13 Ottobre 2018
Per chi cammini?
Qualche pensiero sul vangelo della XXVIII DOMENICA DEL T.O. 14 ottobre 2018 (ANNO B )
a cura di Luca Rubin
Per chi cammini? Mc 10,17-30
«Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?»
Anche tu hai posto questa domanda, a te stesso, alla natura, agli eventi, a Dio. Ti sembra assurdo che tutto ciò che vivi debba finire, se è bello, oppure debba solo dar fastidio, se è brutto. Eternità è una parola poco o per nulla usata, ma in ognuno di noi scava lunghi solchi che la desiderano, la invocano, la vogliono.
Questa domanda contiene un desiderio ma anche una volontà: che cosa devo fare? In altre parole: sono disposto a fare qualsiasi cosa pur di dissetare questo bisogno di eternità, di infinito. Il desiderio è la strada, la volontà sono i miei passi, l’eternità è la meta. Come puoi constatare a te viene richiesto solamente di metterti in cammino (o se preferisci, di pedalare). Lo sconforto può occupare la tua carreggiata quando ti fermi, quando dimentichi il traguardo e ti chiedi per chi stai camminando e soffrendo. Se non conosci la meta, anche un solo passo perde di senso.
Gesù gli disse: «Tu conosci i comandamenti» Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza»
Il più classico dei bravi ragazzi, attento, gentile, premuroso, ligio ai suoi doveri, cordiale… I comandamenti sono come il guardrail della strada che percorri. Il tuo desiderio, per quanto forte, ha necessità di avere una guida per non finire in un dirupo, o fuori strada. Questo guardrail non ti costringe, non ti obbliga, anzi, ti libera da tanti guai, ti tutela, e ti assicura il cammino. Ti senti imprigionato, legato, costretto? Pensa alla tua gestazione all’interno del grembo materno. In quei nove mesi di ambiente protetto ti veniva data tutta la protezione e la cura affinché la tua vita potesse venire alla luce. Allo stesso modo i comandamenti non sono una proibizione, ma una lunga gestazione di vita eterna .
«Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!»
Gesù punta in alto, lo sappiamo. Questo suggerimento del Maestro è molto impegnativo: chiede al ragazzo di espropriarsi, e non parla solo di beni mobili o immobili, parla della persona, dei suoi pregi e difetti, di ciò che ha fatto, delle sue risorse interiori: vendi tutto, espropriati, togli la targhetta del tuo nome dalle buone azioni che fai, vivi nella libertà dei figli di Dio, non appropriarti di un dono, ma sii tu stesso il regalo di Dio per il mondo!
Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Ok, sono un bravo ragazzo, mi impegno, osservo i comandamenti, cammino seriamente, non basta? No, non basta, perché se tu fai tutte queste bellissime cose per te stesso, per la tua gloria, “per essere lodato dalla gente” (Mt 6,2), è come se scavalcassi il guardrail per buttarti nel dirupo della vanagloria, della presunzione, del “ma quanto sono bravo”. Gesù chiede una marcia in più, la marcia del dono, dell’espropriazione, non perché tu non sia importante e degno di stima, ma perché il soggetto non sei tu, il soggetto non è il tuo ego, non è il tuo fare o non fare: il soggetto è il traguardo, la meta. Vuoi giungere alla meta? Investi tutto te stesso nel cammino, giocati tutto, cammina libero da ogni zavorra, e affida a Dio tutto ciò che sei e che fai, lascia tutto nelle sue mani, e vedrai che non perderà nulla di quanto gli affidi.
Gesù disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». (…) «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Non impossibile, ma difficile. Le ricchezze, lo abbiamo già detto, non sono solo la villa al mare o il gruzzoletto in banca, che male non fanno, le ricchezze sono un abbraccio non dato, un ripiegamento su se stessi, una buona azione ostentata. Tutte queste cose intralciano il cammino, lo rallentano, a volte lo bloccano definitivamente.
Questa difficoltà nel giungere alla meta, viene accolta dai discepoli come un’impossibilità, come a dire: “ma allora che ci siamo messi in cammino a fare se è impossibile giungere alla meta?” Questo scoraggiamento ci dice il perché dell’espropriazione e del dono di se stessi: tu non stai camminando per essere inserito nel Guinnes dei Primati o per abbattere tutti i record; tu stai camminando per essere la miglior versione di te stesso, affinché il dono della tua vita sia bello e piacevole per chi lo riceve.
Libera la tua strada dall’egoismo, affida alle mani di Dio tutto il tuo bene, e lascia che sia Lui a custodire la tua vita. E a tagliare il traguardo non sarai solo: Lui esulterà con te, gridando: “Vittoria!”.
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