6 Febbraio 2025
[ video ] Alberto: una luce nel dolore
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Alberto Lerza è un bambino di soli 8 anni che nel 2024 ci ha lasciati a causa di un tumore. Ha vissuto a Pinerolo con mamma Elisa e papà Federico. E proprio per il papà ha compiuto un piccolo-grande miracolo: il ritorno alla fede. Lo ha raccontato lui stesso in un incontro aperto presso la parrocchia Cuore Immacolato di Maria di Pinerolo la sera del 20 novembre scorso alla presenza di un nutrito pubblico e del vescovo emerito Pier Giorgio Debernardi.
Federico Lerza ha voluto condividere la sua esperienza anche con i lettori di Vita Diocesana.
«Alberto è stato, anzi è perché per me è più vivo che mai, un bambino veramente particolare, è un dono che mi è stato fatto. Io sono nato e vissuto a Torino, alla Crocetta. Sono sposato da dieci anni con Elisa e vivo a Pinerolo. Alberto è nato nel 2016. Mia moglie aveva rischiato di morire durante il parto. Fino a due anni fa non ho mai avuto una vita di fede, anzi ero proiettato da un’altra parte: facevo anche il vocalist in una discoteca. Due anni fa Alberto ha avuto i primi sintomi di un torcicollo che non passava. La sentenza è stata tumore. È stato operato il giovedì santo e il venerdì lo ha passato in rianimazione. Si è svegliato la domenica di Pasqua senza alcun problema. In ospedale lo chiamavano “il bambino di Pasqua”. L’istologico ha confermato: tumore maligno di quarto grado. Incurabile. Io ho pensato: “Vado a Lourdes” Allora credevo relativamente: in Dio, ma non nella Chiesa. Prima di partire per Lourdes sono salito alla parrocchia di San Maurizio. Lì ho trovato don Alex Moreira, che ora è un amico e un fratello, e gli racconto di Alberto».
Il colloquio con il parroco di San Maurizio lo aiuta a decidere di partire. «Tutti mi dicevano che ero impazzito per il dolore – prosegue papà Federico –. Sono arrivato a Lourdes e davanti alla grotta mi è cambiata la vita. Non ho mai avuto visioni o sentito voci, ma sono stato investito da un amore che all’inizio mi ha perfino un po’ spaventato. Ho sentito quell’amore così intenso che ho detto: qui veramente c’è Dio. Mi sono messo in ginocchio e ho chiesto: “prendi me al posto di Alberto”. Poi sono rientrato e da lì è cominciato il mio cammino di fede. Ho lasciato tutto. Molti hanno pensato per disperazione, ma non è vero. Certo che ho chiesto fino all’ultimo a Dio di salvarlo, ma nonostante tutto io ho detto: “mi fido di Te”. Questa fiducia me l’ha aperta Alberto. Tutto è cambiato nell’arco dei mesi: Alberto ha cominciato a fare disegni straordinari. A dare messaggi di pace, a fare tante cose fino a quando io mi sono sentito piccolo. Lui ha sempre preso la malattia con serenità e allegria. Felice sempre. Quando gli chiedevano: “come stai Alberto?” Lui rispondeva: “io bene e tu come stai?” Anche negli ultimi tempi. Il venerdì santo di quest’anno eravamo nell’ultimo banco a San Maurizio. Alberto inizia a guardare verso l’alto e a parlare. La prima cosa che ho pensato è stata che avesse delle allucinazioni dovute al tumore. Ma lo vedevo sereno e con un viso felice. Allora gli ho chiesto: “ma con chi parli?” “Con Gesù”, risponde lui. Mia moglie mi guarda e mi chiede cosa dobbiamo fare. Non sapevo nemmeno io. Stiamo zitti. Allora Alberto si gira verso di me e mi dice: “papà, ricordati che quando tutti ti diranno che è impossibile, allora sarà possibile”. Non capivo. Il giorno dopo si è svegliato con nausea e vomito e siamo corsi in ospedale. Gli hanno dato 48 ore di vita. Dopo 48 ore si è ripreso e stava bene con lo stupore di tutti i medici. Quando tutti ti diranno che è impossibile allora sarà possibile. Ecco cosa voleva dire. È andato avanti ancora qualche mese poi a giugno un giorno guarda di nuovo nel vuoto, mi chiama e mi dice: “papà, Gesù ha una cosa da dirti: che io starò bene presto. Però tu non ti devi preoccupare. Stai tranquillo”. Da quel giorno si è paralizzato. Di nuovo in ospedale d’urgenza. Lo dimettono in cure palliative. Io in ospedale accanto a lui piangevo. Dicevo: “ma io cosa devo fare” e lui: “Niente papà. Questa è la mia strada non la tua”. Tante volte ho pianto con lui e lui diceva “smetti di piangere. Io sono felice”. Poi mi ha detto tante altre cose molto profonde e io non sapevo come facesse a dire quelle cose a otto anni. Talvolta era severo. Più padre che figlio. Soprattutto nell’ultimo periodo. Poi un giorno è entrato in coma. Ma ne è uscito. Si sveglia e mi dice: “Papà, sono andato in paradiso, ma Gesù mi ha detto che non è ancora la mia ora e di tornare indietro. Stai tranquillo, preparati che qualche volta devo andare ma poi torno”. E infatti è andato in coma quattro volte a distanza di tempo. Alberto mi ha sempre trasmesso forza: “papà fidati, non ti devi preoccupare!”
