Skip to Main Content

Chiesa  

Matrimonio e convivenza: trova le differenze

Matrimonio e convivenza: trova le differenze

Cresce il numero delle giovani coppie che scelgono di non sposarsi né in Chiesa né in Municipio.

«Matrimonio? No grazie, preferiamo andare a convivere». Quante sono le coppie che oggi si riconoscono in questa battuta? Con precisione non è possibile dirlo, ma sono certamente molte e il loro numero pare sia in costante aumento. La disaffezione verso il matrimonio può senza dubbio essere considerata un tratto caratteristico del nostro tempo e delle sue contraddizioni. Oggi infatti, da un altro versante, vediamo che proprio il diritto al matrimonio è invece rivendicato, e spesso ottenuto, da coppie dello stesso sesso.

matrimonio

Ma che cos’è allora il matrimonio? Cosa cambia tra sposarsi e convivere? Quale la scelta migliore?
È possibile che su tali domande e sulle tematiche sottostanti ci sia un po’ di confusione. Quando parliamo di matrimonio, ad esempio, si può distinguere tra quello solo civile, in municipio, di fronte al sindaco, e quello celebrato in chiesa, gli sposi sulle due sedie dorate e l’inginocchiatoio di fronte all’altare, con le potenti note dell’organo a canne a sottolineare la solennità del momento. In realtà queste due possibilità non sono poi così lontane tra loro perché, nell’uno e nell’altro caso, gli attori fondamentali sono sempre l’uomo e la donna che manifestano pubblicamente la volontà di unirsi in un vincolo che ha particolari caratteristiche di stabilità e che comporta per entrambi precisi diritti e doveri, anche verso gli eventuali figli. Nel matrimonio religioso gli sposi compiono questo atto di fronte a Dio e alla Chiesa, riconoscendo (se cattolici) che le nozze sono un sacramento, vale a dire un incontro speciale con Cristo il quale dona la benedizione, la grazia e la forza per vivere da marito e moglie in modo santo, per tutta la vita.
Civile o religioso che sia, chi si decide per il matrimonio, si suppone abbia, perlomeno nelle intenzioni di partenza, il desiderio di fare una scelta definitiva o comunque di grande rilevanza per la propria vita. Sempre più spesso, però, le cose non vanno precisamente in questo modo e matrimoni dalla durata breve, o anche brevissima, sono ormai all’ordine del giorno. Questo tuttavia non autorizza alcuno ad attribuirne la responsabilità al matrimonio in se stesso, perché dipende, ovviamente, da altri fattori, specialmente da una insufficiente maturità e consapevolezza che conduce ad equivoci e fraintendimenti e, conseguentemente, a scelte errate, avventate e superficiali.
Ciò detto rimane il fatto che il matrimonio, sia pure quello unicamente civile che prevede la possibilità del divorzio, è di per sé orientato e finalizzato alla stabilità; innanzitutto della famiglia, ma, per riflesso e conseguenza, anche della società tutta. E la stabilità, non vi è dubbio, non può che essere cosa gradita, specialmente ai figli che hanno un solo vero desiderio: vedere mamma e papà volersi bene e stare insieme per sempre. Nel matrimonio l’unione di un uomo e di una donna è posta sotto la protezione del diritto che tutela tutti ma in particolare le parti da sempre considerate più deboli, in primis donne e minori. Il matrimonio religioso, in più, mette l’amore degli sposi, la famiglia e i figli che ne nasceranno nelle mani stesse di Dio.

Vado a convivere…
Ma allora chi rifiuta il matrimonio e sceglie la convivenza perché lo fa? Innanzitutto perché questa è ora una scelta possibile, accettata senza problemi a livello sociale. Oggi quasi nessuno trova sconveniente il comportamento di due giovani che decidano di andare a convivere. Anche i loro genitori, in genere, vedono la cosa di buon occhio e la considerano di buon senso, prudente e, tutto sommato, anche poco costosa. Quegli stessi genitori con ogni probabilità si sono sposati solo due o tre decenni prima, magari condividendo grandi ideali, ma ora questi loro ideali paiono improvvisamente passati di moda, scaduti come i cibi confezionati. Negli ultimi anni l’opinione pubblica è stata più o meno subdolamente influenzata in questo senso da chi ha il potere di farlo. In fondo non è poi così difficile, è sufficiente presentare un certo comportamento come normale e universalmente accettato quando, forse, ancora non lo è, oppure enfatizzare casi singoli e particolari per forzare, manipolare e orientare il pensiero comune nella direzione desiderata.
Alcuni negano con forza che la decisione di convivere sia dovuta all’insicurezza e alla paura che allontana da scelte più impegnative e da legami più stringenti. Secondo questi, anzi, la convivenza, basata solo sull’amore e sulla libertà, sarebbe l’unico antidoto verso quel nemico e quella tomba dell’amore che è la “prigione dorata” del matrimonio. Dunque viva l’amore, viva la libertà, due cuori una capanna e tanta felicità, magari anche per tutta la vita. Una concezione un po’ troppo idilliaca e poco realistica che sottende ad una visione del mondo utopistica, in cui non servono leggi e diritto per regolare la convivenza civile, e in cui non si pensa troppo a soggetti deboli da tutelare e a situazioni complesse e delicate da regolamentare.

La bellezza del “per sempre”
Bisogna parlare con chiarezza, specialmente dal punto di vista giuridico, non è affatto la stessa cosa essere sposati oppure convivere. Limitandoci ad un esempio relativo ai figli, se è vero che, quanto a status e diritti, la legislazione del nostro paese li equipara a quelli nati nel matrimonio, questo non significa che siano eliminate tutte le diversità. Sia nel caso di separazione dei genitori sia per quanto riguarda il diritto di successione, essi non sono infatti soggetti alle stesse norme che riguardano i figli nati nel matrimonio.
Vi è poi ancora chi si dice orientato alla convivenza perché il matrimonio è una scelta troppo costosa e piena di complicazioni, già nel momento della celebrazione e poi in quello dell’eventuale divorzio o annullamento. Molto meglio convivere, più semplice in ogni eventualità, facilmente reversibile e teoricamente in grado di garantire una vita di coppia al riparo da grossi traumi.
Di fronte a tali argomenti cosa possiamo dire? Sui costi della cerimonia ci sia permesso ricordare che la dignitosa povertà di molti tra i nostri nonni non ha mai impedito loro di celebrare il matrimonio. Per il resto dobbiamo riconoscere con onestà che i nostri padri hanno saputo guardare più lontano di noi e credere in ideali più grandi. Il problema cruciale sembra infatti essere il restringersi dell’orizzonte che a volte si fa così piccolo e angusto da impedire scelte di grande respiro e di grande coraggio. Scelte di grande bellezza che hanno costruito la parte migliore del mondo in cui viviamo, scelte come quella di dire a una donna o ad un uomo «ti amo con tutto il cuore e rimarrò insieme a te, per sempre».

Massimo Damiano

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *