Commento alle letture della Domenica delle palme anno C a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 20 marzo 2016

 

“Crocifiggilo, crocifiggilo!

Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno” (Lc 23,21. 34).

 

Entriamo con questa celebrazione nella settimana santa, in cui rivivremo l’istituzione dell’Eucaristia, la passione e la morte di Gesù, il venerdì santo.

Il lungo brano evangelico che viene proclamato in questa domenica offre numerosi spunti di riflessione; ad esso ci accostiamo con grande umiltà, riconoscendo tutta la nostra incapacità di coglierne il senso profondo e lasciando alla meditazione personale settimanale gli approfondimenti  che lo Spirito, nella preghiera, susciterà.

Vengono descritti i momenti più tragici della permanenza di Gesù su questa terra: la folla grida affinchè venga crocifisso, preferendo un assassino a lui, il tradimento di Giuda, il rinnegamento di un amico, le percosse, gli sputi, l’angoscia tradotta in sangue, la croce, la morte, e tuttavia, Gesù chiede al Padre di perdonare.

Ci verrebbe da obiettare e contestare l’irrazionalità e l’assoluto non senso di questo modo di agire, contrario a qualsiasi parametro umano. Non possiamo, allora, che constatare che, anche nell’ora della sua passione, Gesù sconvolge le nostre logiche, va controcorrente e alla vendetta ed all’utilizzo della “spada”, antepone la legge del perdono e dell’amore che si fa offerta di sé al Padre per ognuno di noi.

Non possono albergare nel cuore degli amici di Cristo sentimenti di vendetta o smanie di potere, perchè l’unico “potere” che Egli può consentire è quello del  servizio e della donazione totale.

Gesù è passato tra la sua gente beneficandola, ma dov’erano i destinatari di questi benefici quando è stato accusato, condannato e crocifisso?

Le mani di Gesù hanno benedetto, guarito, spezzato il pane, hanno stretto altre mani, ed ora sono trapassate dai chiodi. I suoi piedi stanchi e sudati per portare l’annuncio della salvezza nei villaggi più diversi, per incontrare, confortare e sanare i malati, ora sono confitti da altri chiodi.

Non aspettiamoci riconoscimenti per quanto di positivo i nostri gesti possono compiere, ci sarà una ricompensa di tipo diverso.

La follia della croce ci sconvolge e nel contempo apre la mente ed il cuore al ringraziamento per quanto il Signore ha fatto per ciascuno di noi; sì, perchè se si fosse trattato di salvare anche uno solo di noi, Gesù sarebbe morto in croce ugualmente.

Ciascuno è prezioso ai suoi occhi, a lui si dona totalemente e per lui vuole la felicità vera e duratura, la sua piena realizzazione.

Cotempliamo il crocifisso in questo tempo ed esclamiamo: Signore, quanto ci hai amati!

In questi giorni riserviamoci del tempo per restare soli davanti al crocifisso, soli con chi è morto in solitudine, Luca ci dice che i suoi “assistevano da lontano” (Lc 22, 49); la sua sofferenza è quella di chi muore abbandonato, incompreso, torturato, solo.

Custodiamo nel cuore, poi, le ultime invocazioni di Gesù che sono parole di affidamento totale: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Anche nella sofferenza più atroce Gesù ci insegna la fiducia in Dio e il dono totale di sé al Padre.

Egli muore così come è vissuto, per il Padre e per amore del Padre, compiendo la sua volontà fino in fondo.

Moriremo così come saremo vissuti, come avremo affrontato la quotidianità della nostra esistenza.

Che anche sulle nostre labbra l’ultima parola sia: “Padre!”.

Di fronte a queste pagine vorremmo esclamare: “Signore, non ce la facciamo a vivere come te!”, “Siamo troppo diversi!”, insegnaci i tuoi sentimenti, fa scorrere anche nelle nostre vene il sangue del perdono, della condivisione, del servizio, della pazienza e dell’amore.

ulivo