5 Novembre 2015
Verso Firenze 2015. Intervista a monsignor Cesare Nosiglia
5 novembre 2015
L’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia è il presidente del Comitato preparatorio del V convegno ecclesiale decennale della Chiesa italiana che si svolgerà a Firenze dal 9 al 13 novembre. «La Voce del Popolo» lo ha intervistato sul tema «In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo» che impegnerà 2000 delegati provenienti da tutte le diocesi italiane.
Mons. Nosiglia si apre a Firenze lunedì 9 novembre il convegno decennale della Chiesa italiana. Il titolo, ma soprattutto il lavoro preparatorio, presentano un programma nel quale il cristianesimo diventa linfa per l’edificazione di un nuovo umanesimo?
Dal materiale pervenuto al Comitato in preparazione al Convegno di Firenze emerge che nel cammino della Chiesa in Italia è in atto uno sforzo notevole della pastorale delle parrocchie, delle associazioni e movimenti ecclesiali, nel cercare di incarnare nell’oggi della nostra storia e in ogni ambiente di vita la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Uomo perfetto. Perciò chi lo segue si fa lui pure più uomo. Le molte esperienze pervenute al riguardo delineano le caratteristiche di questo umanesimo nell’azione pastorale: si tratta di un umanesimo in ascolto del vissuto della gente e delle loro periferie esistenziali; un umanesimo concreto che condivide e assume fino in fondo i drammi e le speranze della gente; un umanesimo plurale e integrale che sa cogliere nei diversi volti dell’umano l’apertura a quel di più di senso che scaturisce dalla fede; un umanesimo di trascendenza che valorizza il silenzio interiore e quanto ci donano la liturgia e la preghiera per una vita piena di Dio e aperta al suo compimento in Lui.
«Educare alla vita buona del Vangelo» di Verona 2006 e «In Gesù Cristo, un nuovo umanesimo» di Firenze 2015. Quali sono i legami e gli sviluppi di un percorso di presenza viva della Chiesa nella società italiana?
L’attuale Convegno si pone in continuità con Verona 2006, di cui ha conservato lo scenario dei cinque ambiti e la centralità della persona nella pastorale (affetti, sofferenze, lavoro, festa, educazione, cittadinanza). Essi, tuttavia, vengono rivisitati a partire dalla vie della «Evangelii gaudium», sulla scia del Concilio Vaticano II. La via dell’uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare indica i contenuti e il metodo di un’azione pastorale dinamica, che non si appiattisce sul già fatto e già detto e non si limita alla conservazione dell’esistente, ma sollecita la ricerca di nuove frontiere dell’umano che, illuminate dal Vangelo, aprono orizzonti di cambiamento vero e profondo della vita e della missione della Chiesa, e permettono di attivare un percorso educativo, personale e sociale che tende a una nuova generazione dell’umano in Gesù Cristo.
Le cinque vie sono l’espressione di una visione concreta e testimoniale, di un cristianesimo che si misura nella storia e nella vicenda degli uomini. Come far emergere nella chiese locali, dalle parrocchie alle diocesi, questo processo positivo di contaminazione evangelica?
La Chiesa in uscita apre le porte a tutti e si fa compagna di strada di una umanità ferita abitandone le periferie esistenziali, con spirito di accoglienza e di misericordia, per annunciare loro la buona notizia del Risorto. Tutto ciò nella consapevolezza che la fede in Gesù Cristo trasfigura ogni esperienza umana, perché la apre a quel «di più» di senso e di fine ultimo che trova in Dio, la sua certa speranza, la sua piena felicità, e quel «riposo» a cui anela il cuore inquieto dell’uomo.
In questo modo, il tema del nuovo umanesimo in Gesù Cristo, oltre che fattore di crescita nella fede e nella testimonianza cristiana nel mondo, diviene anche punto di convergenza intorno al quale unificare tutta l’azione pastorale, lo stile dell’annuncio gioioso del Vangelo e la conseguente riforma che Papa Francesco indica come via permanente di conversione della realtà storica e misterica della Chiesa e della stessa società, perché il Vangelo innesti la sua forza propulsiva,- «rivoluzionaria» – come ebbe a dire nel viaggio in Ecuador.
Il rapporto tra generazioni e dimensione generativa del nostro tempo. Una sfida importante per una società smarrita e spesso orientata verso un individualismo esasperato.
Oggi assistiamo all’estendersi della separatezza tra il mondo giovanile e quello adulto. In un tempo invaso da messaggi e proposte alternative e contrastanti ad opera del mondo digitale, della cultura individualista ed edonista, è decisivo il compito di accompagnamento e di testimonianza degli «educatori». Gesù Cristo, uomo nuovo e Maestro di verità e di vita, ci insegna ad ascoltare, amare e stimolare i giovani perché diventino protagonisti della loro crescita umana, vocazionale e culturale (cfr Mc. 10,17-22). È necessario, dunque, riattivare una solidarietà tra le generazioni, e ricuperare la fiducia tra giovani e adulti sia sul piano educativo e formativo, sia su quello dell’importante problema del lavoro. Papa Francesco a Torino ha parlato di un patto educativo e sociale di corresponsabilità tra le generazioni che aiuti a «fare insieme» per costruire una identità nuova e adeguata ai tempi e alle esigenze umane, interiori e professionali dei giovani.
Il rapporto tra il cammino del Sinodo sulla famiglia e il convegno ecclesiale di Firenze. Qual è la linea profonda che unisce questi due appuntamenti come momento di grazia e di speranza per la Chiesa e il mondo non solo cristiano?
Il Sinodo ha sviluppato sulla famiglia un’ampia e approfondita riflessione, che ha affrontato sia i problemi che le risorse della famiglia considerandola soggetto primario di evangelizzazione per promuovere il nuovo umanesimo in Gesù Cristo. Essa è sottoposta oggi alla forte colonizzazione culturale e ideologica dominante, che privilegia i diritti individuali e la logica del provvisorio rispetto al bene comune, e orienta i massmedia e la politica ad equiparare ogni unione di fatto, etero o omosessuale, al patto, stabilmente fondato sull’istituto naturale e per noi cristiani sacramentale, del matrimonio tra un uomo e una donna, sancito anche dalla Costituzione del nostro Paese.
La famiglia voluta da Dio come custode della vita e fonte dell’autentico amore, in cui i figli possano e debbano usufruire dell’apporto congiunto del padre e della madre, resta l’architrave insostituibile di ogni società e garanzia del suo futuro, e per questo va salvaguardata, promossa e valorizzata anche sul piano legislativo ed economico, nelle sue potenzialità umane, spirituali e sociali.
a cura di Luca ROLANDI
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