Commento al Vangelo della XIII Domenica del Tempo Ordinario a cura di Carmela Pietrarossa.
“Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”
(Lc 9, 51-62)
Di lui il testo greco dice che “indurì il volto” (to prosopon esterisen) per recarsi lì dove si sarebbero compiuti gli eventi della sua passione, morte e risurrezione. L’espressione vuole rimarcare il travaglio interiore che quella decisione comportava, tuttavia per rispondere pienamente al disegno del Padre, egli non si tira indietro e si dirige alla volta di quel luogo. Gesù non va a farsi ammazzare a cuor leggero, ma con tutta la partecipazione umana che quegli eventi avrebbero prodotto.
Durante il cammino un tale si autocandida a seguirlo con uno slancio emotivo che viene subito corretto e ridimensionato da Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”, ma “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Con questa risposta il Maestro vuole realisticamente evidenziare che non ci sono garanzie per chi si pone alla sua sequela, non prestigio, non successo, bensì incertezza e precarietà. Gesù non ci assicura gloria quaggiù, tuttavia non lascia solo colui che si pone alla sua sequela, che dovrà, tuttavia, sperimentare, talvolta, abbandono umano, solitudine e varie situazioni di amarezza durante le quali Gesù assicura la sua presenza per portare insieme ai suoi figli il peso di quelle sofferenze. Gesù ripete il suo esserci nella nostra storia: “Io ci sono sempre!”.
Ad un altro che gli chiede di andare prima a seppellire suo padre, Gesù risponde: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”.
Gesù non vuole dividere il nostro cuore con nessuno, esige il primato, gli altri devono esistere ed essere amati in Lui, grazie a quel rapporto intimo e personalissimo che instaura con i suoi. E’ geloso delle sue creature, non vuole essere secondo a nessuno e ad alcunché. Chi lo segue, poi, sa che si pone al servizio del regno e che gli viene chiesto, pertanto, di spendere tutta la vita perché il regno della giustizia e dell’amore vengano annunciati.
Infine, incontra un altro viandante a cui dice: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”, a voler evidenziare che se si decide di seguire il Signore occorre avere lo sguardo proteso in avanti senza nessun rimpianto o nostalgia delle cose passate perché in Lui ogni cosa è nuova e totalizzante. Non si possono rimpiangere le cipolle d’Egitto!
Luca non fornisce i nomi dei tre interlocutori del Maestro, probabilmente perché in ciascuno di loro potremmo esserci noi, genitori, figli, consacrati, a cui il Signore sta chiedendo qualcosa in più nel rapporto con Lui. Forse sta ravvisando troppa mediocrità nel nostro cristianesimo, eccessiva arte del sopravvivere o del compromesso a cui Egli si oppone risolutamente, chiedendo un rinnovato sì, in nome del suo sì che è stato senza sconti e senza misure. A tanto amore chiede che si risponda con la generosità di una vita che ricambia, parimenti, senza misura.
Bruci il Signore quanto nel nostro cuore e nelle nostre esperienze quotidiane non gli appartiene, per ristabilire il suo indiscusso primato e poter esclamare con il ritornello al salmo responsoriale di questa domenica: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”.