Chi ha incontrato Alberto mi ha sempre detto che la sua storia l’ha colpito. Nei suoi ultimi giorni ha voluto fare organizzare due piccoli concerti da una suora e dalla sua maestra di musica per i malati terminali dell’ospedale. Fino all’ultimo ha pensato agli altri. L’ultimo giorno mi ha detto: “Siediti e conta fino a dieci” e poi mi ha guardato e mi ha detto: “lasciami andare”. Ed è successo.
Ci tengo a dire che questa non è la storia disperata di un padre che ha perso un figlio. Io vorrei che il messaggio di Alberto fosse speranza per chi sta passando quello che abbiamo passato noi. Il vero miracolo è che Alberto, nel modo con cui ha affrontato la malattia e quello che ha vissuto, mi ha cambiato. Non vorrei che il mio messaggio passasse come l’esaltazione di un figlio, ma come la testimonianza dell’amore di Dio che può fare cose straordinarie anche nel momento peggiore della vita. Per continuare a raccontare la storia di Alberto abbiamo deciso di creare un’Associazione curata da mia moglie che è avvocato».
«Alberto – commenta mamma Elisa – oltre la malattia ha vissuto anche la disabilità e ci siamo resi conto davvero di quanto una persona disabile abbia una vita complicatissima».
Monsignor Pier Giorgio conferma: «Ho visto il bambino a San Maurizio. Mi ha colpito il fatto che Alberto sia diventato un po’ come il papà spirituale di papà Federico». E conclude: «C’è in qualche modo l’azione dello Spirito Santo. Invito a raccogliere testimonianze».
Ives Coassolo
Sarebbe molto bello se Alberto un giorno venisse poi proclamato Santo, ora è un bellissimo fiore che decora il Cuore Immacolato di Maria. Alberto ci insegna che la gioia autentica proviene dalla Croce di Cristo. Questa testimonianza si chiama Sapienza.
Ho letto quanto scrivi Federico.Mi sono emozionata per la grande persona che sei.Alberto dal momento che vi ho conosciuti mi è rimasto nel Cuore ❤️. Ora capisco perché…un Angioletto che ha vissuto in terra e che ora sì è trasferito in Cielo.Il Signore ti ha fatto un grandissimo dono.Sei stato illuminato dalla Sua grandezza.Quanto hai scritto ti è stato dettato dal nostro Dio….trasmette tanta tanta speranza e serenità. Grazie❤️
Gesù quanto sei umano!!!quanto sei buono con noi!! Nella notte più buia splendono stelle luminose .nel momento più doloroso ci sono amici che ci sostengono .e avvengono miracoli che ci danno fede speranza amore carità…Alberto sei una testimonianza viva e ti ringrazio ,..negli spazi del cielo cerca la mia Sara!!! Grazie fabia mamma di Sara
Sono vicende che aprono il cuore alla speranza, come dice Papa Francesco in questo Anno Santo, e incoraggiano i preti e tutti gli operatori pastorali: la loro azione non cade nel vuoto ma è sorretta dalla bontà e misericordia di Dio
pga