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Chiesa  

Un debito di felicità

Un debito di felicità

“Rendici la gioia dei giorni in cui ci hai afflitti”. Sono parole del salmo 89. È il grido di chi sperimenta sulla sua pelle e nella sua anima il disgusto per la sofferenza cieca e inspiegabile, lo stridore del male che scarnifica le attese e le speranze. È la legittima protesta di chi si vede privato dei giorni migliori, delle gioie attese e mai arrivate, di consolazioni che si davano per scontate. È la preghiera di chi vuole assicurarsi che i suoi “risparmi di vita” siano ben custoditi e maturino gli interessi sperati. Non c’è nessuno che possa abituarsi al male. Ogni suo attacca implica una ribellione, un netto “no”. Spesso questo “no” diventa rifiuto di colui che si suppone sia il responsabile di quel male. «Perché non poni fine tutto questo, Signore? Non vedi la sofferenza del tuo servo? In che cosa ho sbagliato?» Sono domande di chi ha fatto posto a Dio nella sua vita. Eppure si interroga. Il versetto del salmo suona come una provocazione ma, in realtà, mostra una fede profonda e più matura di quanto non possa sembrare. L’invocazione si potrebbe riformulare in questi termini:

Signore Dio, Tu sai che ho riposto in te la mia vita
e le mie speranze.
eppure, se guardo alla mia vita presente,
vedo più male che bene,
più malattia che salute,
più angoscia che felicità.
Permettimi, Signore,
di farti presente questa mia situazione.
E di lamentarmi un po’.
Credo di averne diritto. Perché la vita che mi hai concesso
mi ha mostrato che il suo destino
è la felicità e non la disperazione.
Pertanto eccomi qui, Signore,
a rendicontarti il mio disappunto.
so, anche se non lo capisco fino in fondo,
che non sei tu la causa del male.
Eppure so anche che su quel male
tu hai l’ultima parola
e un giorno la pronuncerai, a mio favore.
A favore di tutti quelli che, come me,
si sono visti crollare addosso
sogni, progetti, desideri di bene.
Quindi, Signore, ti ricordo che in un certo senso
mi sei debitore.
Mi devi quella felicità e quella pace
per la quale mi hai voluto e creato.
Ora non posso toccare con mano quella gioia,
ma so che tu non ti dimenticherai di restituirmela,
perché sai il male che ho patito,
il dolore che mi ha afflitto. Tra noi, Signore, c’è un debito di felicità.
Nelle tue mani deposito la mia fede
e i miei giorni bui.
Nelle mie attendo di ricevere la gioia promessa.

La risposta “ufficiale” al salmista giunge con l’incarnazione del figlio di Dio. Nel discorso della montagna (Mt 5,1-12), Gesù garantisce che il debito sarà onorato: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”. E l’interesse sarà abbondante, tanto da estendere i suoi benefici già all’oggi: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

P.R.

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