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Chiesa  

Solennità della SS. Trinità

Solennità della SS. Trinità

Commento al Vangelo della Solennità della SS. Trinità a cura di Carmela Pietrarossa.Trinity Icon

 

“Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che (lo Spirito) prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà” (Gv 16, 15).

Si è ritenuto di avviare il commento al vangelo domenicale con questa pericope giovannea che compendia efficacemente la relazione esistente tra le tre Persone della Trinità.

Dall’analisi del testo emerge la presenza dell’aggettivo possessivo “mio” che funge da collante in una circolarità di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito.
Il Padre condivide se stesso con il Figlio, di una condivisione, quindi, non in percentuale o in quote come nelle comproprietà prettamente giuridiche, ma totale; condivide, cioé, tutto con Lui senza delimitazioni di confini o attribuzioni specifiche. Riecheggia, a questo proposito, nel nostro animo quella bellissima frase che il Padre pronuncia, nella parabola dell’amore misericordioso, al figlio maggiore: “Figlio, tutto ciò che è mio è tuo” (Lc 15, 31), che se bene illustra il rapporto del Padre con i suoi figli, a maggior ragione è esplicativa di quello privilegiato con il Figlio.
Quest’ultimo, poi, trasferisce nell’oggi della nostra storia questo patrimonio attraverso lo Spirito, nostro avvocato, cioé “vocato ad”, chiamato presso di noi per guidarci, assisterci, difenderci, donarci luce.
Scolasticamente noi distinguiamo le tre Persone della Trinità, ma esse operano in modo unico ed irripetibile, di modo che non potremmo attribuire un intervento all’una piuttosto che all’altra persona; le loro voci si accordano all’unisono per creare uno splendido coro, quello dell’alleanza per la salvezza e la felicità dell’uomo.
Queste espressioni potrebbero apparire pura poesia, frutto, pertanto, di vane illusioni o di presunte speranze, completamente disancorate e disincarnate dalla realtà che stiamo vivendo, che, purtroppo, quasi quotidianamente, ci rende partecipi di crimini e di suicidi. Ma spetta a noi dire con forza che Dio è vicino all’uomo, lo vuole salvo, felice e che si serve di altri uomini perché questo miracolo avvenga.
Così come le tre persone sono una cosa sola, l’una la continuazione dell’altra nella trasmissione del dono di sé, similmente il Signore vuole che anche noi guardiamo con attenzione le persone che egli ci pone accanto, per condividerne dolori ed aspettative, perché non vengano lasciate sole nel loro cammino, talvolta tanto impervio. Chi ha più forza deve condividerla con chi vive e sperimenta situazioni di debolezza di vario genere; chi ha più speranza, con chi sembra averla barattata con l’eterna disillusione per i colpi che la vita gli ha inferto e da cui non è riuscito a risollevarsi.
La Trinità è amore per definizione e per natura, e l’amore si trasferisce nella relazione e nel dono di sè, perché da questo dono possa scaturire altra donazione.
Il Signore ci renda cultori di queste sane relazioni, esperti comunicatori del difficile linguaggio dell’amore, che sovente ci trova impreparati e, soprattutto, diffidenti. Buona domenica!

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