31 gennaio 2015
Carissimo don Bosco,
Ti scrivo per complimentarti con te. Sono passati duecento anni dalla tua nascita, eppure non invecchi mai, sei sempre giovane. Sei nostro contemporaneo.
Ti ho conosciuto fin da bambino, quando al catechismo la maestra leggeva le belle pagine del libro “Don Bosco che ride”. Ma prima ancora, papà e mamma, nel giorno del mio battesimo, mi posero al collo una medaglietta d’oro, che porto ancora, con scritto «don Bosco prega per me». Ho cominciato a conoscerti di più frequentando l’ambiente educativo salesiano, incontrando delle suore di Maria Ausiliatrice e dei preti davvero esemplari. Tu sai che nel momento di decidere il mio futuro, quando da giovani si fanno grandi sogni, pensavo anche di diventare salesiano desiderando di partire per le Missioni, affascinato dei racconti che leggevo sul bollettino salesiano. Poi segnali diversi mi hanno portato in altra direzione. Ma questa scelta non ha interrotto il legame di amicizia con te, anzi è diventato più robusto attraverso la preghiera, l’imitazione del tuo stile pastorale vicino alla gente, l’attenzione ai giovani, soprattutto nell’animazione dell’oratorio.
Il Signore ha voluto che diventassi parroco in un paese dove, ancora oggi, ci sono i tuoi salesiani e dove, da ragazzo, ho frequentato la scuola da loro diretta.
Anche le ore prima della mia ordinazione episcopale le ho trascorse nel silenzio della cosiddetta “stanza dei sogni”, ove tu, in sogno, hai visto il futuro della tua famiglia salesiana… In quei momenti ti ho pregato di starmi vicino perché la strada era davvero in salita. Col passare del tempo ho continuato a sperimentare la tua amicizia cordiale e fraterna che, per altro, hai sempre amabilmente coltivato con i vescovi di Pinerolo (Renaldi, Vassarotti, Chiesa e Sardi).
Per questo motivo oso farti alcune richieste che mi stanno particolarmente a cuore.
Innanzitutto ti raccomando tutte le famiglie, quelle che fanno fatica a tirare avanti a causa della mancanza di lavoro, quelle ferite e divise, quelle provate dalla malattia o dal lutto. Ci sono, poi, i genitori che hanno bisogno di incoraggiamento per saper educare con la sapienza del cuore e per aiutare i loro figli ad essere onesti cittadini e buoni cristiani.
C’è, poi, l’urgenza di trasmettere la fede alle giovani generazioni. Siamo un po’ tutti in difficoltà: genitori, educatori e catechisti. Ma se non riusciamo a comunicare questo dono, il terreno della vita diventa arido e incolto. Abbiamo iniziato i nuovi percorsi di catechesi: pre e post battesimale e l’Iniziazione cristiana per bambini e ragazzi a indirizzo catecumenale. Ma quanta fatica. Eppure è l’impresa più necessaria. Tu stesso, don Bosco, hai cominciato le tue opere facendo catechismo ad un giovane, orfano e povero, di nome Bartolomeo. Mi permetto di chiederti di fare questo regalo a tutti i nostri catechisti: condividi con loro un po’ del tuo entusiasmo nel comunicare il Vangelo. Ne hanno bisogno.
Ti esprimo ancora questo desiderio. Vorrei che nelle nostre parrocchie rifiorisse l’oratorio in maniera dinamica, che non solo accolga ma vada a cercare i ragazzi e risponda alle loro esigenze, con la saggezza del tuo metodo preventivo, con linguaggi giovanili, per aiutarli a volare alto nella vita. Sono sicuro che sboccerebbero anche vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.
Ti dico con sincerità: abbiamo bisogno di te, don Bosco, “prete della povera gente” (come ti sei autodefinito)! Abbiamo bisogno del tuo coraggio per essere “chiesa in uscita” e per andare verso le “periferie esistenziali dei giovani”, come insistentemente ci invita a fare papa Francesco.
Buon compleanno, don Bosco!
Per me sei sempre “don Bosco che ride” come ti ho conosciuto da bambino. Sei il santo della gioia.
+ Tuo Pier Giorgio, vescovo