Commento alle letture della III Domenica di Avvento (B) a cura di Carmela Pietrarossa – 14 dicembre 2014
Voce di uno che grida nel deserto (Gv 1,23).
La gioia è il tema che ricorre nella liturgia di questa III domenica di Avvento, finalizzata ad introdurci gradualmente nel mistero del Natale che ci stiamo apprestando a celebrare.
La lettura tratta dal libro del profeta Isaia, nella prima parte definisce la missione del consacrato del Signore, inviato a portare il lieto annuncio ai poveri, a risanare situazioni di dolore e a liberare dalle catene i prigionieri, introducendo, così, il tempo della misericordia di Dio. Nella seconda parte ci presenta, invece, le nozze di Dio, sposo, con Gerusalemme, sua sposa, finalmente esultante perché da lui rivestita di salvezza ed avvolta con il manto della giustizia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61,10). Negli esuli di Israele rivediamo tutti noi schiavi del peccato e redenti da Cristo, l’unto di Dio, in cammino verso la Gerusalemme del cielo.
Nella II lettura san Paolo parlando ai Tessalonicesi li esorta, parimenti, ad essere “sempre lieti”, a pregare “incessantemente” e a rendere grazie in ogni cosa, perché “questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù” (1Ts 5,16). “Non spegnete lo Spirito”, continuando sembra dirci: “Non impedite alla tristezza di ingabbiare il vostro cuore, non permettete all’ira di prendere il sopravvento sulla vostra vita, non consentite allo scoraggiamento di tarparvi le ali della speranza, opponetevi alle fazioni e divisioni, imparate ogni giorno l’arte di dire grazie per ogni piccola cosa, non dando niente per scontato, la salute, il lavoro (per chi lo ha), la famiglia, gli amici, la grazia, il sole che rispende e ci riscalda, vivete nel rendimento di grazie!”.
Ogni risveglio ci porti, quindi, a pronunciare la parola “Grazie” per il nuovo giorno che ci è concesso in dono. La gioia, poi, è frutto dello Spirito, che sgorga naturalmente in una vita che, come ci ricorda ancora Paolo, “si astiene da ogni specie di male” (1Ts 5,22).
Contro ogni deviazione risuona la voce del Battista, ripropostoci dal Vangelo, testimone della luce, voce di uno che grida nel deserto, definitosi, altresì, come indegno di “sciogliere il legaccio del sandalo” di Cristo (Gv 1,27). Uomo umile e generoso nel compiere fino in fondo la missione affidatagli, quella, cioè, di preparare la strada a Colui che stava per venire.
Giovanni ha servito Cristo, non si è servito di Cristo per la sua affermazione personale. Profeta, infatti, è soltanto colui che con umiltà e generosità parla a nome di Dio, attribuendo a lui e solo a lui ogni merito.
Il Magnificat di Maria, che proclameremo nel salmo responsoriale, riprende questi temi, portandoli a mirabile sintesi: Maria magnifica Dio ed esulta in lui, ma solo per quanto egli ha operato in lei. Il soggetto del cantico è solo Dio che opera meraviglie in chi lo ama e nella semplicità del cuore lo accoglie, ponendosi generosamente alla sua sequela.
Dunque tre termini attingiamo da questa liturgia domenicale e porteremo con noi durante la settimana: Grazie, umiltà e generosità.
Vieni, Signore, gioia dei viventi!