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Chiesa  

Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

Commento alle letture della XXIX Domenica del Tempo Ordinario a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 19 ottobre 2014

 

Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22, 15-21).

 

Ai farisei che dietro falsi encomi cercano di trarre in inganno Gesù circa la liceità del pagamento del tributo a Cesare, egli dopo averli definiti “ipocriti”, chiede di mostrargli una moneta. Poi prosegue: “«Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»” (Mt 22, 20-21).
Al di là delle interpretazioni di alcuni giuristi circa la separazione tra Stato e Chiesa che qui verrebbe richiamata e che, in realtà, oggi poco rileva, è, invece, indubbio che con questa affermazione il Signore non ha posto sullo stesso piano Cesare e Dio, entità assolutamente diverse e distinte. Gesù ha focalizzato, invece, l’attenzione degli uditori sull’effigie presente sulla moneta, che rimandava ad una autorità temporale a cui rendere conto per quanto concerne il pagamento dei tributi, a cui tutti siamo tenuti.
“Ciò significa rendere a Cesare l’immagine di Cesare che sta sulla moneta e a Dio l’immagine di Dio che sta nell’uomo; cosicché tu dai a Cesare una moneta e a Dio dai te stesso” (Tertulliano).
Ciascuno di noi, dunque, porta impressa l’immagine di Dio. Non siamo figli di nessuno, ma di un Padre che ci ama e che si prende cura di noi, prevenendo i nostri desideri ed intervenendo quando sbarramenti e divieti di vario genere sembrano precludere ogni andare.
Apparteniamo a Dio, che non incatena nessuno, rispettandone in pienezza la libertà. Per ciascuno di noi Egli ha atteso il sì di suo Figlio nella passione, morte e risurrezione perché “non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (1Pt 3,24).
Se, quindi, siamo stati creati ad immagine di Dio, è indispensabile porci in questa società con coscienza critica per fare gli interessi di Dio e questi interessi ben si compendiano nell’impegno per il riconoscimento e la tutela dei diritti di ogni persona. Il cristiano, infatti, non è un mero contemplativo disancorato dalle cronache di ogni giorno, non è chiamato a restare sul Tabor, ma a calarsi nel tessuto relazionale del suo tempo, prendendo posizione con coraggio ed autorevolezza laddove si renda necessario. La passione per Dio va sempre di pari passo con quella per l’uomo e a Dio interessa l’uomo, ne vuole la felicità e che si renda suo docile strumento perché altri uomini godano di diversi beni quali la pace, il lavoro, la sicurezza, il benessere, l’accoglienza e la benevolenza.
In quanto immagini di Dio, inoltre, ci viene chiesto di essere cisterne che traboccano di amore di Dio, non canali che si svuotano e non hanno più nulla da erogare. Le nostre cisterne saranno piene di bene nella misura in cui Dio sarà per ciascuno di noi un tesoro: “Dio è per me un tesoro perché io sono una perla per Dio” (don Venanzio Floriano ssp).
Questa consapevolezza ci fa ripartire, motivando e consolidando il nostro impegno al servizio del Bene.
Buona Domenica!

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