Natale 2013: accanto ai poveri non solo a parole
Auguro a tutti un Santo Natale.
È una festa che ci coinvolge, credenti e no. Ci sentiamo un po’ diversi in questo giorno. Ma non posiamo ridurre Natale a sentimento e a sdolcinato buonismo.
Natale è ben altro!
L’avvenimento “Natale” ha un punto geografico: Betlemme. Chi vuole celebrare il Natale “vero” deve mettersi in cammino. Come i pastori, i quali, udito l’annuncio dell’Angelo, hanno detto: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15). Essi sono i primi discepoli che si sono mossi alla ricerca di Gesù, sono stati inondati dalla sua luce e partecipi della sua gioia. I pastori sono gente povera, ritenuta di poco conto, anche impuri perché vivevano con gli animali. Eppure a loro, per primi, è stato consegnato il messaggio che riascoltiamo nella notte di Natale: «gloria a Dio e pace in terra». Anche oggi, il mondo, è popolato di pastori: è la fiumana di gente povera che chiede giustizia.
In questa ultime settimane, in diverse Regioni e città, si sono manifestati segnali inquietanti con blocchi, scontri e proteste. É superficialità disattenderli e non leggerli in profondità. L’ingiustizia genera sempre violenza che va certamente condannata. Ma non basta. Bisogna mettere in atto riforme che diano un volto più giusto al Paese. Anche la miseria è violenza subita.
Chi sta accanto alla gente percepisce un senso di delusione e anche di rivolta che non sempre può essere tenuto sotto controllo. La rabbia, infatti, esplode quando si manifestano ingiustizie eclatanti: sprechi delle risorse, privilegi, gravi evasioni fiscali, sproporzione tra chi non ha reddito e chi invece ha stipendi scandalosi. C’è malessere sociale e sfiducia nella politica. E questo è molto grave. La stabilità di un governo si misura anche dalla capacità di dare risposte ai bisogni primari delle persone. Perché in Italia- a differenza di altri Paesi europei- non abbiamo alcun strumento di contrasto diretto alla povertà?
Il Natale ci incoraggia a non rassegnarci e ci ricorda che si dà gloria a Dio quando si realizza la pace sulla terra. Non si può, infatti, separare la gloria a Dio dalla pace sulla terra, come non si può disgiungere l’amore di Dio dall’amore del prossimo.
La pace è il frutto più bello della giustizia: «Praticare la giustizia darà la pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza» (Is32, 17).
Solo promuovendo la giustizia si ottiene la pace. Non ci sono scorciatoie. I poveri chiedono giustizia. Non vogliono le briciole che cadono dalla tavola dei “ricchi epuloni”, vogliono giustizia. Il motivo è evidente. Lo sottolinea Papa Francesco: «mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice» (Envagelii gaudium, 56) La fede ci impedisce di chiudere gli occhi davanti alle strutture di peccato nella vita sociale; ci obbliga, al contrario, a dare dei segni di coinvolgimento con quanti sono ormai sulla soglia o già ridotti in povertà ( il Rapporto Istat 2012 afferma che il 29,9% delle persone in Italia è a rischio di povertà).
La festa del Natale, dunque, ci deve scomodare, turbare e inquietare. Almeno non lasciarci indifferenti. Purtroppo la cultura del benessere ci ha anestetizzati. Ritorniamo a Betlemme e impariamo la lezione che ancora oggi ci offre quella grotta. Il Bambino, con le braccia aperte, non si stanca di dirci che Dio ci ama e ci insegna a fare altrettanto: essere cioè capaci di abbracciare e accarezzare, di esprimere tenerezza e comunicare speranza.
Insieme agli auguri, desidero essere vicino a tutti, in particolare a quelli che, per i motivi più diversi, fanno fatica a vivere. Se fosse possibile, vorrei accompagnare tutti alla grotta di Betlemme. Lì c’è Gesù, il Figlio di Dio ,«il profeta di ogni giusta causa» [Paolo VI].

+Pier Giorgio Debernardi

Vescovo di Pinerolo