Commento alle letture della solennità della Santa Famiglia (anno C) a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 27 dicembre 2015 

In ascolto della Parola, Verità sul nostro cammino

“Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto»” (I lettura 1Sam 1,20-22).

“Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito” (II lettura 1Gv 3, 1-2.21-24).

«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro” (Lc 2, 41-52).

La Parola ci traccia la Via

Nel giorno in cui la Chiesa celebra il Giubileo delle famiglie, la liturgia della Parola ci invita a riflettere su questo brano di Luca che ha per protagonista la giovane famiglia di Nazareth.

Maria e Giuseppe si mettono sulle tracce di Gesù che scoprono non essere presente nella carovana di cui facevano parte; ritornano, pertanto, a Gerusalemme da dove provenivano e lo trovano nel tempio tra i dottori. A Maria che lo interroga dicendo: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io angosciati ti cercavamo?”, Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 48-49).

Lasciamoci, dunque, guidare dal testo per cercare di coglierne il significato; notiamo, innanzitutto, che in questa pericope due volte ritorna il termine “padre”, la prima volta riferito al padre naturale nel significato che Maria gli attribuisce; nel secondo caso, invece, al Padre del cielo, Padre di tutti gli uomini, nella risposta di Gesù a sua madre.

Egli, pertanto, volutamente sposta l’attenzione di Maria dal ristretto nucleo familiare di cui lei e Giuseppe erano membri, a quella più grande famiglia che ha nel Padre del cielo il suo genitore.

Questo non significa che Gesù ci stia indirizzando verso atteggiamenti di scarsa attenzione verso il nucleo familiare d’origine, ma piuttosto verso una maggiore apertura di ogni famiglia verso la grande famiglia di Dio, in cui ciascuno famiglia si colloca e verso la quale è chiamata a vivere la dimensione del dono, dell’amore e della fraternità.

Spesso, infatti, le porte delle nostre case sono ben serrate in un egoistico isolamento che impedisce la condivisione dei doni ricevuti e determina anche l’inaridimento delle relazioni, pur nella consapevolezza che dall’egoismo scaturisce solo morte ed aridità, dal dono di sé, invece, fecondità, vita e gioia.

“Le cose del Padre suo”, riguardano, dunque, la condizione di ogni uomo inserito a vario titolo nella grande famiglia di Dio, che si compone di tanti nuclei familiari tutti parimenti importanti e tutti chiamati ad essere solidali nel raggiungimento di obiettivi condivisi per il bene collettivo.

In questo momento di acclarata crisi della famiglia, siamo, dunque, invitati a recuperare la dimensione del dono e dell’apertura verso gli altri; è questo, pertanto, il senso del giubileo delle famiglie che stiamo celebrando. Afferma a questo proposito, mons. Vincenzo Paglia, del Pontificio Consiglio per la famiglia: «La misericordia è ciò che spinge le Porte delle chiese e delle case ad aprirsi. Il 27 dicembre le famiglie sono invitate ad attraversare le porte delle cattedrali del mondo per essere capaci di aprire le porte delle loro case. Ogni porta di casa deve essere una porta santa per uscire verso gli altri e per accogliere i poveri».

“Devo occuparmi delle cose del Padre mio”, risponde Gesù, che non ci accada che altri per colpa nostra non si occupino delle cose che il Padre si aspetta da loro. Rispettiamo e lasciamo libere le persone che ci sono affidate (figli, fratelli, amici) di seguire il Signore e di compiere la sua volontà.

Gesù ha educato in tal modo anche i suoi genitori al rispetto della sua libertà in vista del compimento della volontà del Padre. Nelle varie relazioni interpersonali le persone non possono essere possedute, ma vanno sempre rispettate e lasciate libere.

Maria non comprende, ma dice il Vangelo “serbava tutte queste cose nel suo cuore”; ella lascia macerare la Parola dentro di sé.

Di fronte ad atteggiamenti altrui da noi incompresi, impariamo, dunque, a tacere, a rispettare l’altro, la profondità del suo essere per accostarci a lui con delicatezza e rispetto.

Non potremo mai dire di conoscere una persona, solo Dio la conosce profondamente, conosce, cioè, quello spazio interiore in cui la creatura resta sola con il Creatore comunicandosi solo a Lui; spazio sacro, inviolabile, santuario della coscienza, abitacolo del nostro io denudato da veli e fronzoli di vario genere. Lì siamo veri con il Vero e lì ci incontriamo faccia a faccia con Dio.

Nella giornata dedicata alla famiglia chiediamo la verità dei rapporti familiari e l’apertura verso quanti il Signore pone sul nostro cammino, nostri familiari in quanto membri della stessa famiglia di Dio.

La Parola diventa Vita, nell’oggi del tempo

Dal Salmo di questa domenica:

Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi. Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore (Sal 83).

Buona Domenica in Gesù Maestro, Via, Verità e Vita!

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