12 gennaio 2015

La festa dei popoli, il 6 gennaio in cattedrale, è stato come un grande abbraccio a tutte le persone che giungono nel nostro territorio da ogni parte della terra, intraprendendo luoghi e rischiosi viaggi, per fuggire da guerre e povertà. Tra loro molte provengono da Paesi di fede islamica. Proprio con loro si vuoi consolidare un dialogo sempre più convinto e fraterno. Quanto è stato letto al termine della celebrazione in lingua araba, come espressione di augurio e di impegno di pace, sembra in questi giorni contraddetto dagli orribili fatti di Parigi. Una domanda nasce spontanea: è possibile convivere e camminare insieme pur provenendo da culture e religioni diverse? La risposta mi pare scontata: sì! Eppure questa certezza sembra infranta dopo questi atti di violenza assurda. Non cediamo all’istinto di rispondere al male con il male. Sarebbe come sprofondare in un baratro più profondo. La vendetta non ha mai futuro. Occorre, invece, credere che il male si vince con il bene, che significa rafforzare ancora di più una collaborazione fraterna con ogni musulmano di buona volontà. Infatti da tante persone – espressione dell’Islam autentico e genuino – si sono levate voci piene di sdegno e di condanna. Non è con la violenza che si rende un buon servizio alla propria fede. Anzi, tutto il contrario. Questi gesti insensati la distruggono e la rendono per nulla credibile. Il fondamentalismo mina alla radice sia la libertà sia la verità della religione che per sua natura è veicolo di incontro e di pace.
In questi momenti, guai a cedere alla tentazione dell’«occhio per occhio, dente per dente». Saremmo tutti perdenti. Necessita, invece, con coraggio e perseveranza percorrere la via ardua e difficile del dialogo che porti ad una conoscenza reciproca sempre più profonda e ci renda capaci di scambiarci i doni presenti nelle nostre culture e religioni. È il Maligno che tenta di dividerci. La sera dell’Epifania, in cattedrale, ho ripetuto che tutti insieme dobbiamo percorrere la via dell’amore che esige sempre la volontà di ricostruire ciò che l’odio distrugge. Giovanni Paolo II diceva queste parole piene di speranza: «Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono». Le condividiamo anche noi?
Da questi gesti di crudeltà dobbiamo raccogliere questa lezione: se rafforziamo i legami fraterni pur appartenendo a fedi diverse; se cerchiamo di operare per realizzare una vasta rete di solidarietà; se privilegiamo la via dell’inclusione invece di praticare quella dell’esclusione, cosi facendo lavoriamo con frutto per preparare un futuro di pace.
Amici musulmani che vivete nel territorio pinerolese, insieme diciamo no alla vendetta, insieme chiediamo il rispetto per le nostre convinzioni di coscienza e di fede (anche la satira può seminare odio); preghiamo per le vittime e le loro famiglie; cerchiamo non solo di realizzare un clima di tolleranza, ma qualcosa di più: vivere nella benevolenza reciproca, certi che questo è il solo modo per dare alla storia un corso nuovo.

+ Pier Giorgio Debernardi

_AMP2972