “traditore”, ricco e capo dei pubblicani, ad un certo punto della sua vita intercetta Gesù e decide di cambiare vita. Tanto da proclamare solennemente (sono parole che vorremmo sentire più spesso!): «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Il gesto è bello, ma ancora più bella la sua conversione, una parola ormai “politicamente scorretta” e uscita non solo dal dizionario civile ma talvolta anche da quello ecclesiale. Perché ai giorni nostri “va di moda” un Dio che fa tutto lui, che perdona anche chi non vuole essere perdonato e salva anche chi non vuol essere salvato. Annullando così, di fatto, la libertà dell’uomo. Eppure già Sant’Agostino metteva in guardia da questa deriva teologica scrivendo: «Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te» ( Sermo CLXIX, 13).
La figura di Gesù mette in crisi Zaccheo che decide di vederlo, ma questa decisione è radicalmente diversa da quella di Erode che cerca nel messia di Nazareth un fenomeno da baraccone per allietare lui e la sua corte. La ricerca di Zaccheo, invece, va di pari passo con la sua consapevolezza di trovarsi in uno stato di peccato, lontano da Dio e dai fratelli. Di qui la conversione, dono gratuito di Dio principalmente ma anche scatto di libertà, presupposto essenziale per lasciarsi abbracciare dalla salvezza di Colui che è venuto «a cercare e a salvare ciò che era perduto».
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