La celebrazione attuale della Pasqua rischia di essere un rito noioso e ridotto ad un’oretta o poco più. Anticamente (II-III sec.) come ci tramandano Tertulliano per le chiese d’Africa e Ippolito per quelle di Roma, dopo le letture si celebrava il battesimo e la Veglia si concludeva il mattino seguente con l’eucaristia. La Veglia era preceduta dal digiuno che iniziava dal venerdì santo e durava fino all’eucaristia della notte pasquale. Ecco la nascita del Triduo pasquale (la quaresima arriverà più tardi). Esso è un tutt’uno con la Pasqua, da essa nasce, vive e si conclude. L’una e l’altro sono strettamente legati; in sintesi il Triduo è – la Pasqua celebrata in tre giorni – di cui il venerdì e il sabato santi sono caratterizzati dal digiuno per la morte mentre la domenica dalla gioia della risurrezione di Gesù Cristo. Nei primi secoli non vi era l’uso di celebrare l’eucaristia nei giorni feriali, in quanto l’attenzione era per la domenica (dies dominicus = giorno del Signore), rimanendo così per tradizione e purificazione che il venerdì e il sabato santi non la si celebra. Tutta la gioia deve esplodere nella Veglia. Il Triduo è pieno di simbologia che aiuta a capire ma, soprattutto, ad immergersi e partecipare agli avvenimenti salvifici. Nasce, per il venerdì santo, la liturgia non-eucaristica, quella della Parola, l’adorazione della croce, le orazioni solenni (la via crucis arriverà secoli dopo). Il sabato santo è caratterizzato dalla penitenza, dalla continuità del digiuno e non vi sono liturgie particolari se non la preghiera personale a ricordo del Cristo sepolto. Simbolismo principale della Veglia santa è la «notte illuminata». La Veglia sta al centro di tutto il Triduo, la più intensa celebrazione del mistero pasquale; il rito del fuoco e della luce con il cero, la liturgia della Parola (storia della nostra salvezza), il rito dell’acqua e il battesimo. Il tutto si svolge in un ritmo crescente per culminare nella liturgia eucaristica. Per questo la Veglia la si celebra di notte; per marcare il passaggio dal buio alla luce, dalla morte alla vita. Terminata la Veglia si celebrava l’agape fraterna, per concludersi con i vespri pasquali. Non bisogna avere quindi paura di vegliare, almeno per una parte notevole della notte; non è la «solita messa prefestiva» solo un po’ più lunga. La Pasqua è la chiave interpretativa non solo del culto ma della nostra fede.

Davide De Bortoli