Skip to Main Content

Chiesa  

Un ponte tra Pinerolo e l'Africa

Un ponte tra Pinerolo e l'Africa

6 settembre 2014

Incontro con monsignor Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni

Il suo legame personale con la nostra Diocesi è speciale: del resto non potrebbe essere da meno, dal momento che è originario della parrocchia di Lukanga, dove per molti anni ha operato don Giovanni Piumatti, missionario pinerolese “fidei donum” nella Repubblica Democratica del Congo dal lontano 1971. Melchisédech Sikuli Paluku, 62 anni, vescovo di Butembo-Beni, il 4 e 5 settembre scorsi, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella basilica di San Maurizio a Pinerolo, in occasione dei pellegrinaggi delle Zone pastorali per l’annuale festa del santuario diocesano. Monsignor Sikuli Paluku è prete da trentasei anni e vescovo da sedici (fu ordinato nel 1998, come monsignor Debernardi). Già docente di Filosofia nel Seminario Maggiore Interdiocesano (Provincia ecclesiastica di Bucavu), ne è poi stato rettore. Guida una Diocesi frutto di un accorpamento territoriale: Beni fu la prima sede episcopale, poi trasferita nella più centrale Butembo nel 1964. «È una Diocesi – spiega monsignor Sikuli Paluku – situata nella Repubblica Democratica del Congo: circa due milioni di abitanti distribuiti su un territorio di 45mila km quadrati. 200 i presbiteri diocesani (di cui 170 operano in Diocesi, 30 nei servizi interdiocesani e uno in Vaticano), 350 tra religiosi e missionari». Anche un altro presbitero pinerolese, don Cesare Canavosio, vi ha prestato il suo servizio pastorale per alcuni anni, e ancora oggi è ricordato con gratitudine.
A quale motivo è dovuta la sua visita a Pinerolo?
A dire il vero, la mia visita a Pinerolo era programmata da tempo, per visitare don Gerard Kavingulwa, ringraziando la vostra Diocesi sia per l’accoglienza da lui ricevuta, sia per la preziosa presenza di don Piumatti in Congo. Purtroppo, don Gerard ci ha lasciati prematuramente. Dovendo recarmi a Roma per la “visita ad limina” dal Papa (da lunedì 8 settembre, n.d.r.), ho accolto l’invito da parte di monsignor Debernardi a passare da Pinerolo per pregare insieme sulla tomba di don Gerard.

Essere vescovo in Africa o in Europa: non è proprio la stessa cosa, vero?
I vescovi africani devono essere pastori che trovano il tempo di visitare le parrocchie e le comunità missionarie, ponendo attenzione a tutta la gamma di problemi che sorgono a vari livelli della persona (anima e corpo). Nel nostro Paese, il Congo, lo Stato ha fatto poco: da un ventennio viviamo gravi conflitti e guerre tra i gruppi. Questi conflitti sono suscitati dalle strumentalizzazioni operate dai politici locali, che cercano il potere, o dagli interessi delle persone che vengono da fuori per sfruttare economicamente le ricchezze del territorio (minerali, legno, acqua…). I media internazionali parlano di guerriglia fra tribù, ma non è affatto vero. Inoltre, a differenza dei Paesi europei, quelli africani hanno una regolamentazione legislativa più debole. E questo, ovviamente, non aiuta. Un altro grosso problema del Congo è costituito dalla scarsità di terra coltivabile (tutto il resto è foresta), contesa dalle famiglie, perché ormai non più sufficiente. Di questo ne è testimone don Piumatti, che ha scelto di trasferirsi a più di cento chilometri da Lukanga con alcune famiglie volontarie, per avere spazi da coltivare. Il mio predecessore incoraggiava la gente a partire.
Come si presenta la situazione delle vocazioni nella sua Diocesi?
Siamo fortunati: il numero è in lieve calo, ma non possiamo certo lamentarci. Nella Diocesi di Butembo-Beni abbiamo un Seminario Minore (liceo classico), con 150 studenti. E due Seminari Maggiori interdiocesani con propedeutica, Filosofia e Teologia (una cinquantina di seminaristi per ognuno dei due corsi). Anche in Africa sta iniziando la crisi del ministero sacerdotale, ma non in maniera così forte come in Europa, dove causa un numero significativo di abbandoni. Diciamo che l’etica prevalente e la mentalità mondiale diffusa stanno invadendo anche le menti degli africani, e questo lascia tracce nelle persone. Così come le lasciano i conflitti militari. E, se un presbitero non è interiormente saldo e formato, le conseguenze sono facilmente prevedibili…

Impensabile parlare della Chiesa africana senza un accenno alle missioni…
È finito il tempo dei missionari europei che, arrivando in Africa, portavano tutto (denaro, beni, medicinali…). Oggi, forti della loro fede, devono agire in modo diverso, impegnandosi a creare i mezzi per rispondere ai problemi materiali delle persone. Sul modello di don Piumatti, il quale non si è limitato a dare e a ricevere, ma ha saputo sviluppare una energica e innovativa azione pastorale e sociale, strettamente connessa alle esigenze del territorio e di chi lo abita.

Vincenzo Parisi

P1330209 - Copia
Da sinistra, monsignor Pier Giorgio Debernardi, vescovo di Pinerolo e monsignor Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *