2 Aprile 2011
Tessitrici di comunione
Il 6 marzo nel Tempio valdese di Pinerolo la Giornata Mondiale di Preghiera Nel nostro territorio, strutture evangeliche e cattoliche si alternano nell’ospitare gli annuali incontri della Giornata Mondiale di Preghiera, iniziativa nata a fine Ottocento nel mondo femminile protestante americano e poi diffusa nei continenti con connotati sempre più ecumenici.
Il 6 marzo il Tempio valdese di Pinerolo ha aperto le porte a più di 200 persone, cattoliche ed evangeliche di varie denominazioni, con alcune sorelle ortodosse intervenute per la prima volta.
Il gruppo di sorelle incaricate di animare la preghiera ha saputo coinvolgere l’assemblea in un’esperienza orante dove l’ascolto della Parola, la lode e la supplica si integravano con musiche e gesti simbolici come la distribuzione di pane e fiori. I colori della bandiera cilena ricordavano le donne del Cile che, riflettendo sull’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani, hanno scritto il sussidio della giornata.
Proprio dai loro pensieri ha preso spunto la meditazione di Donatella Coalova, che, insieme a suor Romana Destefanis, rappresenta la componente cattolica nel comitato locale interconfessionale. Il primo punto da loro sottolineato, l’amore preveniente di Cristo che dà cibo alla folla senza aspettare le sue richieste, ci dice che ciascuno di noi è amato infinitamente da Dio, e ci invita a scoprire l’amore che sorregge la vita anche quando i sostegni umani vengono meno, nel silenzio della dimensione contemplativa, come fece la giovane santa cilena Teresa de Los Andes. La loro invocazione per imparare a riconoscere il Signore in chi ha bisogno ha suggerito il ricordo di un’altra grande credente, Madre Teresa di Calcutta.
«Le donne del Cile – ha continuato la Coalova – sentono rivolta a se stesse la domanda di Gesù: – Quanti pani avete? Chiediamolo anche a noi stessi: quanti pani abbiamo? Quali sono i nostri talenti, le nostre risorse? Sappiamo riconoscere le capacità dei nostri fratelli, delle nostre sorelle? Sappiamo incoraggiarli, sostenerli o ci facciamo prendere dall’invidia? Riconosciamo i nostri talenti non per inorgoglirci, ma per ringraziare Dio, perché tutto è dono suo, e per spendere al suo servizio quanto Lui ci ha dato. Riconosciamo il male che c’è in noi per imparare l’umiltà, la misericordia, il perdono. E’ importante fare questo non solo come singoli, ma anche come Chiese».
Esprimendo la sua identità di donna cattolica nella gratitudine per i doni ricevuti dalla spiritualità protestante e ortodossa, associandosi alla richiesta di perdono di Giovanni Paolo II per le colpe commesse dai cattolici in passato, la Coalova si è concentrata sul mistero della Pasqua, raffigurato nel logo disegnato dalle donne cilene. Per accogliere dallo Spirito Santo il dono della comunione è necessaria la croce, una croce in cui già brilla la luce della resurrezione. E i tanti martiri del ‘900, evangelici, ortodossi, cattolici, testimoniano che il loro sangue è seme di unità. Il ricordo di Rosario Livatino, il giudice ucciso dalla mafia, ha offerto lo spunto per sottolineare l’impegno sociale dei credenti, inserendolo in una carrellata sui progressi del dialogo ecumenico.
«Sono molto interessanti i contributi giunti in preparazione dell’assise del CEC a Kingston, in Giamaica, a conclusione del decennio per sconfiggere la violenza. Il concetto teologico di “pace giusta” è in singolare sintonia col magistero della Chiesa Cattolica. Basti citare i pronunciamenti di Giovanni Paolo II sull’iniquità delle strutture di peccato. Io non credo che in campo ecumenico regni ovunque il gelo dell’inverno. E’ bello sottolineare i punti di convergenza che ci sono nelle nostre Chiese. Ci sono anche tanti germogli di speranza».
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