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Chiesa  

Storie di fuggiaschi

Storie di fuggiaschi

Repubblica Democratica del Congo. Don Giovanni Piumatti scrive dalla missione di Muhanga –  gennaio 2014

 

Da Natale all’Epifania passano due settimane.
Da Betlemme alla visita dei magi, non sappiamo con esattezza quanto tempo passò; ma da come si riesce ad intuire non passò molto tempo: più di due settimane, meno di due anni.
In quel periodo la vita del Bambino Gesù si trovò a rischio.
Ed in quel frangente, Giuseppe, il giovanotto di Nazareth, dovette risolvere un bel mazzo di problemi: la vita del bambino, il suo lavoro e la sua bottega da falegname, la sua famigliola, il suo paesetto.
Una situazione drammatica, raccontata come una favola.
La soluzione, in un sogno !

Nel calendario liturgico abbiamo due tempi forti, Natale e Pasqua.
E due lunghe preparazioni: 4 settimane di Avvento e 40 giorni di Quaresima.
Per il «subito-dopo» quanto dedichiamo?
* per il bimbo appena nato, non accolto dai “suoi”, temuto da Erode, e quindi già fuggiasco: dedichiamo due settimane! E poi? Carnevale!
* per il Risorto, vivo tra noi? Tempo ordinario!
Nelle nostre parrocchie e comunità religiose noi dedichiamo molto tempo, molte energie ed attenzioni alla preparazione. Forse diamo troppo poco al subito-dopo: al coinvolgimento, la risposta nostra al messaggio.
Posso sbagliarmi, ma …all’inizio non era così.

Tutti ricordiamo il fattaccio dei due fratelli Caino ed Abele.
Noi guardiamo Abele, il buono. A noi piace fermarci sull’olocausto di Abele.
Non solo facciamo lunghe preparazioni, ma il dopo lo trasformiamo in commemorazioni, come quando rimpatriano le casse con la bandiera della patria; i grandi si inchinano, suonano la tromba, tutti sull’attenti; mentre a quegli altri poveracci che sono ancor là…, troppo poco.
Invece Dio posa gli occhi proprio su Caino, che vaga ancora su questa terra.
Certo, lo disapprova e lo invita a ravvedersi, ma è lui, Caino, il bene da proteggere, ieri ed oggi.
L’attenzione di Dio è su Caino. E vuole che gli uomini facciano altrettanto.
Fuggiasco Caino, fuggiasco Giuseppe, fuggiaschi a Lampedusa, fuggiaschi in Centrafrica, fuggiaschi nel Kivu. Tutti fuggiaschi da proteggere.
Dio non fa distinzioni. Siamo noi che le facciamo.

Da Betlemme ai magi son passati circa due anni.
Lampedusa! Da quanti anni ce l’abbiamo?
Una volta si sognava. E la strada Giuseppe la trovò.
Le luci ci sono, Dio non ce le lascia mancare.
Prima di Betlemme una cometa, piccola luce nella notte, indicò la strada da percorrere.
Dopo, alcuni pastori si mossero con piccole lampade, ed anch’essi una strada la trovarono.
In questa guerra dell’est del Congo, anche noi siamo scappati più di una volta.
Abbiam provato anche noi che cosa significa, «non c’era posto per loro».
Quando scappavamo in gruppo o da soli, ognuno cercava il suo “barcone”. Janvier e Clementina, incinta all’ultimo mese, fuggiaschi e soli, han percorso molti chilometri. Camminando con la paura in gola su questi sentieri pieni di tronchi da scavalcare, come le onde del mediterraneo, e quasi sempre sotto la pioggia, Clementina cominciò a sentire anche i suoi dolori.
Non si sa come abbia fatto perché era notte fonda, ma Janvier vide una specie di capanna; una di quelle che la gente si costruisce alla bella meglio quando sta fuori casa per coltivare i campi lontani. Entrano, e dentro ci trovano un altro fuggiasco.
Lì Clementina dette alla luce il suo figlio. Una bambina.
Janvier è uno dei venti uomini che venne a Muhanga per realizzare un sogno: lui sognava di mangiare fagioli che non facessero male allo stomaco degli altri. Sì, perché certi capi allora toglievano i campi a chi non riusciva a pagare il muhako (una specie di affitto) e lo davano ad un altro che poteva pagare; e lui, più fortunato, poteva raccoglier fagioli dove altri non riuscivano più a seminare. E questo faceva male allo stomaco. Quando a Muhanga realizzò il suo sogno, e Clementina gli partorì anche lì una bimba, Janvier con la sua fantasia la chiamò Nzoli, sogno.
Anche per questa altra bimba Janvier scelse un bel nome: Miracle!
Cos’altro poteva essere, lei? nata nel barcone della foresta, al buio, sotto la pioggia, assistita da due poveri fuggiaschi in cerca di un po’ di pace e benessere per le loro famiglie .
In fondo, non occorre molto per far nascere un miracolo: basta un problema, un fuggiasco, una capanna aperta, un sogno, in un granello di fede.
Alberto Maggi fa un bella riflessione sul prima e il dopo Gesù.
Prima: il popolo d’Israele saliva sul monte per trovare il suo Dio, saliva al tempio per lodarLo, cercava Dio in alto tra gli incensi, si preparava a riceverLo.
Dopo: Dio non va più cercato, tanto meno in alto; Dio va riconosciuto nell’uomo, Dio va accolto, su questa nostra terra, nella realtà che ci circonda.
Il Natale è opera di Dio.
Il dopo-Natale è opera nostra. Nostra, cioè noi con Lui.

 

Padiri G

pium - Copia

 

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