1 dicembre 2014
Ogni giorno d’avvento “Vita diocesana” propone una breve riflessione spirituale. Sono passi di un cammino semplice ma profondo per arrivare al Natale con maggiore consapevolezza e disponibilità ad accogliere il Signore che viene.
Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente (8, 5-11)
È la preghiera rivolta a Gesù da un pagano, il centurione, mosso a compassione per la salute non di un suo familiare, ma di un servo. La compassione, cioè il soffrire insieme, non è l’unica caratteristica di quest’uomo, egli ha anche una grande umiltà che lo porta a riconoscersi indegno di accogliere il Maestro in casa sua. Gesù loda questo straniero ed il Vangelo parlandone ce lo addita come esempio.
La fede, dunque, non è un vago sentire umano alimentato da qualche dottrina acquisita nel tempo, ma è soprattutto mediazione unita a compassione, e presuppone sempre, come dato imprescindibile, l’umiltà del cuore. Il centurione si è fatto mediatore tra il malato e Dio, si è compromesso per gli interessi di un’altra persona, è venuto allo scoperto ed è stato esaudito.
La fede si rafforza comunicandola, una fede non condivisa è puro sentimentalismo; essa si incrocia con le strade di quanti ci vivono accanto e lì diventa guida per il nostro andare.
Assumiamo, allora, anche noi nelle nostre esistenze i malati nel corpo e nello spirito vicini e lontani, presentiamoli al Signore con umiltà e fiducia perché sia lui a guarirli.
Vieni, Signore, non tardare!
Carmela Pietrarossa