Commento alla liturgia della XXV Domenica del Tempo Ordinario, 18 settembre 2016
a cura di Carmela Pietrarossa
“Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi” (Lc 16, 1-13).
Questo “l’incipit” del vangelo di questa domenica che ha, pertanto, per protagonista un amministratore di beni altrui giudicato inadempiente ed inaffidabile dal suo padrone. Egli, dunque, resosi conto del grave disagio in cui sarebbe caduto in seguito al licenziamento, mette in atto una strategia di sopravvivenza, chiamando i vari debitori del suo dominus e riducendone il debito.
Non è il “falso in bilancio” che Gesù vuole lodare, giammai! E’ sua, infatti, l’espressione: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mt 22,21); egli vuole concretamente dimostrare che “i figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16, 8), di quanti, cioè, vivono onestamente.
Per salvare se stesso e mettersi al sicuro per il futuro, l’amministratore della parabola si industria, facendosi amici che, in futuro, gli saranno riconoscenti.
Gesù loda l’intelligenza di questa persona e la sua capacità di valutare la situazione per trovare una soluzione. “La fede non deve dispensare dall’essere intelligenti: deve anzi essere uno stimolo per praticare l’intelligenza come una virtù che non può assolutamente essere trascurata” (Luigi Pozzoli). Il Signore, pertanto, con questa parabola non intende assolutamente avallare comportamenti immorali, piuttosto vuole elogiare l’intraprendenza di questa persona in difficoltà, che si dimostra sveglia nel cogliere la gravità della situazione che sta vivendo, veloce nel cercare una soluzione e risoluta nel decidere cosa fare.
Gesù, invece, rimprovera ai figli della luce questa mancanza di iniziativa o di intraprendenza per assicurarsi il Regno di Dio. Quanti cristiani piagnoni affollano le nostre Chiese, spesso scoraggiati, spenti, senza entusiasmo. Essi non dovrebbero essere altrettanto intraprendenti, svegli, risoluti nel conquistare il Regno? O non credono più in questo Regno? Le difficoltà li hanno talmente provati da aver spento in loro la speranza di una eredità senza fine? Anziché usare la ricchezza per farsi degli amici, gli amici di Dio, cioè i poveri, ci facciamo sedurre ed accecare da essa, soffocando poi in una spirale che offusca tutto l’orizzonte della nostra vita.
Non siamo, tuttavia, amministratori solo dei beni materiali, ma di tutti quei doni che il Signore ci ha concesso e di cui redigeremo il nostro rendiconto a suo tempo: salute, serenità, intelligenza, tempo, casa; sono proprio questi beni che ci spalancheranno le porte del Regno.
Gesù ci dice ancora: “Nessun servitore può servire due padroni, perchè o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Lc16, 13).
Dio esige una decisione netta in suo favore, che ci decidiamo finalmente per lui e per il suo Regno, senza tentennamenti e ripensamenti, senza voltarci indietro. Cristiani adulti, maturi e risoluti che vivono la Parola e compiono scelte radicali, trasformando in occasioni di merito ciò che appare circostanza sfavorevole e svantaggiosa, nella certezza che Dio è con loro, accompagna il loro cammino, benedice il loro desiderio di bene confermando questi propositi con il dono della pace del cuore, che egli assicura a chi percorre i suoi sentieri.
Il Signore ci conceda di essere cristiani scaltri, che usano la testa; capaci di coniugare efficacemente fede ed intelligenza, non aspettando che tutto piova dall’alto, ma industriandosi per inventare soluzioni nelle diverse situazioni problematiche che appartengono al nostro quotidiano; cristiani che oppongono al proprio peccato la generosità della vita in favore dei più bisognosi, e saranno questi che al termine dei nostri giorni ci apriranno la porta del Regno e ci accoglieranno.
Buona Domenica in Gesù Maestro, Via, Verità e Vita.