Commento al Vangelo della V Domenica di Quaresima a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 6 aprile 2014.
Lazzaro, vieni fuori! (Gv 11,43)
L’odierna liturgia domenicale orienta la nostra attenzione sul tema della risurrezione, a cui il cammino quaresimale ci sta preparando, inserito in un contesto particolarmente suggestivo, quale è quello dell’amicizia.
Come emerge, infatti, dal vangelo che narra la risurrezione di Lazzaro, Gesù era particolarmente legato a Marta, Maria e Lazzaro, era solito recarsi da loro, trovandovi ristoro, erano suoi amici. L’evangelista Giovanni non esita a riferirci che “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro” (Gv 11,5). Egli è estremamente libero nei sentimenti e nella manifestazione degli stessi, senza condizionamenti, catene o pregiudizi; è un uomo capace di vere relazioni.
Marta, quando le riferiscono del suo arrivo, gli corre incontro dicendo: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (Gv 11,21); si è sentita abbandonata, lasciata sola, quasi tradita da quel caro amico, che riconosce quale Figlio di Dio, e, che, tuttavia, non era presente quando suo fratello stava soffrendo. Il suo senso di smarrimento è anche il nostro quando sperimentiamo il silenzio di Dio di fronte al nostro grido di aiuto.
All’affermazione di Gesù: “Tuo fratello risorgerà” (Gv 11,23), Marta risponde: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno” (Gv 11,24), dimostrando una fede che ha ceduto il posto alla rassegnazione, una fede con paletti ed argini piantati dalla nostra razionalità, con intorno il fossato del nostro buon senso.
Il testo ci dice che “Gesù si commosse profondamente e molto turbato, domandò: “Dove lo avete posto?” (Gv 11,33), “scoppiò in pianto” (Gv 11,34); la sua natura umana prorompe nel pianto di condivisione del dolore dell’uomo. Non un Dio, pertanto, lontano dai vicoli oscuri dell’esistenza umana, ma che si china su chi soffre, volendone alleviare le sofferenze. Egli non gode del grido di aiuto di chi è nell’angoscia, ma lo assume su di sé, come si è caricato della pesante croce mentre si avviava al patibolo. Un Dio, quindi, che ci ama fino a compromettersi con l’uomo e con i suoi dolori.
“Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11,43), questo l’imperativo che Gesù rivolge all’amico morto: “Esci dal vuoto della tua solitudine, dal tuo limite, dalla tua fragilità, ricomicia a sperare e a vivere perché io sono il Signore della vita, della tua vita; in essa voglio regnare per riportarvi luce laddove il buio ha distrutto ogni bellezza ed il pianto offuscato la bellezza del tuo volto. In questa situazione di dolore voglio essere accanto a te, condividendone il peso”.
La parola di Gesù è efficace, viva, crea, come all’inizio della creazione ed il miracolo si compie.
Il Signore continua a farci uscire dai nostri sepolcri: “Ecco io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio” (Ez 37, 12, I lettura), ma occorre che ci facciamo abitare e guidare dal suo Spirito che “è vita” (Rm 8,10, II lettura), permettendogli di “inventare” la nostra storia.
Buona domenica!
Gesù qui realizza la seconda parte della parabola di Lazzaro e del ricco epulone, dove quest’ultimo chiede ad Abramo di mandare Lazzaro dal regno dei morti ad avvisare i vivi. Gesù che ne aveva il potere mettete in pratica la parabola (o esperimento mentale diremmo oggi), risuscita l’amico Lazzaro e non solo sostanzialmente non viene creduto, ma vengono qui decise la morte di Gesù e di Lazzaro. Gesù poi morirà e risusciterà e il problema, anche se in maniera diversa si ripropone. L’omonimia, non casuale dei 2 protagonisti, (i nomi propri nei Vangeli sono pochi, e Lazzaro è l’unico nome attribuito ad un personaggio di fantasia), rafforza il processo speculare, a matrioska, come in una stanza degli specchi, tipico del genio, di Gesù, ma anche dei grandi artisti. Cfr. ebook. (amazon) Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.